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Design e disabilità © Isobel Greenhalgh

Il design che “smonta” l’abilismo

Una mostra al V&A di Londra esplora i contributi delle persone disabili ai processi creativi e di progettazione, per una vera inclusione


Uno sguardo al design attraverso la lente della disabilità: due mondi la cui intersezione coinvolge prospettive e cognizioni provenienti da molteplici settori. Una sinergia fondamentale per creare prodotti, ambienti e servizi accessibili, capaci di adattarsi alla destrezza e ai limiti del corpo umano. A lungo, il design è stato plasmato da modelli standardizzati, e solo grazie allo sviluppo di movimenti dedicati al design inclusivo e universale l’interesse verso la loro confluenza sembra oggi apparire come elemento guida di campagne mediatiche, al pari di attività di ricerca e sviluppo da parte di istituzioni culturali e scuole di design. Un segnale positivo che invita a ripensare il progetto come strumento di inclusione e innovazione sociale per una comunità più estesa.

L’incontro tra Design and Disability è il tema del percorso espositivo che occuperà le gallerie del Victoria and Albert Museum di Londra fino al prossimo 15 febbraio. Un evento che pone in prima linea il contributo radicale di individui disabili e neurodivergenti alla cultura contemporanea e alla storia del design dal 1940 ad oggi, e che in parallelo vuole essere un invito all’azione.


Un’opportunità per enfatizzare l’importanza di integrare le esperienze e le competenze delle persone disabili nei processi di progettazione


«Questa mostra svela come le persone disabili siano le vere esperte delle loro esistenze e gli inestimabili contributi che hanno dato al nostro mondo del design – spiega la curatrice Natalie Kane –. Design and Disability mira a onorare la vita degli individui non autosufficienti attraverso la pratica creativa, presentando una forte cultura del fare, da sempre centrale nell’identità delle persone inabili. Realizzare questa mostra è un atto di gioia e di resistenza».

Visibilità, strumenti e vita quotidiana i focus tematici dell’iniziativa che danno avvio al racconto. In primo piano l’evoluzione della moda accessibile che da standard diviene personalizzata, e poi come le persone disabili abbiano rivendicato il proprio corpo e la propria immagine mediante la fotografia e la creazione di oggetti del mondo dell’arte, dell’architettura, della moda, della fotografia e del design, solerti nel condannare l’abilismo, ossia la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità.

«Il design gioca un ruolo fondamentale nel modo in cui le persone vivono il mondo – prosegue la curatrice –. Tuttavia, i nostri ambienti sono stati progettati in modo tale da privilegiare alcune persone rispetto ad altre.


Inoltre, storicamente, la disabilità è stata vista come un problema che il design doveva “risolvere”, piuttosto che come una cultura e un’identità a sé stante»


Due sono stati i recenti progetti editoriali che hanno contribuito a rendere più visibile il mondo della disabilità nel contesto della moda e della comunicazione. Il numero “Reframing fashion” di British Vogue (2023) – in coproduzione con lo studio di consulenza Tilting the Lens – ha ampliato i canoni estetici della moda, dando spazio a personalità disabili in copertina e includendo abbigliamento adattivo di grandi marchi. L’edizione, accessibile in braille e in versione audio, ha rappresentato un passo verso l’inclusività. Analogamente, Dysfluent Magazine ha trasformato la balbuzie in linguaggio visivo grazie al design tipografico di Conor Foran, dove il disturbo del linguaggio viene reso graficamente, sottolineando come anche le disfluenze possono essere espressione d’identità.

E gli esempi di trasformazioni persistono nella sezione dedicata ai “tools”: strumenti di ogni genere, al di là delle componenti edilizie più comuni, riviste da e per i disabili. Qui si evidenzia come le persone disabili non siano utenti passivi del design, ma artefici operosi che adattano, reinventano e “hackerano” oggetti standard per rispondere alle proprie esigenze. Attraverso esempi quali la tastiera Touchstream di Wayne Westerman e Fingerworks (2005) – tecnologia che rivoluzionò l’industria tech e fu poi utilizzata per iPhone 1 – il controller Xbox Adaptive di Microsoft e protesi personalizzate, si dimostra come la creatività e l’ingegno individuale o collettivo delle comunità disabili contribuiscano a riformare il design rendendolo più inclusivo.

Tra gli ultimi oggetti rivisti per il quotidiano, si evidenzia il dispositivo di voto audio-assistito McGonagle Reader che fu impiegato da individui ciechi e ipovedenti nelle elezioni britanniche del 2024 mentre la coperta “Public S/Pacing”, firmata da Helen Stratford per il riposo in spazi pubblici, denuncia l’esclusione delle persone disabili nel design urbano e celebra il diritto al riposo. Iniziative di attivismo quali l’Anti-Stairs Club di Finnegan Shannon e Camp Jened – un campo estivo per disabili che ha avuto un ruolo centrale nel movimento per i loro diritti – si collocano tra le azioni di protesta e solidarietà che vogliono influenzare i cambiamenti sociali, culturali e architettonici promuovendo l’accessibilità e nuovi modi di vivere.

In copertina:  © Isobel Greenhalgh

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