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La ristorazione dopo il lockdown: qualità, semplificazione, valore del tempo

Tavola Rotonda 1. Ospiti: Nicola Farinetti, Niko Romito, Marco Civitelli, Fabio Casamassima, Andrea Paternoster


La ristorazione dopo il lockdown. Si stanno per aprire le porte di ristoranti, bar e locali, privilegiando gli spazi all’aperto. Dal 18 maggio, il mondo del food passerà dal delivery alla possibilità di far accomodare i propri ospiti, a debita distanza, ma comunque ridotta rispetto alle prime prescrizioni dell’Inail. Vietati i buffet, obbligatori per il personale guanti e mascherina, lista tassativa delle prenotazioni da tenere per 14 giorni.

PPAN con Laurenzi Consulting ha intervistato Nicola Farinetti, imprenditore e ceo di Eataly, lo chef Niko Romito, Marco Civitelli e Fabio Casamassima, rispettivamente manager di Ceresio 7 a Milano e di Baccano e La Zanzara a Roma e Andrea Paternoster, apicoltore e imprenditore di Mieli Thun. Sono queste le voci del primo contributo del format “Tavola Rotonda” che prevede 5 puntate con i protagonisti del mondo della ristorazione, dalla cura della materia prima alla gestione dei locali, fino ad arrivare all’architettura e al design, per analizzare lo status quo e scommettere su un cambiamento che faccia cambiare passo al settore, puntando su qualità, servizio ed eccellenza del made in Italy. Con ricadute dirette sulla città, sugli stili di vita, sulla cultura e sul turismo.

© Eataly, Firenze

«Il mondo dei piccoli produttori artigianali che fa uno specifico tipo di lavoro è uno dei più in crisi. Se la grande distribuzione ha continuato a funzionare in modo molto forte, chi vende a piccoli negozi, allo stesso Eataly e ai ristoranti, sicuramente oggi è in difficoltà». Nicola Farinetti, ceo di Eataly racconta la grande virata «dall’esperienza on-land a quella on-line, interrogandosi sulla consegna della spesa a casa, come si regala un’esperienza, a distanza. Probabilmente una delle lezioni che abbiamo acquisito per sempre sarà la riscoperta di quanto sia difficile manipolare un prodotto: è sempre complicato dare un valore monetario alla qualità e più è accessibile meno si tende a valorizzarla». In questo momento in cui tutti a casa si fanno il pane e la torta, rendendosi conto del tempo che serve, forse tutti quanti si torna a dare «valore alla persona, al prodotto, alle ore di lavoro nei campi».


Una consapevolezza rinnovata su cos’è il cibo.


E spostandoci nel mondo della ristorazione è Niko Romito, chef italiano con il numero di format più diversi tra loro, a fare un punto. Anche lui come tutti, con il Coronavirus, ha dovuto chiudere tutte le sue realtà, italiane ed internazionali, e ha iniziato a ragionare su cosa e come fare per mantenere il suo gruppo coeso e stabile. «La prima cosa che ho fatto è stata quella di capire tra le attività in pista quali portare avanti. Inevitabilmente è stata quella del progetto-delivery: come il ristorante si trasferisce a casa della gente, impensabile per me solo pochi anni fa – racconta – visto che ho sempre ragionato su modelli di ricerca molto alti».

Un progetto sperimentale che a partire dagli ospedali può estendersi alle mense, alle carceri, a tutta la ristorazione collettiva

crew dello chef Romito

In questa scommessa è servita l’esperienza di Niko Romito per l’ospedale Cristo Re di Roma. In questo caso con “Intelligenza Nutrizionale” si è puntato a restituire al cibo l’importanza e il valore che merita anche e soprattutto negli ospedali, garantendo ai pazienti pasti più gustosi e salubri e, al contempo, alla struttura ospedaliera una gestione più efficace del servizio di ristorazione grazie alle importanti innovazioni tecnologiche introdotte. «Un progetto sperimentale che a partire dagli ospedali può estendersi alle mense, alle carceri, a tutta la ristorazione collettiva, che – spiegano dal team di lavoro guidato dallo chef – grazie a standardizzazione e replicabilità recepisce il know how dell’alta cucina e lo trasferisce al grande pubblico». Dall’esperienza per l’ospedale quindi si è sviluppata l’idea di intervenire su modelli democratici e scalabili, per garantire la massima accessibilità al cibo «buono e di qualità, sano e sostenibile».

Romito ha testato il delivery a Roma. «Delivery – racconta lo chef – vuol dire portare un cibo a casa pronto per essere consumato, senza nessun tipo di trasformazione. Questo è il servizio. La diminuzione di temperatura inevitabile nel tragitto dalla cucina alla casa del consumatore – spiega – deve essere quindi studiata, così quando il consumatore aprirà il contenitore, troverà un prodotto perfetto per essere mangiato».

© Ceresio 7. Vista dal rooftop

E nei ristoranti come ci si prepara al cambiamento? Quali opportunità e criticità?  Marco Civitelli, direttore del locale Ceresio 7, con vista sulle Varesine, a Milano, commenta che «nulla è da cambiare, niente rispetto a quanto già non si era previsto pre-Covid: la cucina andava già in un’altra direzione: semplificazione, concretezza, più contenuto e meno contenitore. Si seguirà quest’onda, ma non sono dell’idea di ridimensionare i menu, né in termini di proposta né di piatti, né di prezzo né di snaturare l’offerta». Dal capoluogo lombardo un messaggio chiaro: il ristorante dovrà essere fedele alla sua idea e continuare a fare di tutto per performare al meglio. Diversa l’idea di Fabio Casamassima, manager di due ristoranti romani come sono La Zanzara e Baccano. «Oggi a casa abbiamo 98 dipendenti. È una situazione durissima: continuiamo a fare e rifare i conti, ma non tornano». E così non si dà per scontata la riapertura immediata.

Andrea Paternoster

E per completare il ciclo del processo si torna a guardare alla natura. Nei 100 giorni di lockdown sono comparse le meduse nei canali di Venezia, si sono viste le anatre camminare sul lungomare di alcune città balnerai liguri, delfini vicino ai porti dalla Sardegna a Taranto, volpi e scoiattoli nei parchi a Milano. Non sono serviti anni per raggiungere questi risultati. «In questo momento così particolare – racconta l’apicoltore Andrea Paternoster – noi abbiamo l’autorizzazione a muoverci sul territorio nazionale per seguire le api da vicino. Sembra di vivere in un altro pianeta, c’è oggettivamente una maggior pulizia: alcuni apicoltori vicino a Malpensa mi hanno raccontato di non aver mai visto il cielo così terso come in queste settimane». La natura e l’uomo ne gioveranno, così come le api.

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