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La strada infinita, quando una via racconta tutta la città

Il film di Alberto Valtellina e Paolo Vitali sarà presentato all’Istanbul international architecture and urban films festival


“La strada infinita”, locandina

Hanno la caratteristica di essere connessi a tutti gli altri spazi, ma in modo da neutralizzare l’insieme delle relazioni che essi stessi designano. Sono luoghi reali, il filosofo francese Michel Foucault li chiamava eterotopie. Una mappatura di assi territoriali che invitano a guardare la città con altri occhi.

Verrà proiettato in anteprima al Festival Open Your Eyes di Bergamo, il 3 ottobre 2023, “La strada infinita”, un film di Alberto Valtellina e Paolo Vitali che parla di intrecci urbani. Dopo l’ouverture alla kermesse di cinema, ambiente e sostenibilità, si replicherà all’Istanbul international architecture and urban films festival in scena dal 9 al 14 ottobre 2023.

«Il film è la nostra ultima produzione, un film a chilometro uno e mezzo, che invita a (ri)vedere e a (ri)pensare la città», racconta Valtellina che insieme a Vitali ha scritto e diretto il lungometraggio.

È il racconto di un antico asse territoriale lungo il quale si è strutturata una porzione della città. Proprio in virtù del suo rango la strada continua a svolgere un ruolo ordinatore, di armatura, anche in epoca moderna, diventando l’attestamento di una serie di grandi complessi e spazi che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, attrezzano la città in espansione e danno forma alle nuove esigenze.


Luoghi che rifiutano la logica dell’omogeneità del tessuto urbano e si impongono come realtà coerenti e autonome.


I confini, già incerti, sfumano definitivamente, rendendo impossibile ogni delimitazione o attribuzione di pertinenza. Un recinto di molti isolati, di aree senza più funzione: la fabbrica, l’ospedale, il cimitero monumentale, il centro commerciale, il mercato ortofrutticolo, tutto cambia e spesso si svuota di vita e di progettualità. Il racconto di questa struttura urbana a Bergamo avviene attraverso alcuni edifici “simbolo” che, per loro caratteristiche, trascendono la semplice dimensione dell’appartenenza al contesto locale e si fanno portatori di altre visioni che rendono impossibile definire con esattezza una loro pertinenza. Questa loro dimensione trans-spaziale attinge a immaginari distanti e non può essere raccontata solo attraverso il manufatto fisico. Necessita delle parole di chi ha avuto a che fare con essi, di chi li ha abitati o anche semplicemente di chi è stato testimone della “vita” e “vissuto”.

S’incontra un proiezionista che avrebbe voluto proiettare le pellicole (che oggi sono solo digitali), una medievalista e un giovane che ha tatuato sul braccio il nome della piazza, ma anche un sindacalista nostalgico che nella spianata racconta di quando lì era in attività una grande fabbrica, uno studioso del territorio che parla di “una città d’acque”, operatrici sociali alle prese con un progetto di ristrutturazione, un giostraio e la figlia, un esule dalla Dalmazia dopo la Seconda guerra mondiale, un padre e una figlia al mercato ortofrutticolo e un’insegnante consapevole dell’uso degli ambienti scolastici. Non mancano gli spazi, ma il punto è che bisogna dare vita agli spazi. Ci sono luoghi che escludono e luoghi che includono. La città vive attraverso la storia di tutto ciò che rimane aggrappato a questa strada. Un architetto scontento racconta di quanto il tempo si sia accanito su un suo progetto, dirigenti di una squadra di basket discutono preoccupati a causa di un intervento urbanistico. Sono tutti testimoni e attori che ripercorrono questi spazi peculiari e li raccontano dall’interno, facendoci capire come la loro identità non sia più sovrapponibile a un’idea di luogo intesa come semplice porzione di spazio fisicamente limitata.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

In copertina: © Fotogramma del film “La Strada Infinita” di Alberto Valtellina

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