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Memoria, quando le leggi razziali hanno colpito architetti e ingegneri

Per la ricorrenza del 2021, da Bologna il documentario con le Lettere dell’Archivio


Per tutti quelli che non sanno o che non ricordano cosa successe in quegli anni, per capire cosa sono state le leggi antiebraiche in Italia, è bastato aprire impolverati faldoni della Questura ben custoditi dentro l’archivio di Bologna per far venir fuori vergognosi e infami provvedimenti sulla razza.
Domande aperte, interviste e ricostruzioni, i numeri dei perseguitati, i divieti e la conta degli internati, tutto questo si trova nel bellissimo film documentario “Lettere dall’Archivio”, scritto, diretto e montato da Davide Rizzo. Storie di architetti e ingegneri vittime delle leggi razziali, una memoria viva che è continuamente alimentata dai ricordi diretti, che purtroppo saranno sempre meno numerosi, come i testimoni della Shoah.


«Le “Lettere dall’Archivio” sono i documenti trovati all’interno degli archivi della città di Bologna, sono la nostra sola prova per raccontare alle future generazioni quanto di terribile è accaduto, a raccontare la verità. Questo perché all’interno della nostra società c’è ancora chi non conosce, o non vuole credere, che queste cose siano accadute per davvero nelle nostre città, nella nostra nazione. Questo film e queste storie sono dunque per loro, affinché possano capire che cosa vuol dire perdere, da un giorno all’altro, la propria dignità di uomo», spiega il regista.


Il documentario nasce a metà 2019 da una collaborazione tra Ordine Architetti, Ingegneri e Comunità Ebraica di Bologna, sulla scorta di alcune iniziative fatte negli scorsi anni dagli Ordini degli Architetti di Milano e Roma in cui il tema delle conseguenze sugli architetti delle leggi antiebraiche è stato posto in evidenza per la prima volta e che oggi continua in tutta Italia coinvolgendo numerosi Ordini cittadini delle città con le più numerose, almeno all’epoca, Comunità Ebraiche.


«Gli Ordini professionali si occupano di questi temi racconta Pier Giorgio Giannelli, presidente dell’Ordine degli architetti di Bologna – perché gli Ordini, almeno quelli più sensibili, sono parte viva e attiva delle proprie comunità, e con queste vivono i momenti più importanti e significativi della vita della città, portando la loro storia».


Con l’avvento del regime, specialmente dal 1938 in poi si è assistito ad una progressiva e geometrica messa ai margini della società dei cittadini di origine e religione ebraica, ulteriormente amplificata ed inasprita, dopo l’8 settembre, sotto la Repubblica di Salò e l’occupazione nazista.

Locandina © Ordine degli Architetti di Bologna

Il documentario “Lettere dall’Archivio” descrive che cosa hanno significato queste leggi per gli architetti e gli ingegneri di origine ebraica, attraverso le vicende di alcuni di loro di cui si conservava memoria negli archivi bolognesi.

Storie di persone segnate in modo indelebile da questi provvedimenti, le cui conseguenze spesso si sono protratte ben oltre il limite temporale della fine della guerra. Come la storia di Enrico De Angeli, una delle menti più raffinate della cultura architettonica di Bologna degli anni ‘30, di cui si conserva l’intero archivio. De Angeli, durante il periodo compreso tra il 1939 e la fine della guerra e finché ha potuto, prima di nascondersi nella Villa Gotti, ha svolto lavori saltuari, in genere nel settore dell’arredamento per il quale non era necessario l’utilizzo del timbro che d’altronde non aveva più. Oltre la tremenda discriminazione, la scomparsa nel campo di Mauthausen di suo fratello Aldo lo segnò irrimediabilmente e, non appena finita la guerra, passò alcuni anni a Roma, nella speranza di trovare sue notizie, provando anche a cambiare Ordine. Tornato a Bologna non ha più voluto risiedervi stabilmente, preferendo soggiornare in pensioni o piccoli alberghi, come se non volesse più mettere alcuna radice nella città.

Perché storie come queste non sono dei casi unici ed è di questo che si è voluto parlare nel documentario, per fare anche i conti con il nostro passato di italiani “brava gente”.
«Nella nostra Italia, 40mila italiani furono privati della dignità solo per la colpa di essere nati ebrei», interviene Daniele De Paz, presidente della Comunità ebraica di Bologna. «A volte sembra che la storia sia passata invano e il suo insegnamento non riesca ad attecchire nelle coscienze delle persone e allora non possiamo mai stancarci di diffondere la cultura della memoria come investimento per la pace e la tolleranza, in un futuro in cui regni la verità», conclude.

Un’ultima notazione è per Giuliano Gresleri, storico dell’architettura e fondatore dell’archivio storico bolognese, scomparso a fine dicembre: la sua intervista su Enrico De Angeli è stata l’ultima concessa prima di morire, un ultimo dono ai suoi architetti. Il film narrato è nato dall’idea e con la ricerca di Pier Giorgio Giannelli, Andrea Gnudi, Daniele Vincenzi, Veronica Visani, Daniele De Paz, è stato prodotto dall’Ordine degli Architetti di Bologna e dall’Ordine degli Ingegneri di Bologna in collaborazione con la Comunità Ebraica di Bologna e il contributo di Fondazione Del Monte. Il documentario si potrà vedere dal 25 al 29 gennaio sul canale YouTube della Cineteca di Bologna.

Torre Snia Viscosa ph. © Archivio Liliana Rimini – Tutti diritti riservati

Un altro docufilm, “L’Architetto nascosto”, (scritto da Sarah Parker, diretto da Ruggero Gabbai e prodotto dalla milanese Mir di Francesco Virga) è in lavorazione e sarà pronto per la Giornata della Memoria dell’anno prossimo. È la storia di Alessandro Rimini (1898-1976), a cui la Triennale attribuirà un attestato di benemerenza in memoria.
Rimini è invece tra gli architetti che dagli anni ’30 hanno contribuito a ridisegnare il volto di Milano, progettando e realizzando soprattutto cinema e sale da concerto. Di Rimini il cinema Colosseo e l’Astra (oggi Zara), il Teatro Smeraldo e l’Auditorium Verdi di largo Mahler, ma anche la Torre Snia Viscosa di piazza San Babila, con i suoi quasi 60 metri di altezza, nel 1937. L’anno dopo, la sua carriera ha un durissimo colpo: con le leggi razziali del 1938, lui, ebreo, non poté più firmare i suoi progetti.
Continuerà a lavorare di nascosto, finché nel 1944 qualcuno, lo denuncerà: il 15 marzo lo arrestano e lo mandano a San Vittore, poi il rischio di finire a Auschwitz, e la fuga dal treno per salvarsi la vita. Non denuncerà mai i delatori, né mai di riappropriarsi la paternità dei progetti che altri avevano firmato al suo posto. Il film accosterà immagini d’archivio e interviste a personalità dell’architettura, della musica e della comunità ebraica e ad alcuni ricostruzioni.

Le maestranze dell’Ospedale Cardarelli di Napoli. Committenza che vede un Rimini giovanissimo con un cantiere di 240.000mq e 700 operai sotto di sé ph. © Archivio Liliana Rimini – Tutti diritti riservati

Per finire, sempre in occasione del Giorno della Memoria, mercoledì 27 gennaio 2021 alle ore 18.30, la Triennale Milano presenta sul proprio sito e canale YouTube Un genocidio non riconosciuto, un evento per onorare la memoria del Porrajmos, l’olocausto del popolo romanì. L’incontro intende contribuire al riconoscimento storico-culturale delle popolazioni rom e sinti, condizione necessaria per l’inclusione a pieno titolo di diritti e doveri di queste comunità nella società.

Ph. courtesy © Triennale Milano

In copertina: immagine tratta dal trailer © “Lettere dall’Archivio” di Davide Rizzo – Ordine Architetti, Ingegneri e Comunità Ebraica di Bologna

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