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Alla scoperta del cemento lunare: la ricerca di Università di Padova e Cnr

Lo studio, finanziato dall’Asi, è propedeutico alla costruzione di basi sul nostro satellite, con materiali del luogo


Un giorno torneremo sulla Luna. Per restarci, su basi lunari che dovremo costruire. Per farlo, l’opzione più sensata appare quella di utilizzare ciò che si potrà reperire sul posto. Ma l’ipotesi al momento è tutta da studiare. Geopolimeri per Additive Manufacturing e Monitoraggio Lunare (Glams): così si chiama il progetto biennale dell’Università di Padova finanziato con più di 400mila euro dall’Agenzia spaziale italiana (Asi), risultato vincitore del bando “Giornate della ricerca accademica spaziale”, al primo posto nell’area tematica “Materiali Avanzati”.


Il suo scopo è quello di realizzare elementi strutturali per la costruzione di basi lunari, grazie a una metodologia di stampa 3D che utilizza leganti cementizi formulati a partire da suoli lunari (regoliti).


Il che permetterà di minimizzare costi e impatto ambientale del trasporto di materie prime dalla Terra al suo satellite. Glams è coordinato dal Centro di ateneo di studi e attività spaziali “Giuseppe Colombo” (Cisas), in partnership con l’Istituto di Chimica della materia condensata e di Tecnologie per l’energia del Cnr (Icmate) di Genova e Wasp, azienda italiana attiva nel settore della stampa 3D. Responsabile scientifico è il professor Luca Valentini del dipartimento di Geoscienze. Carlo Bettanini e Giorgia Franchin del dipartimento di Ingegneria industriale guidano invece specifici work package.

L’equipe di ricerca intende ottimizzare il “cemento lunare” tenendo conto delle specifiche condizioni ambientali lunari, tra cui le elevate escursioni termiche, le ridotte gravità e pressione atmosferica e l’impatto di micro-meteoriti. Per questa ragione, gli elementi strutturati saranno realizzati con un processo produttivo da cui si otterranno materiali con struttura macro-porosa, in grado di conferire eccellenti proprietà di isolamento termico. Caratteristica, quest’ultima, che mitigherà il degrado dovuto ai cicli gelo-disgelo prodotti dalle estreme variazioni di temperatura. Inoltre, all’interno delle unità strutturali verranno integrati dei sensori per il monitoraggio degli impatti micro-meteoritici. In una prima fase del progetto, l’unità di ricerca dell’Università di Padova, sotto la guida di Valentini e Franchin, formulerà i “leganti geopolimerici” ottenuti dall’attivazione chimica della regolite lunare: questo tipo di legante non prevede l’utilizzo del classico cemento Portland, utilizzato di norma per la costruzione in ambiente terrestre. In questo modo si otterrà un taglio delle emissioni di CO2, e le proprietà allo stato fresco di questi leganti verranno ottimizzate per consentire una corretta estrusione tramite stampa 3D.

Successivamente, l’Icmate selezionerà quegli agenti schiumogeni che meglio consentiranno di conferire una struttura macro-porosa al legante geopolimerico indurito. I partner di Wasp si occuperanno di implementare le formulazioni ottimizzate durante le fasi precedenti del progetto, realizzando un prototipo di elemento strutturale, con struttura macro-porosa, a media scala, stampato in 3D. Infine, il gruppo coordinato da Bettanini provvederà alla sensorizzazione degli elementi strutturali, così da ottenere un monitoraggio continuo degli impatti micro-meteoritici. L’auspicio è che i risultati del progetto Glams possano contribuire a soddisfare le esigenze delle agenzie spaziali che prevedono, entro il prossimo decennio, di realizzare missioni spaziali volte a costruire habitat lunari che possano ospitare insediamenti umani semi-permanenti. E chissà che, come spesso accade nella ricerca, questo progetto non ci regali conoscenze e applicazioni utili anche sulla Terra.

Foto in copertina: ©Wikimedia

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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