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Saint: il mix che non ti aspetti tra la Monza medievale e quella contemporanea

Di fronte alla Basilica di San Giovanni Battista, il locale spicca per cucina e design di livello


Nel cuore di Monza ha aperto Saint, il nuovo punto di riferimento cittadino per chi cerca un locale aperto dalla colazione al dopocena, dal design avvincente e con una vista da lasciare senza fiato. Siamo in piazza Duomo, nello scenario di un salotto urbano dominato dalla Basilica minore di San Giovanni Battista, realizzata fra il XIV e il XVII secolo. Fasce di marmo bianche e verdi, rosone centrale, bifore, trifore e lunette nel loro insieme costituiscono lo spettacolo di cui si gode attraverso le generose superfici vetrate del Saint, concepito in maniera tale che il rapporto con l’esterno sia costante.

In questo contesto privilegiato Saint si propone come fine dining restaurant e cocktail bar con caffetteria, pronto ad accogliere la sua clientela in ogni momento della giornata con un’offerta costantemente aggiornata e di qualità. L’idea, oltre che la proprietà, è di Gabriele Viola- Boros, imprenditore con esperienza trentennale nel settore dell’ospitalità e della ristorazione, e Stefania Aliprandi, con esperienze in public relation e grande passione per l’interior design.


Non è un caso che il progetto di interni sia stato affidato a Julia Hyoun Hee Na dello studio londinese Spatial.


L’obiettivo è stato quello di fare eco alla vivacità e alla socialità della piazza attraverso un ambiente gioioso, capace di trasmettere ottimismo, a partire dalle componenti cromatiche che esprimono le sfumature dell’arancio e del rosa, quelle dell’alba e del tramonto. «L’idea è stata quella di portare all’interno del locale parte del carattere solenne del Duomo ma in chiave contemporanea, e di creare un senso di continuità con la piazza e una relazione visiva con la cattedrale stessa. -racconta la progettista – Infatti, la distribuzione interna del bancone e dei tavoli si rivolge verso la piazza stessa, attraverso le grandi aperture ad arco della facciata». Protagonista del progetto è la bottigliera che si incontra entrando nel locale, un originale sistema tridimensionale di mensole in acero americano che trae ispirazione dai portacandele della cattedrale. Ognuna delle bottiglie poggia su una mensola dedicata e illuminata dal basso, in modo tale che, durante la sera, la luce soffusa emanata dalle bottiglie crei una dimensione intima e raccolta. Altro pezzo forte dell’arredamento del Saint è il “Fiore”, il divano color arancio che serve quattro tavoli: al centro del divano c’è uno spazio dedicato a installazioni temporanee. «Siamo già stati interpellati da diverse gallerie d’arte e artisti indipendenti per questo spazio – ci spiega Stefania, molto sensibile e vicina al settore dell’arte -. Un’iniziativa che mi affascina e mi coinvolge perché porta con sé un fascino d’altri tempi e può creare occasioni di incontro, sinergie e momenti di interesse. Allo stesso modo portiamo avanti collaborazioni con designer».

Se la dimensione estetica è sollecitata da un design ammaliante e seduttivo, quella del gusto è affidata al giovane chef campano Michele Cioffi che propone piatti realizzati con prodotti italiani di qualità e con qualche sfizio d’oltralpe. «La mia filosofia di cucina al Saint si basa sul preservare i sapori autentici della nostra penisola cercando di presentarli attraverso tecniche capaci di appagare l’occhio dei nostri clienti. – dice lo chef con numerose esperienze in giro per il mondo – Tecniche che rendono i piatti diversi dalla tradizione ma che una volta assaggiati riescono a far tornare in mente i sapori di una volta». Ispirato alla tradizione ma con un tocco di creatività, il menu propone piatti di terra, di mare e vegetariani: antipasti come il vitello tonnato, il polpo alla brace, l’insalata di barbabietola, e ancora primi come i cappelletti, ossobuco e zafferano e il risotto, gamberi di Mazara e mozzarella di bufala e secondi come il rombo al vapore. C’è anche una proposta vegana con gustose pietanze come lo spaghettone pomodoro, olive e capperi.

«Nel nostro menù cerchiamo di inserire quanti più prodotti a Km 0, soprattutto per quanto riguarda la parte vegetale che ci arriva da piccole realtà presenti sul territorio», precisa lo chef. I piatti possono essere gustati con i cocktail ideati da Giovanni Ulivi e Nicolò Centemero insieme a Elisabetta Ciceri e in collaborazione con lo chef, concepiti per completare quell’esperienza gustativa “sensoriale” – come la definisce il Saint – che poi è il fil rouge del concept e della proposta enogastronomica del locale.

Saint ha collaborato e collabora con molti artigiani e altrettante aziende del territorio sia per quanto riguarda materie prime e prodotti, come le conserve e i succhi preparati da due piccole realtà aziendali di Carate Brianza che lavorano nel rispetto della natura, sia per l’arredamento del locale, che ha visto il coinvolgimento di esperti del legno attivi a Lissone, nota non a caso come “Città del mobile”. In un momento complesso per la ristorazione italiana Pantografo ha chiesto ai proprietari di Saint quale sia la loro strategia per cercare di ottenere buoni risultati.

«Saint nasce da un modello di business basato sulla consapevolezza che per raggiungere grandi traguardi e puntare al successo sia necessario collaborare con persone che credano profondamente nel progetto e lo sposino. – ci ha risposto Aliprandi – Abbiamo incontrato persone meravigliose, dotate, forti, concrete e lungimiranti. Mio marito e io abbiamo fortemente desiderato investire sulle capacità e sulle visioni dei nostri manager, perché facessero loro Saint. Li abbiamo indirizzati ma mai forzati con politiche aziendali preconfezionate. Li abbiamo seguiti, esortati e incentivati, affinché ognuno potesse trovare la propria dimensione e il proprio spazio nei diversi ruoli di responsabilità. È stata anche per noi una nuova esperienza lavorare in questo modo e continua a esserlo. Non ci siamo mai voluti imporre come titolari e con questo approccio abbiamo ottenuto la loro fiducia».

Cosa fare a Monza fra la ricca colazione e la cena da Saint o fra un aperitivo e l’altro? Prima di tutto è doverosa, oltre che piacevole, una passeggiata per il delizioso centro storico cittadino, alla ricerca delle sue emergenze più note, come l’Arengario, il palazzo comunale, e la Chiesa di San Maurizio e Santa Margherita, risalenti rispettivamente al Duecento e al Quattrocento. Da non perdere poi la Reggia di Monza, dove peraltro potreste visitare “Banksy. Painting Walls” (Orangerie della Villa Reale, fino al 5 novembre), oltre che assistere ai concerti a lume di candela (28 luglio e 18 agosto), e il Parco di Monza, dove è previsto l’evento “Ballo di Mezza Estate… A piedi nudi nel Parco” (19 luglio) con apericena e musica dal vivo.

Polpo alla brace. (Cortesia Saint).

Polpo alla brace

(tentacolo di polpo alla brace, maionese ai ricci di mare, salsa verde e patate croccanti)

Ingredienti
2 tentacoli di polpo, 1/2 cipolla, 1 peperoncino, 1 foglia di alloro, 50 ml di vino bianco, 20 gr di aneto, 20 gr di prezzemolo, 20 gr di finocchietto, 5 ml di aceto di mele, 20 gr di ricci di mare, 1 tuorlo d’uovo, 5 ml di succo di limone, 100 ml di olio di semi, 1 patata (solo la buccia), 0,2 gr di agar agar, sale

Procedimento
Ricavare i tentacoli dal polpo, posizionarli in una pentola con olio, cipolla tagliata a julienne, alloro, peperoncino e vino bianco. Accendere il “fuoco” a fiamma bassa. Ci vorranno all’incirca 2 ore prima che il polpo sia cotto, poiché lentamente rilascerà la sua stessa acqua e quindi a mano a mano sobbollendo cuocerà.
Una volta cotto, stenderlo su una teglia e raffreddarlo immediatamente. Il liquido di cottura invece bisogna farlo ridurre piano piano e poi una volta raggiunta la giusta consistenza si frulla e si setaccia, così avremo una delle nostre salse pronta.
Mentre il polpo raffredda si comincia a preparare la seconda salsa, che è la cosiddetta “salsa verde”, cioè una salsa fatta a base di erbe aromatiche verdi che darà un tocco di acidità al piatto. La salsa verde viene preparata sbollentando e raffreddando in acqua e giacchio separatamente il prezzemolo, l’aneto e il finocchietto marino. Ora bisogna eliminare l’acqua in eccesso dalle erbette aiutandosi con un canovaccio. Quindi frullare tutto con l’aceto di mele e legare l’insieme con un addensante così da rendere questa salsa un gel.
Infine si prepara la maionese ai ricci di mare. Separiamo 1 tuorlo dall’albume, aggiungiamo succo di limone, sale e la polpa di ricci di mare. Con un frullatore a immersione cominciare a frullare e poi aggiungere a mano a mano l’olio di semi finché la maionese non raggiunge la consistenza desiderata.
Come guarnizione, prepariamo delle bucce di patata croccanti. Sbucciare le patate e lasciare le bucce sotto acqua corrente fredda in modo da rimuovere quanto più amido possibile. Asciugarle bene aiutandosi con un canovaccio. Portare a 160 gradi dell’olio di semi e friggere un po’ alla volta le bucce di patata, scolarle su carta assorbente e salarle. Caricare l’essiccatore con le bucce di patata e lasciarle essiccare per 24 ore.
Ora che abbiamo tutti gli ingredienti pronti, possiamo assemblare il nostro piatto. Scottare il tentacolo di polpo in una padella calda con dell’olio. Posizionatelo poi su un piatto e decorarlo con tutte e tre le salse. Infine guarnire con le bucce di patata croccanti.

In copertina: Saint, Monza. Progetto: Julia Hyoun Hee Na / Spatial. (Cortesia Saint). 

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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