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A Milano la cucina vegetariana di qualità si riconosce Altatto

Da catering a bistrot, l’idea nasce da tre giovani donne formatesi nella cucina del ristorante stellato Joia


Amore per la natura, etica, professionalità e garbata eleganza. Sono solo alcuni dei tratti che contraddistinguono Altatto, una delle realtà più interessanti del panorama italiano in tema di proposte gastronomiche vegetariane e vegane. A dar vita a questo catering con sede a Milano, nato cinque anni fa ed al quale oggi si affiancano Altatto Bistrot e Al Baretto, sono state Sara Nicolosi, Cinzia De Lauri e Giulia Scialanga. Le tre, giovani donne oggi appena trentenni, sono determinate e intimamente convinte del fatto che la natura possa esprimere una declinazione di sapori e una tavolozza di colori capaci di offrire esperienze culinarie inedite e appaganti per i sensi.

Dopo avere studiato nel contesto di ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana di Colorno, le tre si sono conosciute e hanno stretto una solida amicizia mentre lavoravano nella cucina del Joia di Pietro Leemann a Milano, primo ristorante europeo di alta cucina vegetariana ad aver vinto la stella Michelin. Un’esperienza, quest’ultima, che non poteva non lasciare un segno per Sara, Cinzia e Giulia, che a un certo punto hanno pensato di dare vita a una realtà imprenditoriale tutta loro.


L’idea è nata dalla volontà di creare un servizio di catering di alto livello destinato ai grandi eventi e a coloro che amano e prediligono la cucina vegetariana e vegana.


Gusto e bellezza le hanno poi guidate nella loro avventura che ancora oggi continua ad avere grande successo, tanto che Altatto annovera clienti del calibro di Armani, Artemide, Dior, Fendi e Hermès, solo per citarne alcuni.

«Proponiamo un percorso gastronomico che nasce dal rispetto per la terra – spiegano le tre socie – ma anche per il lavoro artigianale e manuale, per le stagioni e per i prodotti del nostro territorio. Il segreto risiede nella meravigliosa varietà di gusti, colori e consistenze che la natura ci offre». Oltre al servizio di catering, al quale si sono presto unite attività come l’organizzazione di cene private e di lezioni di cucina, da un anno le tre cuoche si dedicano anche ad Altatto Bistrot. Qui, con l’aiuto di Caterina Perazzi (anche lei con esperienza al Joia di Pietro Leemann), hanno deciso di ampliare l’offerta aprendo un locale innovativo che nasce dal desiderio di poter esprimere il proprio talento: l’alta ristorazione.

«Quando abbiamo varcato la soglia del bistrot – raccontano – ci siamo domandate come trasmettere il nostro messaggio: materiali e spazi dovevano raccontare un’idea originale di ospitalità, disegnando un luogo in cui poterci riconoscere appieno». Ed è per questo motivo che decidono di coinvolgere Giulia Mogno, specializzata in architettura di interni, una cara amica che ha saputo interpretare le loro idee. Desideravano uno spazio accogliente, caldo e allo stesso tempo essenziale, che dialogasse con la loro idea di cucina. E così, per esempio, i materiali utilizzati sono il più possibile naturali, come la terra cruda per le pareti e i pannelli di fibre riciclate. I tavoli, concepiti dal fabbro Alise Sicuri per essere uno spazio di condivisione, sono rivestiti in viroc, elemento costituito da una miscela di particelle di legno e cemento la cui superficie è simile a quella di una lavagna, in modo che sia possibile segnare i nomi dei commensali con un gesso.

Altatto Bistrot si trova all’interno del laboratorio che quattro anni prima Sara, Cinzia e Giulia avevano individuato per il loro servizio di catering: un’ex panetteria in disuso in un classico palazzo di ringhiera. Il quartiere che lo accoglie è quello di Greco, che ha subito catturato il trio per il suo carattere popolare, perché zona di frontiera, per l’interazione fra culture diverse. E del resto «contaminazione culturale e capacità di inclusione –spiegano – sono due aspetti fondamentali della nostra visione e del nostro modo di vivere: vogliamo essere un laboratorio creativo dove accogliere e sentirsi accolti».

I piatti nascono avendo come punti di riferimento il territorio e le materie prime legate alle stagioni. Il menù è in continua evoluzione, anche per evitare lo spreco di cibo, argomento che al gruppo sta molto a cuore. Manca la tradizionale classificazione che divide le portate in antipasti, primi, secondi e dolci. La carta è invece organizzata attraverso una declinazione di gusti, tecniche di cucina e consistenze. Gli ingredienti sono quasi sempre italiani, fatta eccezione per alcune delizie retaggio dei loro viaggi in giro per il mondo. Si parte dal pane, farcito secondo i desideri del cliente, sempre diverso perché in funzione di equilibri differenti dei sapori e degli ingredienti. Ultimo nato in casa Altatto, invece, è Al Baretto, oasi temporanea dove godere dell’aperitivo estivo proprio accanto al bistrot.

 

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