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A Piacenza Franco Albini incontra Rinascimento e alta cucina

Una retrospettiva sul grande architetto e il locale dello chef stellato Luigi Taglienti. Da godersi insieme


Vi piace Franco Albini? Non riuscite a dimenticare la sua architettura e sognate di vedere dal vivo pezzi iconici come la Poltroncina 832 Luisa e la Libreria Lb7? E magari, oltre al design, le vostre passioni sono l’arte e la cucina gourmet? Allora la meta di uno dei vostri prossimi viaggi potrebbe essere Piacenza. Qui si trova Volumnia, lo spazio espositivo voluto da Enrica De Micheli, gallerista con esperienza tra antiquariato e design, situato all’interno di una chiesa rinascimentale sconsacrata.

Volumnia è un luogo dove si incontrano arte, cultura e vita sociale, grazie alla visione di Enrica, appassionata degli anni della seconda metà del Novecento. Durante i lavori di restauro è stato riportato alla luce l’originale assetto rinascimentale della chiesa, con l’immensità degli spazi, i maestosi colonnati, gli stucchi e gli affreschi. È qui che fino al 18 giugno è possibile visitare “Franco Albini. Metodo e poesia”, la retrospettiva dedicata all’architetto e designer milanese a cura di Stefano Andrea Poli.

Il progetto espositivo si avvale di un apparato iconografico concesso dalla Fondazione Franco Albini, grazie alla quale è stata svolta una specifica ricerca archivistica. L’allestimento è progettato dallo Studio Albini Associati in relazione al suggestivo spazio architettonico della ex chiesa di Sant’Agostino, ritmando il percorso della mostra attraverso una serie di pannelli verticali leggibili su entrambi i lati e di stazioni puntuali dedicate ai mobili. Il visitatore viene accolto da un settore introduttivo e da due sezioni. La prima, affidata alle immagini storiche provenienti dall’archivio della Fondazione Franco Albini, intreccia un dialogo visivo fra architetture, arredi e allestimenti, mentre un video documentario illustra l’approccio di Albini all’architettura e al design. La seconda conduce nel mondo degli arredi, attraverso l’esposizione di numerosi pezzi storici, fra i quali la poltroncina Luisa, premiata nel 1955 con il Compasso d’Oro.


All’uscita dalla mostra, potreste passare da un’arte, quella della progettazione, all’altra, quella culinaria, intrattenendovi al ristorante IO Luigi Taglienti.


Frutto del recupero del cortile esterno, con annessa ex falegnameria del monastero, firmato dagli architetti Enrico De Benedetti, Simone Subitoni e Silvia Blesi, il ristorante è il risultato di un preciso modello di business: «Il nostro è un nuovo modo di pensare alla ristorazione – spiega lo chef stellato Luigi Taglienti-: una proposta contemporanea immersiva, accessibile e schietta dove il cliente è avvolto da un’energia positiva, dalla semplicità e dal saper fare, caratteristiche fondamentali che ci contraddistinguono».

In un’atmosfera definita dal dialogo serrato fra la memoria degli ambienti rinascimentali e la contemporaneità degli arredi e delle lampade, ai quali si aggiunge l’elegante essenzialità dell’apparecchiatura e del drappeggio delle tende, si apre il mondo di Taglienti. La sala, in continuità stilistica con la vocazione della galleria, è arredata, fra l’altro con la Sedia Leggera di Gio Ponti e il grande tavolo in marmo bianco di Carrara di Angelo Mangiarotti. Il progetto delle luci, sia per l’interno che per l’esterno, è opera di Davide Groppi, che veste i tavoli con TeTaTeT bianche e oro, e illumina la sala accogliendo i clienti con una grande Moon. Il giardino esterno è stato disegnato dalla paesaggista Anna Scaravella ed è arredato con tavoli e sedie anni Cinquanta.

Capace di muoversi tra cucine diverse, dal classicismo intransigente all’avanguardia più sfrenata, dalla sensibilità sul mondo vegetale alla riscoperta della tradizione e delle ricette dimenticate, lo chef propone un’esperienza che si muove a partire da un’emozione, da un sentimento, da un ricordo o da un frammento di vita. «La mia filosofia di cucina si basa su ispirazioni e intuizioni, inaspettati flash mentali che si trasformano in sapori inediti guidati dall’eleganza e dalla gestualità», racconta lo chef, che ha trovato nel limone l’ingrediente che gli consente di coniugare passato e presente, classico e moderno: «Non riesco a concepire una cucina senza che essa abbia l’elemento acido. In breve, la mia lasagna ormai classica non potrebbe mai uscire al tavolo senza il twist di limone verde», continua.

Il menu, alla carta o degustazione, segue il passo delle stagioni, con alcuni ingredienti che rappresentano il territorio dell’Emilia Romagna e altri che provengono dalla Liguria, terra di origine dello chef. Fra i piatti più interessanti ci sono gli Scampi di Riviera (insalata tiepida, asparagi verdi, lenticchie, frutto della passione), la Spigola di Cattura (patata viola, asparagi bianchi, zabaione d’arancia sanguinella), la Manzetta piacentina (fungo a funghetto, tortello di zucca al chinotto, salsa miroir).

Multicolore inusuale. (Foto: Fausto Mazza Studio)

«Piacenza e le sue terre di contorno sono luoghi da scoprire, fatti di calma e ricchi di bellezza – dice Taglienti a proposito del territorio che lo circonda -. Il tempo sembra essersi fermato. Luce e caldo in estate inebriano i sensi di profumi e colori, freddo e nebbia in inverno preservano prodotti inaspettati. E poi quei colli così vicini che sanno di mare. Ligure».

E a proposito di questo territorio, se le suggestioni descritte dallo chef vi intrigassero, ci sono tante altre possibilità per esplorarlo. A partire dalle visite guidate per la città organizzate da Iat R Piacenza e da quelle della rassegna “Piacenza da Scoprire” fino alle escursioni “Val Tidone lentamente”, guidate dall’Associazione Sentiero del Tidone lungo borghi, rocche e castelli, alla scoperta di flora e fauna, pianura, montagna e collina seguendo la via dell’acqua del torrente Tidone.

In copertina: © “Franco Albini. Metodo e poesia”, 2023, veduta della mostra, Volumnia, Piacenza. (Foto: Fausto Mazza Studio)

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