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Un locale partenopeo riporta in vita la Belle Époque

Scottojonno nella Galleria Principe di Napoli: la “resurrezione” di un prestigioso caffé e ristorante di fine ‘800


A Napoli è tornato a nuova vita un tassello di città che oggi esprime vivacità sotto molteplici punti di vista: dalla cucina all’arte, dalla musica alla letteratura. Del resto, ognuno di questi “ingredienti” ha spesso lavorato in sinergia con gli altri, e continua a farlo, raccontando storie di vita e di mestieri, di sogni e di realtà, di progetti e di risultati che a volte superano ogni aspettativa. È proprio quanto sta accadendo alla Galleria Principe di Napoli, situata nel centro storico dove un imprenditore, un artista e uno chef dotati di spirito visionario e di passione per il territorio hanno creato un luogo pulsante di vita. Uno di quei posti nel quale entri la mattina e non trovi alcun motivo per andar via prima che faccia notte. Questo luogo risponde al nome di ScottoJonno e i protagonisti della sua rinascita sono Luca Iannuzzi, imprenditore attivo nel settore dell’ospitalità e della ristorazione con una grande passione per l’arte, Marco Ambrosino, chef con un profondo interesse per i temi sociali e antropologici, ed Eugenio Tibaldi, artista con una precisa vocazione a indagare i territori della marginalità.

Oggi la Galleria ottocentesca è luogo ricco di memoria che ospita un caffè letterario, un cocktail bar, una biblioteca diffusa, un bistrot e un ristorante. «L’obiettivo del progetto è quello di offrire una proposta complessa sia a livello di ospitalità sia a livello culturale – racconta Iannuzzi-, vista la presenza di una biblioteca storica e di un palinsesto musicale che può vantare, fra gli altri, i docenti del Conservatorio che quattro volte a settimana si esibiscono in spettacoli di musica jazz e charleston».


ScottoJonno, peraltro, nasce in un’area storicamente fulcro della cultura napoletana, perché di congiunzione fra il Museo Archeologico, l’Accademia delle Belle Arti, il Conservatorio di Musica di San Pietro a Majella, il Pio Monte della Misericordia, il Palazzo Reale e così via fino ad arrivare al Maschio Angioino.


«I flussi commerciali all’inizio sono stati lenti, ma progressivi – dice Iannuzzi a proposito del modello di business-. Ho preferito non entrare a gamba tesa sul mercato, ma lasciare che ScottoJonno si sedimentasse nel cuore dei clienti e posso orgogliosamente dire che così è stato».

Il nome è un omaggio a Vincenzo Scotto Jonno, che fu il primo proprietario di quello che all’epoca era poco più che un ritrovo per artisti, politici e intrattenitori. Con la prima guerra mondiale si spengono le luci della Belle Époque e la Galleria vive un periodo di disuso, fino a essere trasformata successivamente nella Tesoreria Comunale del Banco di Napoli, che maschera completamente la bellezza originaria dei locali. Oggi il recupero voluto da Iannuzzi e affidato a Tibaldi – che per gli aspetti tecnici ha lavorato in sinergia con l’architetto Daniela Puglia – ha riportato alla luce l’originaria identità degli spazi: ovunque negli ambienti interni – dalle forme alle tinte, dalle atmosfere agli arredi fino alle stoviglie – sono inequivocabili i rimandi alla Belle Époque di cui ScottoJonno è stato protagonista di punta al tempo dei cafè chantant tra il 1800 e il 1900. «Eugenio e io abbiamo lavorato fianco a fianco per due anni, cercando di non tralasciare nessun aspetto e valorizzando tutti gli spazi dal punto di vista funzionale e della congruità con il nuovo déco, studiando prospettiva per prospettiva e linea per linea – spiega Iannuzzi -. Abbiamo arricchito gli spazi con elementi originali dell’epoca, acquistati in tutta Europa da privati e rigattieri, e con altri oggetti fatti realizzare da una fonderia napoletana su disegno di Eugenio, come il banco bar, i tavoli e le sedie».

Se al piano terra troviamo il caffè letterario, il cocktail bar, la biblioteca diffusa e il bistrot, al primo piano si aprono le porte di Sustanza, il ristorante nel quale ritroviamo lo chef Ambrosino (lo avevamo incontrato a Milano da 28 Posti), originario di Procida. Oltre alla sua consolidata competenza, Ambrosino si distingue per il suo modo di intendere la cucina: la sua componente antropologica rende ogni piatto un’affascinante narrazione di storie, popoli, tradizioni e geografie. Ogni boccone, oltre a deliziare il palato, introduce con il suo sapore alla cultura del Mediterraneo. «Ho iniziato questo tipo di ricerca dieci anni fa a Milano e sto continuando a Napoli – dichiara lo chef a Pantografo Magazine -. La mia cucina interpreta la dimensione sociale attraverso lo studio e l’analisi di processi non necessariamente gastronomici, che passano da un racconto dei popoli e delle geografie del Mediterraneo».

Se le pietanze di Sustanza sono legate alle influenze e alle contaminazioni delle quali il Mediterraneo è stato protagonista nel corso dei secoli, nelle tecniche lo chef si spinge ben oltre i suoi confini, con fermentazioni e maturazioni spesso di stampo mediorientale e asiatico che portano allo sviluppo di tempeh, colature, composte, conserve e kombucha. Il menu è composto da percorsi a mano libera che si differenziano solo per la durata dell’esperienza. Sfogliandone le pagine, disegnate personalmente dallo chef, si legge una ricca lista di ingredienti tra cui scegliere, in continuo mutamento in base alle stagioni. Verdure, pesce, carne, crostacei, frutta, ma anche materie prime non convenzionali, quali pigne, sambuco, incenso, edera o fieno.
Intenso nella cucina di Ambrosino è il rapporto con il territorio. Uno dei piatti che lo esprime – e del quale lo chef ci propone la ricetta in fondo a questo articolo – è il Carciofo alla brace, tartufo nero e agrumi, olive, cucunci e maggiorana. «Poco saziante e difficile da pulire, nelle civiltà rurali di un tempo il carciofo non arrivava quasi mai sulla tavola – afferma -. A Napoli, però, si tratta di un prodotto identitario ed è per questo motivo che ho deciso di renderlo il protagonista di un antipasto». Nel piatto, il carciofo cotto in acqua e vino viene grigliato e farcito con un ripieno a base di ragù del suo gambo e olive. A completare, un brodo acidulo aromatizzato con agrumi e impreziosito con succo di tartufo nero.

Opera del pastry chef Federico Andreini, i dessert sono pensati per essere un continuum del percorso salato, in termini sia concettuali sia organolettici. La ricerca sugli ingredienti è simile a quella che avviene in cucina, come dimostra l’utilizzo di piante selvatiche, fiori, erbe e prodotti delle api, quali miele, cera e polline. Il Cioccolato di grano è una sintesi dell’approccio di Andreini: il cioccolato – ingrediente non originario del Mediterraneo – viene riprodotto a partire dal grano Tumminia (uno dei più antichi grani di origine siciliana), usando una fermentazione analoga a quella delle fave di cacao.

Carciofo alla brace, tartufo nero e agrumi, olive, cucunci e maggiorana. Foto: Lupe Buedo

Carciofo alla brace, tartufo nero e agrumi, olive, cucunci e maggiorana

Ingredienti per 4 persone

CARCIOFI
4 carciofi spinosi
1 spicchio aglio
30 g olive taggiasche
Q.b. acqua, vino bianco secco, sale, olio

Pulire i carciofi eliminare le foglie esterne e i gambi e mettere questi ultimi da parte. Far cuocere i carciofi con un po’ d’acqua salata e vino bianco per 5 minuti. Poi, farli raffreddare e tenerli da parte. Pelare i gambi di carciofo, fare una dadolata e rosolare in padella con un filo d’olio e uno spicchio d’aglio. Aggiungere le olive denocciolate e far cuocere finché i gambi non saranno teneri. Nel mentre, prendere i carciofi interi, condirli con sale e olio e grigliarli sul barbecue per qualche minuto.

BRODO
Foglie di 4 carciofi
8 g aceto di riso
5 g salsa ponzu
1 limone
1 lime
1 arancia
10 g succo di tartufo
Q.b. acqua, sale

In una pentola, mttere le foglie dei carciofi, coprire con acqua fredda e far sobbollire per un’ora. Filtrare, aggiungere al liquido l’aceto di riso, la salsa ponzu, le scorze degli agrumi e far riposare per mezz’ora. Filtrare nuovamente, aggiungere il succo di tartufo e aggiustare di sale.

FINITURA
4 cucunci
Q.b. maggiorana

Posizionare al centro di un piatto piano il ragù preparato con i gambi dei carciofi, adagiare un carciofo grigliato e completare con il brodo, un filo d’olio extravergine, qualche rondella di cucunci e foglie di maggiorana.

In copertina: Sustanza, Scotto Jonno, Napoli. Progetto: Eugenio Tibaldi ©Letizia Cigliutti

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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