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Il metallo interpretato da Tom Dixon, designer irrequieto e industrioso

Tra pensiero e creatività, una mostra sul “fare” allestita a Londra fino al 13 gennaio


A Londra, nel cuore di Notting Hill un incontro ravvicinato con la creatività di Tom Dixon. Un’occasione per immergerci in un racconto antologico dove convivono pezzi d’archivio delle collezioni del celebre designer d’oltre Manica accanto a opere più recenti, uniti per ripercorrere gli ultimi quarant’anni della sua carriera. Tom Dixon: Metalhead, 40 Years In the making è il titolo dell’iniziativa, allestita all’interno della galleria di Themes & Variations: uno spazio espositivo con un passato importante, inaugurato nel 1984 sotto la guida di Liliane Fawcett e Giuliana Medda, celebrato per la sua capacità nell’anticipare tendenze e accogliere al suo interno i talenti della nuova generazione di British Designers.

Un ambito iconico per la West London del periodo, ancora influenzato dalla carica rivoluzionaria e sovversiva del movimento punk, che non a caso già nel 1987 presentò la prima rassegna dedicata a mobili in acciaio saldato firmati dall’emergente Tom Dixon.


Un personaggio inedito e autodidatta, dinamico nell’insegnare a se stesso le tecniche della saldatura, energico nell’esplorare il riuso di materiali esistenti quali ringhiere vittoriane, tombini, barre di rinforzo per il calcestruzzo e pentole per poi creare nuovi oggetti originali ed estrosi.


«Fui immediatamente appassionato dalla saldatura – racconta Tom Dixon – non presentava alcuna solennità dell’attività manuale e della pretenziosità del design: era industria. Questo si adattò perfettamente alla mia impazienza, dandomi l’opportunità di costruire, distruggere, adattare e ricreare strutture immediatamente».

Il 1983 è la data a cui si legano le prime realizzazioni di Dixon seguite da una insigne popolarità internazionale nel mondo dell’arredo. Noto il successo delle auree Spiral Light del 1988 rincorse dall’iconica “S” chair che proiettò il suo nome oltre i confini del Regno Unito. «Una componente – come spiegano le curatrici Liliane Fawcett e Ambra Medda – che evolse dai primi prototipi in gomma riciclata intrecciata ai successivi in raffia, per poi venir sviluppata per materializzarsi in un arredo concepito a livello industriale. Lanciata da Cappellini nel 1989, con un’accesa copertura imbottita in feltro, la “S” chair raggiunse presto il suo iconico stato».

Quest’ultimo il primo debutto del product designer con il mondo della produzione di massa, a cui fece seguito la continua collaborazione con Cappellini e nel 1998 il nuovo ruolo come Head of Creative Design ad Habitat accompagnato dalla posizione di Creative Director per il gruppo fino al 2008. «Stare da Habitat fu in realtà come stare all’università, in un certo senso – spiega Dixon – mi insegnò tutto quello che unisce il design nella sua produzione…. È tutto a proposito di qualità, funzionalità e commercio puro».

In contemporanea, già nel 2002, la nascita del brand Tom Dixon attualmente con sede a Londra nel suggestivo complesso di The Coal Office a King’s Cross dove accanto allo show room e agli uffici convivono un caffe e l’omonimo ristorante già illustrato nell’articolo di Pantografo dedicato a Londra da vivere.

Anche Milano ha un suo spazio (raccontato su Pantografo).

In mostra oltre cinquanta oggetti del celebre autore. Un’esposizione non cronologica, come ci anticipa Liliane Fawcett, dove i pezzi vengono introdotti da curiose descrizioni illustrate a pavimento, scritte personalmente da Dixon. Sculture, maschere, corpi illuminanti e sedie gli elementi protagonisti, fabbricati non solo in metalli saldati quali le curiose Kitchen Chairs e le Crown Chairs del 1988. In fibra di carbonio il prototipo della carbon Chair per esterni del 2017, in fili di metallo lo studio scultoreo per l’ossatura della Pylon Chair e colori accessi per le Extruded chair del 2007 nate da plastica estrusa a forma libera.

In prima linea anche le ultimissime realizzazioni messe a punto nel periodo del lockdown, in cui l’autore sperimentò lavori in metallo di recupero saldato per sopravvivere alla noia e alle frustrazioni del Covid. Un’opportunità segnata dalla possibilità di trasferirsi nel Sussex e creare manufatti all’interno di una serra industriale in un vivaio di orchidee, lontano dalle regole di produzione e da quelle della rendita commerciale, privilegiando la sua intensa passione “per il fare” e il disegno di forme libere.

«Sia nell’impiegare antiche tradizioni nelle lavorazioni manuali – spiegano le curatrici – che in metodologie high tech, vi è sempre un atteggiamento fondamentale nell’ampio catalogo dei lavori di Dixon, uno che nonostante il suo indelebile contributo all’industrial design, ha conservato lo spirito rinnegato dei suoi primi lavori in metallo. I lavori presentati –  proseguono – contemplano Dixon attraverso la lente del designer come un artefice irrequieto e industrioso in continua esplorazione delle potenzialità di materiali e tecniche».

Tom Dixon: Metalhead, 40 Years In the making, curata da Liliane Fawcett e Ambra Medda, sarà a Themes & Variations fino al 13 gennaio 2024. La mostra coinciderà con l’ultima esposizione della galleria londinese che da fine gennaio si aprirà al mondo digitale e darà il via a una serie di mostre itineranti con il primo progetto dedicato ad esplorare il design Brutalista.

In copertina: ©Dan Fontanelli

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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