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Triennale e Carcere di San Vittore: un progetto comune (e un concorso) per educare alla bellezza

Dialogo tra il direttore Giacinto Siciliano e il Presidente della Triennale Stefano Boeri


Triennale Decameron è un progetto della Triennale di Milano sviluppato a partire dallo spunto del Decamerone di Giovanni Boccaccio, che narra di un gruppo di giovani che nel 1348 per dieci giorni si trattennero fuori da Firenze per sfuggire alla peste nera, e a turno si raccontarono delle novelle per trascorrere il tempo. Uno dei protagonisti di questa kermesse, in programma ogni giorno alle 17, è stato Giacinto Siciliano, direttore della casa circondariale di Milano San Vittore, intervenuto nella maratona di storie-instagram, per raccontare e commentare come l’emergenza Covid-19 venga vissuta negli istituti carcerari, anche in riferimento all’onda di proteste esplose in varie carceri d’Italia, dettate dalla sospensione dei colloqui familiari.

È un momento difficile per i detenuti ma anche per gli operatori che devono gestire la situazione di assoluta emergenza

Giacinto Siciliano

“È un periodo complesso e difficile: tutto quello che si sta vivendo fuori, dentro le case circondariali è amplificato. Le mura separano le persone dalla città e le proteggono, ma sono anche un limite: chi vive dentro fatica a vivere le restrizioni, gli spazi sono stretti e c’è poco margine di movimento. Si aggiunga che le attività previste in condizioni normali sono quasi tutte sospese. È un momento difficile per i detenuti – racconta Siciliano – ma anche per gli operatori che devono gestire la situazione di assoluta emergenza, mantenendo la calma e al contempo assicurandosi di non essere veicolo di contagio del virus per chi sta dentro”.

Siciliano dal 1993 ha ricoperto incarichi dirigenziali in importanti strutture penitenziarie (Busto Arsizio, Monza, Trani, Sulmona, Milano Opera) e per Triennale Decameron ha dialogato con Stefano Boeri, raccontando la situazione “vista da dentro”. “Magari, una volta passata questa emergenza – racconta Siciliano – avremo imparato ad apprezzare di più il valore del tempo, della libertà, e l’importanza di mantenerla a fronte di comportamenti che portano a condizioni di restrizione”.

Triennale e Carcere di San Vittore guardano al futuro e contano di poter riprendere al più presto le fila di un progetto, che valorizzi la loro localizzazione, per scommettere sull’idea “che ci può essere un terreno comune – ha spiegato Boeri – per cercare di migliorare la qualità e la bellezza degli spazi della vita quotidiana”. “Il carcere di Milano – ha aggiunto Siciliano – è uno dei simboli della memoria della città, la struttura è andata in decadenza negli anni, ma rilanciarla, riprogettandone gli spazi comuni, le celle, proponendone una rinascita, è per noi una sfida”. Non è la prima volta tra l’altro che il Carcere si confronta con il tema del design: un paio d’anni fa, ad esempio, nell’ambito dell’iniziativa “Stanze Sospese” sono stati progettati dei prototipi di arredi, esposti al fuorisalone di Milano e installati in una cella-campione.

Si reagisce, si ragiona su obiettivi nuovi interrogandosi su cosa può essere il carcere di domani

Giacinto Siciliano

Il momento contingente non frena i sogni. “L’emergenza attuale, con vere e proprie rivolte che hanno portato alla devastazione anche di alcune aree del nostro istituto – ha ricordato Siciliano – ha rafforzato la nostra consapevolezza che c’è chi non ha una cultura del bello e chi fatica a raccoglierla”. Nonostante lo sconforto, “si reagisce, si ragiona su obiettivi nuovi – racconta il direttore – interrogandosi su cosa può essere il carcere di domani: bisogna lavorare sulla cultura delle persone, prestando attenzione al tempo e allo spazio. Serve un progetto, altrimenti la violenza prevarrà”.

Da qui l’idea di coinvolgere il mondo della creatività: “bandiremo un concorso di idee, ci rivolgeremo soprattutto ai più giovani – anticipa Stefano Boeri – per avere delle proposte innovative per gli spazi della vita carceraria. Questa sinergia potrà essere un modello anche per altre istituzioni culturali e carcerarie, per sperimentare vie di collaborazione, virtuose e utili per entrambe”.

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