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Il mare di Aimone Sambuy. Scrive di navi e dipinge pesci

A Milano fino al 31 luglio la mostra Pescado: opere marine curata dalla Galleria Jannone. Disegni di Architettura


“Alcuni uomini somigliano alle navi. Come loro, si portano addosso una malinconia, un carico e un odore, fatti per lo più di ferro dipinto, solvente, ruggine, ricordi, solitudine, incidenti e silenzio. Non è difficile incontrarli perché in verità trascorrono la maggior parte della loro vita mescolati ad altri esseri umani. Esercitano tutti e mille i mestieri conosciuti, abitano alle volte al piano di sotto, percorrono le nostre strade e, sebbene scelgano i ristoranti senza particolare riguardo alla qualità del cibo, non sarà difficile scorgerli un po’ ovunque, cercando tra i tavolini più defilati. I loro luoghi sono quelli di tutti. Non sono eremiti o santi, non hanno discepoli, non hanno verità conclamate da passare ai posteri, e in quanto alle opinioni sarà difficile sentirle dalla loro bocca”.

Aimone Sambuy è nato a Torino nel 1951. Vive e lavora a Milano. È un pittore del nord che frequenta rotte e approdi di tutti i mari. Dipinge tutto ciò che sta sopra e sotto il filo dell’acqua ed è poeta della solitudine.

È lui il protagonista della mostra curata dalla Galleria di Antonia Jannone. Disegni di architettura aperta a Milano fino al 31 luglio allo Spazio Schiffini (via Visconti di Modrone, 12). Una mostra dedicata al tema del mare che integra i dipinti di Sambuy con le sculture in ferro di Giovanni Tamburelli. 

Sambuy mette in mostra i suoi pesci e scrive di navi. Il testo citato in apertura è tratto dal suo saggio “Come Navi”.

 

 

Ci sono uomini che assomigliano alle navi, dice Sambuy. “Sono persone elusive e lontane dal clamore delle arene, di qualsiasi natura e genere. Hanno da sempre bandito la prima persona plurale, sono in ogni modo parchi nell’uso dei pronomi e nella fattispecie non gradiscono in alcun modo sentire dire ‘mio’ ”. E ancora, “valutano con prudenza e spesso sono considerati noiosi, cosa di cui non si curano nel modo più assoluto, ma anzi incoraggiano con garbate allusioni all’immediato sviluppo del tempo meteorologico, un espediente infallibile per essere subito dimenticati. Non per questo si possono considerare taciturni, anzi. La sera, a tavola, dopo una giornata particolarmente faticosa metteranno il cuore ghiacciato dai venti di gennaio in un bicchiere di vino e allora sarà possibile udire il tintinnio dei cristalli di neve sciolti dal calore della compagnia”.

“Nell’azzurro delle sere d’inverno quando le luci tremano dietro ai vetri bagnati, se ne andranno senza un rumore, senza un segnale, la loro partenza nel buio sarà un tranquillo sparire. Nel sacco sulle spalle il minimo necessario, ma sempre un pezzo di sapone, due libri e lacci di ricambio per le scarpe”.

“Dicono che questi uomini come i marinai in congedo cerchino sempre il mare. Scendono quando è possibile al porto e si aggirano tra gli scafi in secco fiutando l’odore d’alghe portato dallo scirocco. Gettano uno sguardo alle latte posate per terra accanto ai pescatori, dove quei pesciolini appena presi all’amo guizzano come scaglie d’argento a cercare l’ossigeno nell’acqua, e se ne vanno pensando a chissà cosa”.

Il testo integrale si può leggere alla pagina web dell’artista.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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