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Laurenzi Consulting, quando il cibo incontra l’architettura e rinnova la città

Il successo? È dato dal mix di marketing del prodotto, design e brand identity


Laurenzi Consulting è una società di consulenza nel settore Food & Beverage attiva dal 2004 sul territorio nazionale e internazionale, con base a Roma. Il team guidato da Dario Laurenzi ha realizzato più di un centinaio di ristoranti e locali in tutt’Italia e vanta un’interessante esperienza nel settore enogastronomico, ristorativo e dell’hospitality. In ogni progetto Laurenzi attiva una sinergica collaborazione tra i diversi professionisti e sviluppa iniziative attente al quartiere, alla domanda del mercato, alla qualità del prodotto.

Dario Laurenzi si è inventato un mestiere, originale e di successo. Il segreto?
Abbiamo cercato di decifrare le parole concept e format e siamo arrivati alla considerazione che per un prodotto di qualità sia necessaria l’interazione del marketing del prodotto, dell’architettura e della brand identity. I tre aspetti devono andare di pari passo. Non ci si può accontentare di una osservazione tipo “Si mangia bene, però”, “Bel posto, però”, “Bella grafica, però”. Per evitare questo noi ogni volta che iniziamo un progetto realizziamo un tavolo comune dove le diverse professionalità interagiscono e si influenzano a vicenda.

Qual è l’elemento base e fondamentale per far decollare un progetto di ristorazione?
Si comincia con l’idea, frutto di quello stato d’animo che si vuole generare nel cliente. Ci si immagina ogni sensazione, dalla masticazione del cibo, alla sensazione tattile nel toccare il tavolo, alla luce che dovrà avvolgere e illuminare.

Mettiamo al centro il cliente e costruiamo tutto quello che servirà per far vivere un’esperienza totalizzante. Su quest’onda si è diffusa anche la tendenza del “comfort food”, del cibo che coccola, che ti fa stare comodo: penso che i risultati più interessanti siano proprio quelli dove quattro amici che si ritrovano non dicono “che buon vino” o “che buon piatto”, ma “che bella serata!”.

In questo progetto corale, che ruolo ha l’architettura?
Centrale. È più facile realizzare un posto brutto che cucinare male. Il progetto si può sbagliare facilmente realizzando luoghi asettici e incomunicabili. Quando ci si confronta con locali semplici, ordinari penso che il 51% del risultato sia da attribuire alla qualità dello spazio e il 49% a quella del cibo. L’architettura è spazio, luce e acustica sono due potenziali drammi, temi rispetto ai quali capita spesso si prendano decisioni sbagliate.

È più facile realizzare un posto brutto che cucinare male. Il progetto si può sbagliare facilmente realizzando luoghi asettici e incomunicabili  

Dario Laurenzi

A Roma Laurenzi Consulting ha studiato e lanciato anche la fortunata operazione del Porto Fluviale all’Ostiense, che ha avuto ricadute sullo sviluppo urbano e sulla qualità della vita della zona a ridosso degli ex mercati generali. Come si inserisce un nuovo format nella città consolidata?
Una volta definito il concept, ci attiviamo con un’attività di geo-marketing: stiamo molto tempo nell’area cercando di testare la nostra idea con il territorio, verificando anticipatamente se il progetto potrà funzionare per un determinato pubblico. Andiamo ad indagare l’offerta latente. Sono convinto che ogni locale debba nascere con un forte legame con il territorio, e non in modo avulso. A Roma, all’Ostiense, è stato probabilmente l’arrivo di Eataly a fare tendenza e condizionare l’area, Porto Fluviale sicuramente ha anticipato i tempi rispetto ad altri. Più in generale l’area è stata ripulita, anche i piccoli locali hanno iniziato a rifarsi il look, innescando un lento processo di rigenerazione capillare.

 

 

Laurenzi nelle prossime settimane sarà al Vinitaly e poi al fuorisalone. A Milano con quale progetto? 
Proponiamo un viaggio con quattro storie di cibo e di personaggi con cui abbiamo realizzato altrettanti format. Martedì 12 aprile ci sarà Simona Iacono che proporrà l’antica ricetta del cus cus ‘ncocciato importato direttamente da Marina di Ragusa e trapiantato a Roma, rievocando i colori del mare e della Sicilia in un divertente gioco di abbinamenti tra cous cous e condimenti.

Mercoledì 13 aprile sarà ospite il ristorante Queen Makeda, spazio sull’Aventino recuperato da un’ex discoteca. Makeda è il risultato di tutti questi elementi, con le sue 40 spine artigianali, i 40 metri di kaiten e i piatti fusion da tutto il mondo. Presenterà il format l’architetto Roberto Mosciatti mentre l’assaggio è affidato agli smørrebrød. Nel terzo giorno del Salone, giovedì 14, si farà tappa a Torino con Laleo, nuovo punto di riferimento per la gastronomia torinese. L’idea di fondo di Laleo è quella di offrire alle persone cibo di qualità con il giusto prezzo, prodotti selezionati e cucinati secondo il motto “È dal 1973 che mangiamo per voi – Eat in & Take Out”. Questo progetto è dello studio Massimo D’Alessandro e la specialità di Laleo sono le zuppe con le spezie, servite come creme. Chiuderà il viaggio Mama Pasta: a Milano sarà presentato infatti in anteprima il nuovo format che nascerà tra qualche settimana nel cuore pulsante di Trastevere. Il locale unirà la cultura storica della pasta con tecniche innovative e divertenti di mantecatura: uno shaker, tante paste e tanti sughi.

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