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A Noto il ristorante Crocifisso racconta luoghi e sapori della Sicilia

Lo chef Marco Baglieri si è affidato a VI+M Studio per dare ai suoi piatti un luogo in cui esprimersi al meglio


Vincenzo Ignaccolo e Marco Baglieri. ©Simone Aprile

Da qualche anno Noto vive una stagione particolarmente felice. La cittadina è al massimo del suo splendore e lo si può vedere nel modo migliore dalla terrazza della Chiesa di San Carlo al Corso: il panorama è mozzafiato. La fortuna di Noto, oltre che alla sua magnifica interpretazione del Barocco siciliano, si deve anche ad alcuni locali che sono una garanzia per i palati più esigenti. Su tutti si impone il “Crocifisso”, il ristorante di Marco Baglieri, proprietario e chef, che all’inizio dell’estate ha dato nuova vita ai suoi interni grazie a VI+M Studio di Vincenzo e Michele Ignaccolo, architetti siciliani con base a Milano.
Marco è un quarantenne determinato, dal piglio sicuro, pronto a mettersi costantemente in gioco. Nei suoi piatti c’è la sua anima, la sua vocazione alla sperimentazione, agli abbinamenti garbati e acuti, mai fine a se stessi.Allo stesso tempo, la tradizione gastronomica siciliana è sempre nel suo cuore. Il risultato è vincente e si manifesta in una sensazione di vera gioia, quasi di gratitudine, a ogni boccone che si porta alla bocca. Non è un caso che le guide abbiano concesso al “Crocifisso” numerosi riconoscimenti e continuino a farlo.

Sono un siciliano del giorno d’oggi, ho forti radici ma ho viaggiato, ho vissuto all’estero, ho conosciuto il mondo. Così è la mia cucina: profondamente siciliana nel cuore, ma dall’attitudine moderna, scevra da barocchismi inutili

Marco Baglieri

Marco comincia ad avvicinarsi alla cucina aiutando i suoi genitori nell’omonima trattoria di famiglia. Poi, avviene l’incontro con lo chef stellato Ciccio Sultano: con lui affinerà le sue doti, scoprirà che la memoria culinaria della sua terra può vivere una nuova stagione, un trionfo di nuovi sapori a partire dalla sua stessa storia. Di recente, ad attività già iniziata, ha lavorato a fianco di Matias Perdomo del “Contraste” di Milano. Tornato a Noto, nel 2007 trasforma la trattoria di famiglia: si metterà ai fornelli e darà vita a una serie di pietanze che faranno del “Crocifisso” una meta irrinunciabile.

Il nuovo progetto degli interni nasce da lunghe conversazioni appassionate fra lo chef e gli architetti. «Spiegare il nostro lavoro insieme è allo stesso tempo complesso e semplice: è epidermico – racconta Baglieri -. Vincenzo conosce la mia cucina, dritta e senza fronzoli, conosce quello che mi piace, non sono pomposo, amo gli ambienti scuri, e ho a cuore il comfort acustico e fisico del cliente. Ho messo in chiaro le mie esigenze e poi mi sono affidato perché ho fiducia in lui come amico e professionista».

Il risultato è un ambiente intimo, dalle cromie neutre arricchite dall’uso di specchi e tessuti, ai quali è affidato il ruolo di raccontare il colore:

Un modo per portare all’interno dello spazio quella sicilianità tipica delle ville storiche che costellano l’intera regione e che appartengono all’immaginario collettivo dell’isola. Ogni scelta rimanda alla Sicilia e alla sua storia.

Vincenzo Ignaccolo

Ristorante Crocifisso. La cantina. Progetto degli interni: VI+M studio. ©Alberto Moncada

L’ingresso è lo spazio dove trovano espressione tutti i temi del progetto: un luogo dal sapore domestico, dove tra velluti, legni bisellati, vetri e specchi colorati si accolgono gli ospiti. A destra e a sinistra dell’ingresso sono organizzate le tre sale, il cui carattere è definito dagli oggetti e dagli arredi che ospitano. «Quando il ristorante è di uno chef come Marco Baglieri, l’idea di ristoro deve necessariamente essere accompagnata da un racconto, da una narrazione nella quale la lingua deve essere la stessa dei piatti che Marco realizza – spiega Vincenzo -. Deve sapere di vero, di casa e di Sicilia. Deve raccontare la tradizione in chiave contemporanea».

Nel menu si ritrova la tradizione – le panelle, la pasta con le sarde, l’arancino, le scacce – in versione alleggerita e con materie prime di altissima qualità. «Rinnovare la nostra tradizione è rendere i nostri piatti tipici delle pietanze da ristorante – racconta Baglieri -, togliere gli abiti soliti della trattoria e lavorare in eleganza e spinta verso l’alto. Mi piace che i sapori di un piatto si sentano tutti e distinti per poi ricomporsi nell’assaggio del cliente. Ho smesso di inseguire tecnicismi effimeri, esasperazioni, ingredienti inconsueti. Si dice parla come mangi no? Io posso dire che cucino come sono, schiettamente».

Il suo modello di business? Risponde così: «È una domanda difficile: io vengo da una famiglia di ristoratori, per me è stato un percorso naturale. Se mi dici cosa faccio, ti dico che cucino. A un certo punto, tuttavia, ho sentito che il valore del mio lavoro non poteva essere trasmesso, veniva distorto nell’esperienza e nella percezione del cliente a causa del luogo che l’accoglieva: avrei potuto creare il piatto migliore del mondo, ma quel luogo non accompagnava il mio racconto. Ero diventato un cantante sul palco sbagliato. Ho puntato tutto sul comfort del mio ospite, quindi sull’acustica, sulla luce, sulle sedute, sull’intimità della tavola. Per la cucina che voglio fare il valore è generato dall’esperienza che riesco a trasmettere al commensale, in termini materiali e soprattutto esperienziali».

Lasciando il “Crocifisso” alcuni avranno la sensazione che l’esperienza appena fatta non sia terminata con l’ultima portata. Potrebbe infatti accadere che il siciliano indifferente ai suoi natali viva una potente riaffermazione delle sue origini. Il siciliano che la Sicilia se la porta nel cuore ma vive fuori vedrà nel Crocifisso una delle ragioni per le quali tornare finalmente a vivere nella sua isola. Chi siciliano non lo è, oltre a portare nella memoria un pasto indimenticabile, capirà qualcosa di più del rapporto fra tradizione e innovazione di un territorio che per secoli è stato crocevia delle culture più diverse.

 

Pane, panelle e gambero

Per il pane: 300 gr farina russello, 170 gr acqua, 25 gr miele, 8 gr sale, 2 gr lievito, 1/2 uovo per spennellare, sesamo nero

Per il gambero: gambero rosso di Mazzara del Vallo, zest di limone, sale, pepe nero.

Per le panelle: 50 gr farina di ceci, 180 gr acqua, 3 gr sale, un pizzico di pepe nero, prezzemolo

Per la ricotta al limone: 180 gr ricotta fresca, zest di limone, sale, succo di limone, pepe nero, songino condito con sale, limone e olio.

Preparazione del pane: versare farina, miele, lievito nella planetaria aggiungendo l’80% dell’acqua. La restante parte verrà aggiunta gradualmente insieme al sale. L’impasto deve essere lavorato nella macchina per circa 10/12 minuti, quindi lasciare puntare (particolare tecnica di lievitazione) per 10 minuti. Formare poi delle palline del peso di circa 70 gr ciascuna, da far lievitare per 14 ore in frigorifero. Metterle in forno a 28 gradi per ulteriori 2 ore. Spennellare con uovo e sesamo nero, e infornare a 200° per i primi 5 minuti, a 180° fino a cottura ultimata, circa 8/9 minuti. Prima di servire, passarle nel grill affinché diventino croccanti.
Pulire il gambero rosso di Mazzara al coltello, condirlo con sale, olio e limone. Conservare in frigorifero.

Per le panelle: mescolare tutti gli ingredienti e farli addensare come fossero una polenta. Stendere con una spatola sul marmo. Quando l’impasto sarà asciutto ritagliare in quadrati di circa 6×6 cm. Friggere al momento.

Aromatizzare la ricotta al limone: tutti gli ingredienti vanno aggiunti alla ricotta, lasciata scolare precedentemente per qualche ora, fino a formare una crema. Condire il songino con olio, sale e limone.
Per comporre il piatto mettere la ricotta sul fondo del panino tagliato a metà, quindi farcire con il gambero, la panella e il songino.

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