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Le trasformazioni di Porta Nuova a Milano simboleggiate dal Six

Ha aperto i battenti lo spazio creativo che fa dialogare imprenditoria, design e food


A Milano ha aperto i battenti la nuova sede di Six, lo spazio creativo che pone a dialogo imprenditoria, design e food. La sua formula vincente risiede nella sinergia fra le varie anime che popolano il locale, un luogo concepito come una splendida casa che si caratterizza per la fluidità degli ambienti, organizzati per aree che si articolano senza soluzione di continuità. Qui la creatività si esprime in molteplici forme, complementari le une alle altre: «Six è un contenitore –racconta il proprietario Mauro Orlandelli a proposito del modello di business–. Un ristorante per business lunch di giorno, una galleria di design, uno spazio espositivo per mostre, un cocktail bar la sera e un ristorante gourmet. Un luogo per eventi e shooting, un club dove fare musica live e con dee jay set. La versatilità della location è il nostro modello. – prosegue – La poliedricità dei contenuti e soprattutto la proposta di contenuti. Versatilità che si riflette nella varietà del nostro pubblico, che ha un solo comun denominatore: la ricerca di qualità, di eccellenza, di cultura. Sia essa culinaria, artistica, di design o semplicemente di bellezza».


Tutto questo accade a Porta Nuova, in un contesto che negli ultimi anni sta vivendo un periodo di grandi trasformazioni urbane in chiave sostenibile.


Siamo in un’area dove l’architettura contemporanea è protagonista e si sta esprimendo ad alti livelli, con interventi firmati da nomi del calibro di Stefano Boeri, Pelli Clarke Pelli Architects, Studio Piuarch, Mario Cucinella Architects, Michele De Lucchi, Cino Zucchi Architetti, Kohn Pederson Fox Associates, solo per citarne alcuni. È quindi il posto giusto per Six, nato con una vocazione dichiarata per il design. Ed è il luogo giusto per tutti coloro che, interessati ai temi della progettualità, dopo una pausa da Six potranno esplorare il quartiere.

Se ad appagare la vista è il design, ad allietare il palato ci pensa Jacopo Calcagnile, lo chef che propone un menu frutto del recupero dei grandi classici della cucina mediterranea con accenti internazionali. Ingredienti a base biologica, rispetto della stagionalità, filiera corta, zero sprechi, freschezza e autenticità sono le parole chiave della sua filosofia di cucina. «Il nostro menu è tradizionale nel cuore ma aperto. Materie prime freschissime, produzioni artigianali e tecnologia ci permettono di riproporre i nostri piatti giornalmente con il minimo degli sprechi e il massimo della sostenibilità», spiega Orlandelli.
Lo chef ha strutturato un’offerta per il pranzo che ruota attorno a cinque antipasti, cinque primi, cinque secondi e quattro dolci. Fra questi troviamo Ceviche di ricciola in riccio di Bretagna con mais gigante del Perù e cipolla caramellata, Raviolone ripieno di guancia di manzo stracotta in acqua di polpo, Ribeye di cavolfiore alle sette spezie di Baharat con kefir e patate rotte alla paprika affumicata. Anche il menù serale prevede numerose incursioni nell’ambito delle differenti culture culinarie, proponendo piatti come Melanzana caramellizzata al miso, hummus di ceci al curry, insalatina di erbe e Astice, pomodori Kumato, cipolla di tropea, erbe, citronette al lime e alga dulce  Fra i dolci non perdetevi la Bavarese allo champagne con coulis di lamponi. La domenica, poi, è il momento del brunch all’insegna del gusto italiano.

La creatività è protagonista anche al bancone bar, dove il mixologist e bartender Gabriele Dodi è autore di una lista di dieci aperitivi fra grandi classici rivisitati e novità per un mix di sapori dal grande impatto visivo, realizzati con tecniche innovative come la fermentazione sottovuoto. Non andate via senza aver provato almeno MI (bitter, distillato di melanzana bruciata, aria di rosmarino) e Apfelstrudel (gin, apple icewine, chartreuse, pinoli, mela, cannella).
Lo scenario che accoglie tanta ricchezza di proposte è firmato da Francesco Rota, autore del progetto degli interni, degli esterni, degli arredi e dei complementi, con la direzione artistica di Samuele Savio. Gli spazi, dove pezzi di design su misura si alternano a quelli danesi, si caratterizzano per la modularità e la convertibilità, oltre che per il rapporto osmotico con l’esterno attraverso le ampie superfici vetrate. Il bancone di quindici metri in pietra lavica rappresenta il fulcro di Six, dietro il quale si cela il tunnel cantina in scandole di cedro destinato a eventi privati. A partire dal bancone si apre una sala caratterizzata da una teoria di isole con sedute e piani di altezza diversi destinati ad accogliere sia i pranzi e le cene di lavoro sia le occasioni più informali. Luci calde e soffuse illuminano i materiali utilizzati: legno, ceramica, pietra, metalli verniciati, ottone, ferro crudo, lamiera, tessuto e pelle, mentre i pavimenti sono realizzati con un impasto cementizio a grana grossa riquadrato da listelli in ottone. Anche gli spazi esterni sono a cura di Rota e sono concepiti per creare un filtro fra il locale e le vibranti dinamiche della città.

Il verde, presente con generosità da Six, è l’elemento che crea la connessione fra interno ed esterno. La sua progettazione è stata affidata a Francesca Scalise, autrice di un intervento che, senza soluzione di continuità, viaggia dall’interno all’esterno. La progettista ha selezionato essenze arboree sempreverdi accompagnate da piante a foglia caduca, scelte per il loro mutare e fiorire nei diversi momenti dell’anno. Nella stagione invernale trasparenze, giochi di luce, intrecci e ramificazioni mettono in evidenza il verde all’interno di Six. La progettista ha giocato volutamente con piante fuori scala che si integrano con il contesto esterno e interno dove tutto, a partire dall’imponente bancone, si distingue per il sovradimensionamento. L’impianto del verde esterno è completato da piante aromatiche e da arbusti che aiutano a dare continuità alle fioriture durante l’anno.

In copertina: Six, Milano. Progetto: Francesco Rota. Ph. ©Federico Cedrone

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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