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Biennale di Venezia, al Padiglione Italia l’inno all’ascolto dell’arte

Il curatore Luca Cerizza racconta il progetto “Due qui / To Hear” dell’artista Massimo Bartolini; 800mila euro l’investimento della direzione generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura


Rapporto tra suono, ascolto e spazio. Il Padiglione delle jam session, l’ha chiamato il curatore Luca Cerizza, per la prima volta nella storia della Biennale d’Arte selezionato tramite un bando pubblico promosso dal Ministero della cultura (Mic).

A dare struttura alla “casa Italia” dal 20 aprile al 24 novembre 2024 alla 60esima Esposizione internazionale d’arte a cura di Adriano Pedrosa (primo latino a dirigere l’Internazionale d’Arte della Biennale, e di fatto il primo a risiedere nell’emisfero sud del mondo), l’artista Massimo Bartolini insieme a una polifonia di voci, con il progetto “Due qui / To Hear”. Un inganno fonetico che gioca sull’assonanza tra “two here” (due qui) e “to hear” (sentire), con una traduzione volutamente sbagliata, che vuole indurre a riflettere sulla “natura relazionale del suono”.

L’unica Biennale in tandem, per una settimana, con Roberto Ciccuto, pronto a lasciare il posto il 2 marzo al nuovo presidente Pietrangelo Buttafuoco.

«Abbiamo sostenuto il Padiglione Italia con 800mila euro di investimento a cui si aggiungono i 400mila euro degli sponsor», spiega Angelo Piero Cappello, direttore generale Creatività contemporanea del Ministero della cultura.


Un progetto dal forte carattere esperienziale.


«Una roulette di parole e di assonanze che suggerisce come l’atto di udire va insieme a una relazione: ci si incontra per ascoltarsi. Un’idea di ascolto fisico, con le opere sonore, ma anche metaforico. Un ascolto aperto: di sé stessi e dell’altro, ma anche di elementi naturali e di macchine. Declinazioni diverse del mettersi in contatto con l’altro», spiega il curatore.

Se, per Bartolini, l’arte è un percorso di conoscenza, il progetto suggerisce che il “prestare ascolto” può essere uno strumento per il miglioramento di sé stessi all’interno della comunità del mondo. Già dalla fine degli anni Ottanta Bartolini ha incluso nel suo lavoro elementi teatrali, sonori e relazionali. Ha disegnato spazi di percorrenza, performatività e incontro per attori, musicisti e il pubblico stesso.


«Useremo le grandi tese e il giardino, le tese nella loro essenza ed essenzialità, senza nessun tentativo di musealizzare lo spazio.


Inoltre, tutti i materiali possono essere riutilizzati per altri scopi: la sostenibilità al primo posto», spiega Cerizza.

Nel Padiglione convivranno opere scultoree, installative, sonore e performative, con il visitatore invitato ad accedere in tre spazi modellati su diverse esperienze acustiche e luoghi di incontro, in un alternarsi di pieni e vuoti, movimenti e soste.

Poche immagini e molti suoni. Nella realizzazione delle tre grandi installazioni che caratterizzano i diversi spazi, sono stati coinvolti: per il giardino, il musicista inglese Gavin Bryars (1943), che ha lavorato a un nuovo componimento per musicare una poesia dell’argentino Roberto Juarroz (1925- 1955), in cui si immagina di essere un albero, immobile e radicato al terreno, ma capace di ascoltare l’ambiente in modo più sensibile; per lo spazio centrale – una grande installazione ambientale attraversabile dai visitatori, in cui ci si muove alla ricerca di un equilibrio e di un centro, attraverso la musica – le giovani compositrici Caterina Barbieri e Kali Malone con un componimento inedito.
La terza installazione, l’unica figurativa dell’intero progetto, è frutto della rielaborazione dell’iconografia tradizionale del Bodhisattva buddhista, realizzata da Bartolini: un simbolo di immobilità apparente, che in verità invita a una relazione più profonda con l’ambiente e con l’altro.

Accanto alla mostra “Due qui / To Hear” si svilupperà un Public program di incontri, curato da Luca Cerizza in collaborazione con Gaia Martino. Ispirandosi alla nota frase Music is everywhere, if we only had ears (la musica è ovunque se solo prestassimo ascolto) del musicista, artista e teorico John Cage, il Public program alternerà conferenze, interviste, performance musicali, letture e conversazioni, momenti laboratoriali, con ospiti nazionali e internazionali, focalizzandosi sulle molteplici declinazioni del concetto di ascolto. Gli incontri saranno organizzati negli spazi del Giardino delle Vergini intorno a quattro temi portanti – natura / paesaggio, macchina, politica dell’ascolto, spiritualità – con l’obiettivo di dare voce alla prospettiva umana, sociale, spirituale ed ecologica che il progetto del Padiglione Italia intende suggerire. Tra i partecipanti: Elena Biserna, Nicoletta Costa, Attila Faravelli, Valentina Megaletti, Maurizio Maggiani, Enrico Malatesta, Nicola Ratti, George David Haskell, Brandon LaBelle, Diana Lola Posani, Tiziano Scarpa.

In copertina: Aiuola (Oporto), 2008 – Foto: Attilio Maranzano

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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