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Julie Andrews e Pedro Almodóvar a Venezia: una carriera da Leone (d’Oro)

L’attrice e il regista attesi al lido per ritirare il premio durante la 76ma Mostra d’arte cinematografica della Biennale


Manca una sola settimana e Venezia sarà nuovamente sotto i riflettori del mondo con i suoi red carpet, gossip, eventi e soprattutto film. Opere prime, pellicole in concorso e versioni restaurate animeranno la 76ma Mostra d’Arte cinematografica della Biennale di Venezia: 63 i lungometraggi, 18 corti e 2 serie tv con 36 opere nella categoria “virtual reality” selezionati tra 3621 titoli proposti. Cinque le giurie mentre due sono i Leoni d’Oro alla carriera che saranno assegnati durante l’evento (28 agosto – 7 settembre 2019).

Il Cda della Biennale di Venezia, presieduto da Paolo Baratta, ha fatto propria la proposta del direttore della Mostra, Alberto Barbera, di conferire il premio all’attrice inglese Julie Andrews e al regista spagnolo Pedro Almodòvar.

«Il riconoscimento doveroso di una carriera straordinaria che ha saputo ammirevolmente conciliare il successo popolare e le ambizioni artistiche senza mai scendere a facili compromessi» ha affermato Barbera commentando la decisione di premiare l’attrice che ha prestato volto e voce alla più famosa delle bambinaie. Mary Poppins (1964) fu il suo primo film hollywoodiano, quando era già una leggenda a Brodway, e le valse un Oscar®, un Golden Globe e un premio BAFTA. Un successo bissato con l’interpretazione di Maria Von Trap in Tutti insieme appassionatamente l’anno successivo come anche per il doppio ruolo in Victor Victoria nel 1982. Julie Andrews ha però evitato di restare imprigionata nell’icona del cinema familiare che l’ha resa famosa – impresa che non riuscì a Romi Schneider – scegliendo di cimentarsi in ruoli di volta in volta drammatici, apertamente provocatori o intrisi d’ironia: ne sono esempio Tempo di guerra, tempo d’amore, di Arthur Hiller – che l’attrice considera il film preferito – e dei numerosi film diretti dal marito Blake Edwards con cui diede vita a un profondo sodalizio artistico (Il seme del tamarindo, 10, S.O.B., Così è la vita).

La prima volta che un film di Almodòvar viaggiò fuori dalla Spagna fu per arrivare a Venezia nel 1983. «Il mio debutto internazionale – ha affermato il regista – il mio battesimo. Una meravigliosa esperienza come lo è stata il mio ritorno con Donne sull’orlo di una crisi di nervi nel 1988». Il film vinse il premio per la sceneggiatura e permise alle sue pellicole di circolare in tutto il mondo.
Con i suoi film a cavallo fra il melodramma e la sua parodia, Almodòvar «è stato capace di offrire della Spagna post-franchista il ritratto più articolato, controverso e provocatorio», ricorda Alberto Barbera. Che continua: «I temi della trasgressione, del desiderio e dell’identità sono il terreno d’elezione dei suoi lavori, intrisi di corrosivo umorismo e ammantati di uno splendore visivo che conferisce inediti bagliori all’estetica camp e della pop-art a cui si rifà esplicitamente».
Il Leone d’Oro, confida il cineasta, diventerà la sua mascotte, insieme ai suoi due gatti.

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