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I mestieri del cinema: l’assistente ai costumi

Tra ordini del giorno, vestiti e relazioni intrecciate con attori e registi. Frieda Basso racconta la sua esperienza sul set


Frieda Basso sul set di “The young Pope”

Internazionalità. Capacità di gestire lo stress. Ago e filo a tener insieme orli e competenze organizzative. Rispetto dei ruoli. Gavetta. L’assistente ai costumi sul set è quello che Frieda Basso, 33 anni e un discreto numero di film di cui può citare la collaborazione sul proprio curriculum, «un lavoro particolare, con equilibri delicati, dove conta molto il rispetto per le persone che hanno lavorato con te e sono stati tuoi insegnanti»

Frieda è una ragazza dalla voce squillante. Parla veloce e si prende il suo tempo prima di entrare nel dettaglio dei suoi lavori. L’impressione è che i cinque anni passati sul set, a confronto con i registi, gli attori, gli scenografi, le abbiano sciolto la parlantina mentre, insieme, le insegnavano a dire senza raccontare troppo.
Parole come «è un lavoro affascinante anche se non so quanto lo consiglierei ad occhi chiusi» diventano allora quasi un regalo per chi ascolta.


Dettagli di un mestiere in cui l’esperienza è (ancora) tramandata oltre che insegnata.


«Volevo fare la stilista», racconta, ma nelle aule della Sapienza quel sogno si è mescolato alla storia del costume e agli stages nelle sartorie teatrali. E poi al lavoro.
«Sono cresciuta nel tempo. Importantissimi sono stati gli anni passati nella sartoria Tirelli tra stage e corsi: lì ho conosciuto tante persone tra assistenti e costumisti, alternando pratica e studio»

Alla base teorica, per capire tagli e tessuti e le relazioni con i periodi storici, quello di assistente al set è un lavoro che affianca trasmissione della conoscenza attraverso l’esperienza. «Ogni film è una storia a sé. È un lavoro che si evolve e che molto risente del rapporto con il regista, con gli altri professionisti sul set, con gli attori. Carattere e personalità si esprimono al 100% nel bene e nel male visto lo stress a cui si è sottoposti».

Anche perché i tempi di lavoro non hanno una durata definita, sia in termini di giorni sia in quelli di ore sul set. Come quando Frieda lavorò al Casanova a Venezia, nel 2005: seguiva le figurazioni (le comparse) ed il numero di persone da seguire era enorme (circa 500); si iniziava a vestire alle 3 del mattino.«

Poi ci sono i viaggi. Che sono un’opportunità ma anche un continuo organizzare la propria vita personale in base alle produzioni e alle opportunità da non farsi sfuggire.

«È un lavoro dall’impatto molto forte», ragiona Frieda. E racconta ancora che nel cinema italiano lavora pochissimo: fin dall’inizio ha puntato sulle produzioni internazionali, partendo da Londra, fulcro europeo dell’industria cinematografica, e poi Giordania, Tenerife, Marocco…

Racconta del set. Di come girare un film sia diverso dal vederlo, con le riprese che hanno un ordine legato a criteri diversi da quelli della narrazione.


Il compito di un assistente sul set è fare in modo che tutto il necessario per tutte le figure in scena sia disponibile in un dato posto e all’ora specifica.


Chi, come, quando, in quale priorità, attraverso quali fornitori; gestendo caratteri e imprevisti (che non mancano mai). E imparando, ogni volta, qualcosa di nuovo. «Quando ci sei dentro è un vortice», confida Frieda. Che intanto sta anche provando a realizzare il sogno che l’ha portata sul set. Ma questa è un’altra storia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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