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Viaggio nei quartieri: a Nolo tra kebab e gallerie d’arte

Da “barrio” a zona innovativa dove la riqualificazione è partita dal basso: dalla gente per la gente. Una vera rivoluzione per North of Loreto, con al centro l’atmosfera a tinte forti di via Padova


Era una zona a rischio: alto tasso di criminalità e degrado. Un quartiere operaio, di lavoratori e immigrati. Fino a poco tempo fa era considerata semplice periferia dove abitare per pagare poco d’affitto, non tanto lontana dal centro. Parliamo di quella grande zona che si sviluppa intorno a viale Monza, via Padova e il Naviglio Martesana. Oggi è frequentata e vissuta da giovani coppie e creativi e la chiamano Nolo, l’acronimo di North of Loreto, ma oltre ai labor design e gallerie d’arte c’è molto altro.


Prima di tutto, diversamente da quello che è successo a Isola e in altri quartieri cittadini, la riqualificazione a Nolo è partita dalla gente per la gente, mentre Isola è stata rifondata grazie a ingenti investimenti di privati coordinati dal Comune.


Nolo è delimitato a sud da viale Brianza, a nord dai binari della stazione e dal quartiere Turro, a ovest dai binari della stazione (via Aporti e via Sammartini) e a est da via Leoncavallo. C’è tanto: vita quotidiana, arte e divertimento. Il “Bar Tender”, “Bici e Radici”, il cinema Beltrade, il locale “Ghe Pensi Mi”, la “Salumeria del design”, il parco Trotter, Fantaspazio, Talent Garden, la galleria Gigantic e Zelig, sono i posti simboli di questa zona. Ma al di là degli articoli apparsi nelle riviste patinate, da piazza Morbegno a via Padova c’è un mondo, un mondo che spesso non si incontra. Spopolano atelier, studi di architetti, nuovi centri culturali, spazi di coworking, ma nel mezzo l’atmosfera fluttuante di via Padova, strada di quattro chilometri e mezzo, per anni vittima dei fatti di cronaca e di microcriminalità, dall’odore di kebab e felafel.


Il brand Nolo, dicono, sia nato grazie a Francesco Cavalli, designer 43enne insieme ai grafici dello Studio “La Tigre” Luisa Milani e Walter Molteni. Non un’operazione commerciale, ma una scelta identitaria per quest’area. E di identità e consapevolezza ce n’è tanta da queste parti.


Ci sono chiese e moschee, osterie, mercati rionali, fruttivendoli, panifici, sartorie e un mosaico di facce che affollano il bus 56.
Nolo si porta dietro ancora il mondo paesano, la zona era campagna aperta sino a metà Ottocento. Era pieno di Cascine (Cascina Bigli, Cascina Bellingerella e Bellingera), scorrevano  diversi corsi d’acqua e fontanili e le architetture nate il primo periodo di sviluppo del quartiere, palazzine liberty, edifici dal gusto eclettico e art décò, ancora resistono.

Murales nel quartiere NoLo – © https://www.instagram.com/nolomilano/

Naturalmente a Nolo non mancano torri (antenna Telecom) e stranezze. C’è una villetta in via Pasteur con decorazioni alquanto bizzarre, come gli insetti sotto il cornicione. Non manca l’innovazione. Ultimo nato è “Off Campus” con sede dentro al Mercato Comunale di viale Monza, un laboratorio per ripensare la progettazione del quartiere grazie al contributo degli studenti di Design del Politecnico. Senza mai dimenticare la gloriosa e coraggiosa storia del Parco Trotter. Un’area verde di 126.000 metri quadri tra via Padova e viale Monza. Il suo nome deriva dalla destinazione per cui era nato il parco, che dal 1800 fino al 1924 ospitò l’ippodromo, prima che le corse dei cavalli venissero spostate a San Siro. Dopo il fallimento della società sportiva, il parco Trotter venne acquistato dal Comune di Milano, che ne fece una scuola per bambini affetti da tubercolosi: la famosissima  “Casa del Sole”, progettata dall’ingegnere Giuseppe Folli. C’erano alloggi, palestre coperte, una piscina progettata da Luigi Secchi nel 1928, orti, stagni, una fattoria e una chiesetta. Tutto basato sulla condivisione. Una scuola natura, basata su un approccio montessoriano, su una didattica “del fare”, laboratoriale, Una sperimentazione che nel tempo ha fatto scuola. Oggi è una scuola di quartiere che ospita ragazzi di circa 24 nazionalità diverse.

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