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Pesaro e la sua storia, un nuovo allestimento per il Museo archeologico Oliveriano

L’intervento di recupero dello studio romano Startt, nuovo criterio scientifico e filo narrativo per restituire alla città Capitale Italiana della Cultura 2024 uno dei suoi luoghi più significativi


© Paolo Semprucci

Il suo vanto, i reperti rinvenuti nella necropoli di Novilara. Il museo come storia dei luoghi, ma soprattutto come identità del territorio. Con queste premesse apre le sue porte al pubblico, dopo anni di chiusura, il Museo Archeologico Oliveriano di Pesaro in un nuovo allestimento. Un momento importante che restituisce a Pesaro Capitale Italiana della Cultura 2024 uno dei suoi luoghi più significativi che nasce dal lascito testamentario di Annibale degli Abbati Oliveri (1708-1789) geniale erudito settecentesco che lasciò il suo ingente patrimonio bibliotecario e archeologico a Pesaro e ai suoi concittadini. Nel lascito di Olivieri confluisce anche una notevole quantità di reperti donatagli dall’amico Giovan Battista Passeri (1684-1780), intellettuale eclettico che ha “segnato” il Settecento pesarese. Con sede al piano terra di Palazzo Almerici, testimonianza architettonica risalente al XVII secolo, situata nel centro storico, negli ultimi anni il museo è stato oggetto dell’intervento di recupero e rinnovamento progettato da Startt, studio d’architettura di base a Roma fondato da Simone Capra, Claudio Castaldo e Dario Scaravelli.

«Spesso si pensa agli edifici storici come contenitori da riempire, nel caso dell’Oliveriano, l’obiettivo è stato di creare uno spazio integrato che parlasse delle collezioni, allo stesso tempo raccontasse il vasto territorio di Pesaro in un arco di tempo vastissimo. Si è scelto così di lavorare in modo radicale: l’idea guida è stata quella di pensare la scatola (lo spazio architettonico) parte del disegno del museo, in modo da creare un ambiente integrato e avvolgente dove architettura storica, reperto e supporto interagiscono tra di loro. Per coinvolgere emotivamente il visitatore si è guardato al linguaggio dell’arte: in questo senso l’allestimento è un omaggio a Jannis Kounellis, grande maestro dell’arte italiana, e alla sua lezione sull’uso poetico del frammento», racconta l’architetto Simone Capra. «Uno dei temi era come raccontare questa collezione così diversificata, ogni sala è un’allusione agli scavi, come per esempio per la sala dedicata ai reperti di Novilara. Qui il supporto espositivo è diventato una trincea, senza elementi effimeri, per ricordare come erano avvenuti i lavori di ricerca. Nella sala introduttiva al museo abbiamo pensato a dei supporti zoomorfi che “reggono” sulle spalle la collezione», precisa il progettista.

Il museo è stato interamente rinnovato, finalmente con un criterio scientifico e un nuovo filo narrativo che si basa su quattro nuclei tematici arricchiti da una nuovissimo apparato infografico.

Chiara Del Pino, archeologa

«Intervenire su un museo esistente non è mai semplice, ma in questo caso è stato necessario per fare in modo che tutta la raccolta fosse più fruibile ai visitatori. Il nuovo percorso documenta mille anni di storia del territorio – dal periodo piceno alla tarda età imperiale – le quattro sezioni espositive sono vere e proprie chiavi di narrazione dell’intero corpus delle collezioni. Si tratta della necropoli picena di Novilara, del lucus pisaurensis (importante luogo di culto connesso alla romanizzazione del territorio, scoperto dallo stesso Olivieri sulla collina di Santa Veneranda), del municipio di Pisaurum e del collezionismo settecentesco. All’interno di queste macro-aree l’esposizione è organizzata in ordine cronologico per singoli argomenti. I quattro temi sono introdotti nella prima sala, in modo che il visitatore possa seguire un filo logico all’interno dei diversi ambienti», racconta Del Pino. Qui è esposta la famosa “stele della battaglia navale”, rinvenuta nel 1866 in circostanze sconosciute sulla collina di San Nicola in Valmanente, tra Pesaro e Novilara.

Nella seconda sala si ammirano i reperti provenienti da Novilara, una delle più importanti necropoli dell’Età del Ferro, indagata estensivamente per la prima volta dall’archeologo Edoardo Brizio negli anni 1892-‘93. A questi si sono aggiunti di recente i materiali provenienti dagli scavi condotti nel 2012-‘13 dalla Soprintendenza archeologia delle Marche in un ampio settore della stessa necropoli. Si tratta di alcuni dei corredi funebri provenienti dalle oltre 450 tombe maschili e femminili dei secoli VIII e VII a.C.. L’attenzione è posta sulla narrazione della società del tempo, per quanto ricostruibile tramite la simbologia del rito funebre.

© Paolo Semprucci

Proseguendo in ordine cronologico, l’esposizione dei cippi del Lucus Pisaurensis introduce alla terza sala, interamente dedicata alla Pesaro di età romana. Le più antiche are votive del Lucus testimoniano che già nel III secolo a.C. persone provenienti dal Lazio si erano insediate sul territorio pesarese. All’interno di una sezione destinata alle divinità viene esposta la celebre epigrafe bilingue (etrusco e latino) di Lucius Cafatius indovino che praticava l’arte degli aruspici. Si prosegue con il racconto degli edifici pubblici della Pisaurum di età imperiale, tramandato dalle testimonianze epigrafiche. Viene poi data voce agli abitanti di Pisaurum, attraverso le epigrafi che ricordano la presenza di sacerdoti e sacerdotesse, maestri, soldati, fabbri, addetti alle lavorazioni navali e molto altro. La sezione si conclude con numerose epigrafi funerarie.

Negli ultimi due ambienti della terza sala trova spazio, infine, il collezionismo settecentesco di Passeri e Olivieri con un esempio per ogni tipologia delle numerose categorie di oggetti che componevano le due collezioni (bronzetti di divinità, lucerne, vasi dipinti, altro). L’insieme degli altri reperti, posto in secondo piano alle spalle di questi elementi, suggerisce l’idea di una wunderkammer particolarmente suggestiva per il visitatore grazie ad un senso della tridimensionalità molto forte.

Fino al 31 dicembre (unica chiusura il 25 dicembre), l’Oliveriano sarà aperto da giovedì a domenica e festivi dalle 15.30 alle 18.30; ingresso con card Pesaro Cult (costo 3 euro, validità annuale), gratuito fino a 18 anni.

Foto in copertina: © Paolo Semprucci

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