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Turismo post-Covid. Perché investire su una rapida ripresa

Intervista a Giorgio Palmucci, past president Confindustria Alberghi e presidente Enit


“Non fate piani per le vacanze estive” ha dichiarato nei giorni scorsi la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. E se invece proprio dal turismo iniziasse la ripresa per il nostro Paese? Il turismo è un indicatore economico, è occupazione soprattutto giovanile, è valorizzazione di un bene già disponibile, è agricoltura, è un orizzonte sereno di cui soprattutto oggi si sente il bisogno. Non solo, la sua crisi prolungata provocherebbe un effetto domino sul mercato immobiliare, con un impatto economico e sociale drammatico per il Paese e per i tanti territori ad alta economia ed occupazione turistica.

Tutto quello che sta succedendo è in divenire, ogni giorno si scopre qualcosa di nuovo.

Giorgio Palmucci

Cosa cambierà nel settore alberghiero? In tutto il mondo a causa dell’emergenza sanitaria l’economia del turismo, che solo in Italia vale il 13% del Pil, sta scontando un colpo molto duro: l’industria è ferma ormai quasi da due mesi e ha ancora davanti quantomeno un periodo analogo prima di poter pensare alla ripartenza.

«Tutto quello che sta succedendo – racconta Giorgio Palmucci, past president di Confindustria Alberghi e presidente Enit – è in divenire, ogni giorno si scopre qualcosa di nuovo. L’OMS ha condiviso delle linee guida operative per la gestione del Covid-19 nel settore alberghiero, ma è prematuro definire oggi come ci si dovrà confrontare per garantire la sicurezza. Non aiuta l’eccesso di comunicazioni da parte di politici e virologi. La situazione generale ricorda quella degli anziani affacciati su un cantiere, che commentano a caldo l’andamento dei lavori». Ma la questione è delicata e la scelta delle parole va pesata.

Concept visionari che mi auguro non si realizzino.

Giorgio Palmucci

«Sulla base di posizioni scientifiche chiare seguiranno precise azioni». Il riferimento è anche alle polemiche sulla scelta di alcuni materiali in alternativa ad altri, sui condizionatori come potenziale veicolo. Ma anche agli scenari ventilati da alcune aziende pronte ad allestire le spiagge dei litorali italiani di pannelli di plexiglas per creare delle stanze protette. «Concept visionari che mi auguro non si realizzino – ha commentato Palmucci – trovo inumano pensare a delle vacanze, con questo genere di soluzioni». Il richiamo indiretto è anche alle norme, che a monte andranno definite puntualmente per evitare la declinazione in «dispositivi fisici mostruosi. E poi cosa significherebbe? Che non ci saranno più spiagge libere?».

Primo requisito: sicurezza. Associazioni e singoli operatori sono da settimane riuniti in tavoli di lavoro per studiare le misure necessarie, «ben diverso affrontare la questione per un hotel in città, in un palazzo di 5-6 piani, piuttosto che per un resort sul mare con decine di ettari di terreno intorno. Ancora, un boutique hotel di 15 camere avrà esigenze diverse da un albergo di 500 stanze. Dovrà necessariamente esserci una normativa a livello regionale e nazionale per fare chiarezza. Certamente al viaggiatore di domani bisognerà garantire prima di tutto la sicurezza, l’adozione di criteri di sanificazione tessile, l’accesso ai locali comuni, informazioni precise su come si fa check-in e check-out a tutela del distanziamento sociale».


La location, il comfort, l’accesso alla rete non saranno più quindi le sole richieste da parte dei viaggiatori.


Interventi necessari sugli spazi comuni. «Il 90% delle strutture alberghiere in Italia dovrà adeguarsi, considerando che quasi tutte hanno degli spazi comuni, dalle sale colazioni alle spa, dai bar all’area leisure o spazi per convegni. Non ci saranno particolari stravolgimenti invece per le camere, se non per le procedure di pulizia, o per la scelta dei materiali per gli hotel di nuova costruzione».

Allargando lo sguardo al turismo, Palmucci precisa che non si può essere né ottimisti né pessimisti, non si sa. «Sicuramente non si potrà contare su flussi turistici dall’estero: nel 2020 a livello di incoming si dovrà fare a meno del 50% del turismo internazionale che solitamente sceglie il nostro Paese. Al contempo gli italiani non andranno all’estero e si potrà contare su un turismo molto domestico».

Nelle incertezze generali, la domanda più importante rimane il “quando”. E confidando sul calo di contagi, ipotizzando che il virus non si diffonda in regioni italiane toccate limitatamente, soprattutto nel Mezzogiorno, la ripresa estiva ci potrà proprio essere. «Soprattutto in questo momento ci dobbiamo ricordare – ha ribadito Palmucci – che il virus non ha toccato le nostre bellezze naturali, il mare, la montagna, e che siamo il più bel Paese al mondo, tutto da scoprire anche da parte degli italiani».

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