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Memoria e gusto, il mix culinario dello chef Andrea Aprea

I locali del nuovo ristorante milanese sono di Flaviano Capriotti che ha puntato sull’impatto scenografico


Piccione, Ciliegia, Blu di bufala, Cicoria. (Foto: MASSI NINNI)

L’esplorazione del rapporto tra memoria e gusto è l’obiettivo che lo chef Andrea Aprea si propone di perseguire nel suo nuovo e omonimo ristorante milanese, situato nel cuore di Porta Venezia, all’ultimo piano del palazzo che ospita la Fondazione Luigi Rovati. «Il tempo è l’elemento più importante in cucina, per questo motivo la mia filosofia nasce dalla memoria, dal rapporto del cibo con le tradizioni e i ricordi, che creano una sospensione del presente accompagnando l’ospite in un’altra dimensione temporale», racconta il cuoco.

Il locale è opera di Flaviano Capriotti che ha concepito uno spazio di impatto scenografico, dotato di una vetrata panoramica sul parco di Porta Venezia e sullo skyline della città. Il progetto sviluppa in chiave contemporanea il rapporto tra attesa e riconsegna dell’esperienza gastronomica. «Gli interni sono un percorso di graduali sorprese estetiche – racconta l’architetto Capriotti a Pantografo –, dalla reception al corridoio fino alla hall con cucina a vista, l’ospite viene “preparato” ai gusti e ai gesti dell’alta gastronomia di cui diventa osservatore».

Il ristorante, quindi, è stato concepito con l’obiettivo di creare un percorso conoscitivo e di sorpresa, in una continua alternanza tra chiaro e scuro, come nel dialogo tra le superfici di bucchero nero e il lungo percorso vetrato, pensato per conferire un senso di intensità teatrale allo spazio. Le pareti e il soffitto della sala centrale corrono inclinate per indirizzare lo sguardo verso la cucina a vista che risulta il centro di tutta la rappresentazione e il contrappunto estetico dell’esperienza palatale.

«L’architettura ha un ruolo primario nel raccontare l’esperienza gastronomica: deve trasmettere emozioni proprio come l’opera dello chef – continua Capriotti –. Mi piace l’idea di un ambiente che sappia dare forma a una dualità con l’esperienza del cibo: un luogo che prepari l’ospite ai sapori e ai profumi che proverà, che lo porti in una dimensione sospesa nel tempo». Dal canto suo il cuoco è molto soddisfatto e parla del ristorante come del «coronamento di un sogno» riferendosi anche alla proposta progettuale che ha dato vita al suo “regno”. «Abbiamo lavorato per creare un luogo dove spazio, tempo, sguardo e sapori si potessero trovare gli uni negli altri, per offrire agli ospiti un contesto emotivo e sensoriale di inedita forza e originalità», spiega Aprea. La sua cucina si propone infatti di innescare un processo di scambio tra differenti luoghi dell’esperienza – nel ricordo, nello sguardo, nell’olfatto, nel palato – alla ricerca di nuove proposte gastronomiche. «La conoscenza del territorio e la cultura che hanno forgiato lo stile italiano sono sempre state mia fonte d’ispirazione e proprio da queste sono partito alla ricerca di nuove esperienze attraverso cui definire il sapore dei tempi», continua.

Sono tre le proposte fra le quali l’avventore può scegliere: “Contemporaneità”, un percorso di cinque portate dedicato al rapporto tra memoria e innovazione (nel menu, per esempio, si trova il Riso in estrazione di peperone), “Partenope”, viaggio in sei portate nelle suggestioni della Campania (Uovo al Purgatorio e Linguina nera alla Luciana sono alcune di queste), “Signature”, esperienza nella filosofia dello chef in otto portate (fra le quali il Ri-Sotto-Marino).

Nella corte verde del palazzo si apre anche il Caffè Bistrot (realizzato anch’esso da Capriotti) per il quale Aprea ha ridefinito i canoni della cucina popolare attraverso una selezione di grandi classici proposti al pubblico in purezza, come le Eliche Cacio e Pepe, Gamberi rossi, Mela verde, le Cassolette di Rombo alla Mediterranea, Cozze, Friggitelli, il Galletto Ruspante alla Plancia, Salsa piccante, Insalata di Taccole al Sesamo, solo per citarne alcuni.

«Questo nuovo progetto rappresenta una straordinaria sfida non solo a livello personale ma professionale, essendo il mio debutto da imprenditore – così esordisce lo chef quando Pantografo gli chiede quale sia il suo modello di business –. Ho la responsabilità sia del ristorante gastronomico sia del caffè/bistrot. Si tratta di gestire la complessità, i flussi, i processi, i percorsi, per assicurare a ogni ospite, a ogni ora della giornata, il tipo di esperienza più adatta a soddisfarne i desideri. Le uniche costanti sono la ricerca di qualità e un lavoro molto serrato con i miei collaboratori (…). Il bistrot lavora dalla colazione all’aperitivo, proponendo un modo diverso di intendere il tempo nel rapporto con alcuni grandi classici della cucina italiana. Il ristorante è aperto solo a cena, per mettere in scena un tipo di esperienza rara: un compendio delle emozioni che si possono ricavare attorno alla tavola, in un rapporto di sottili equilibri».

In copertina: Ristorante Andrea Aprea, Milano. Progetto: Flaviano Capriotti Architetti. (Foto: Giovanni De Sandre per Fondazione Luigi Rovati)

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