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Il futuro di Napoli tra rigenerazione e archeologia

I grandi lavori pubblici, troppo spesso frenati dai cantieri, si fanno spazio verso una convivenza intelligente


Napoli è una città dove l’antico e il contemporaneo si mischiano e sovrappongono continuamente, generando una serie di contrasti e bellezze che la rendono affascinante agli occhi di tutto il mondo. La vita frenetica della città prosegue tutti i giorni senza sosta, coprendo coi suoi rumori un sottosuolo pieno di storia e cultura.

Napoli convive con tutte le sue età, che si mostrano appena si svolta l’angolo, inoltrandosi tra i suoi vicoli. Le tracce del primo nucleo della città, Partenope, fondata intorno alla metà del VII secolo a.C. da parte dei Cumani, si intrecciano con quelle di Neapolis, la città nuova poi diventata municipium romano.

Il territorio della città si caratterizzava come una piattaforma tufacea in pendenza verso il mare. Per questo, per poter avere un impianto urbano regolare, fu regolarizzato con dei grossi muri di terrazzamento. La città fu quindi definita prima costruendo le mura esterne e successivamente all’interno con una architettura nuda: mura di tufo che articolavano lo spazio destinato alla costruzione delle piazze e dei templi.


Per capire la Napoli antica basta passeggiare per il centro storico, dove i segni della vecchia Neapolis sono tutt’oggi presenti nelle trame di una città che continua a vivere sulle sue antichità.


Un esempio concreto del perimetro murario dell’epoca si può ammirare presso la Chiesa di Sant’Aniello, dove le mura greche si affiancano a quelle romane; qui è ancora possibile riconoscere distribuzione dei vicoli, tipica delle città greche.

Come spesso accade, l’orrore della guerra coi suoi bombardamenti rappresenta una vera fortuna per lo studio dell’archeologia. Napoli fu bersaglio di numerosi attacchi aerei nel 1943, colpendo diversi edifici sacri di valore storico come, ad esempio, la chiesa del Carminiello ai Mannesi, dalle cui macerie sono emersi i resti di un grosso edificio di epoca romana. Nel 1949 in via Nicotera, mentre si stavano scavando le fondamenta per la ricostruzione di un edificio dopo i bombardamenti dell’ultima guerra, è stata scoperta la necropoli di Pizzofalcone, di origine cumana.

Il terremoto dell’Irpinia del 1980 si fa sentire pesantemente anche a Napoli, dove nei successivi anni inizia un lungo lavoro di messa in sicurezza delle fondamenta di numerosi edifici cittadini, aprendo un vaso di pandora che svelerà negli scantinati inimmaginabili tesori: gli ipogei della Napoli sotterranea. Molto famosi sono gli ipogei ellenistici, antiche tombe rupestri che insistevano nella valle del quartiere Stella, che hanno portato Napoli a diventare un punto di riferimento per gli studi dell’ellenismo mediterraneo.

Carminiello ai Mannesi, © Wikimedia Commons

L’Ipogeo dei Togati, ad esempio, è di straordinaria importanza, visto che la camera funeraria è ancora ingombra di materiale alluvionale e quindi potrebbe celare ancora i sarcofagi dell’epoca.
L’intero centro storico di Napoli è un grande parco archeologico urbano, capace non solo di scoprire il suo patrimonio ma anche di conservarlo e diffonderlo: nel deposito mezzi della linea uno della metropolitana, a Piscinola, si trova una biblioteca archeologica di eccezionale valore. Qui sono anche conservati i materiali ritrovati duranti gli scavi della stessa linea.


Il compito dell’archeologia urbana è quello di cercare risposte nel sottosuolo, aiutandoci a ricostruire la storia delle città grazie alle sue dinamiche evolutive.


Napoli vive da sempre questa difficile ma affascinante contraddizione: affrontare un percorso di rigenerazione, che risponda alle esigenze della città, rispettando i vincoli dell’archeologia urbana. Questa difficile convivenza si tramuta in un constante dibattito sul futuro paesaggistico ed architettonico della città.

«Il tema della compatibilità tra gli elementi archeologici e i grandi lavori pubblici è stato a lungo dibattuto. È vero che la città soffre da circa una generazione questi lavori della metropolitana, ma è altresì vero che è sempre stato raggiunto l’obiettivo di mantenere attiva la linea metropolitana, continuando parallelamente con i lavori archeologici», dichiara Luigi La Rocca, Soprintendente Sabap Napoli.

Sempre La Rocca ha poi precisato che: «Gli scavi eseguiti parallelamente alla realizzazione della Linea 1 della metropolitana sono stati anche una eccezionale occasione di conoscenza della storia della città, dell’area fuori dalle mura e soprattutto del porto; si è compreso che questo è stato da sempre collocato nella depressione dell’attuale piazza Municipio e che intense sono state le opere di sistemazione delle infrastrutture portuali a partire dall’età arcaica e si può dire fino a oggi»; ciò ha quindi permesso di definire meglio l’organizzazione di questa area interessata dalla presenza di una strada costiera su cui erano posti in età romana stabilimenti termali e poi la realizzazione dei quartieri delle aristocrazie angioine intorno al Castel Nuovo e, ancora le successive sistemazioni di epoca aragonese, ben documentate dalla tavola Strozzi, le fortificazioni vicereali e poi le trasformazioni di epoca borbonica. «Tutto – ha concluso il soprintendente – sarà documentato e valorizzato all’interno di un grande parco archeologico urbano in fase di realizzazione».



La riqualificazione in corso nella stazione Duomo della metropolitana è l’esempio più concreto di questa convivenza e di come si possa trovare una via comune. Nel 2021 è stata inaugurata la stazione, dopo un cantiere durato 20 anni a causa dei ritrovamenti di un tempio romano dedicato ai giochi Isolimpici, risalente al I secolo d.C. Il progetto è stato curato dall’architetto Massimiliano Fuksas, che realizzerà nei prossimi anni l’avveniristica cupola di vetro che permetterà di ammirare il tempio dall’esterno della stazione.

La ricerca archeologica che si svolge nella città è importante non solo ai fini della conoscenza e della tutela del patrimonio, ma vuole anche restituire ai cittadini una storia che è scritta nella terra e che va tutelata. Gli scavi si connotano quindi come un fenomeno di conoscenza, un modo per restituire alla città le bellezze del suo passato e diffonderle alle future generazioni.

 

Foto in copertina: Duomo Station on Napoli Subway, © Studio Fuksas

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