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Il Carso evaporitico dell’Appennino emiliano-romagnolo nel patrimonio del’Unesco

Il complesso del nord Italia è un unicum per le condizioni climatiche subtropicali umide e un contesto geologico peculiare


Oltre 900 grotte carsiche gessose estese su un’area di 100 km, alcune a una profondità di 256 metri: il Carso evaporitico e le grotte dell’Appennino settentrionale entrano a far parte del patrimonio mondiale dell’Unesco, nella lista dei nuovi 42 siti, di cui 33 culturali e 9 naturali, che portano il numero totale a 1.199 in 168 Paesi.

Il complesso italiano, che rappresenta il primo e più studiato carso evaporitico del mondo è un unicum considerando le condizioni climatiche subtropicali umide e un contesto geologico peculiare: le rocce si sono formate nel corso dei millenni a seguito dell’evaporazione delle acque marine e alla concomitante concentrazione dei sali minerali, tra cui appunto il gesso. Sette i siti fra le province di Reggio Emilia, Bologna, Rimini e Ravenna: Alta Valle Secchia, Bassa Collina Reggiana, Gessi di Zola Predosa, Gessi Bolognesi, Vena del Gesso Romagnola (che include le tre aree dei Monti Penzola, Casino e Mauro), Evaporiti di San Leo e i Gessi di Oferno.


E non sono solo le grotte il fiore all’occhiello: imponente il patrimonio floreale, per non parlare della colonia di pipistrelli che conta circa 8mila esemplari di sette specie diverse, tra cui il miniottero, specie a rischio estinzione.


Il Comitato del Patrimonio mondiale dell’Unesco – l’organo di governo della Convenzione sul Patrimonio mondiale composto da 21 Stati membri in rappresentanza dei 195 Stati parte della Convenzione – ha deciso inoltre di non iscrivere Venezia e la sua Laguna nella Lista del Patrimonio in pericolo, ma ha ribadito le proprie «preoccupazioni riguardo alle importanti questioni che restano da affrontare per la corretta conservazione del sito, tra cui quelle legate al turismo di massa, ai progetti di sviluppo e ai cambiamenti climatici. Devono essere compiuti ulteriori progressi», fa sapere l’Unesco in una nota annunciando che il Comitato ha chiesto di invitare una missione consultiva del Centro del Patrimonio mondiale, dell’Icomos (il Consiglio internazionale per i monumenti e i siti) e dell’Iccrom (il Centro Internazionale di Studi per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali) e di presentare un rapporto entro il primo febbraio 2024, per riesaminare lo stato di conservazione del sito alla 46a sessione del Comitato nell’estate del 2024. «La protezione di questo sito del Patrimonio mondiale deve rimanere una priorità per l’intera comunità internazionale». Due invece i siti ucraini iscritti nella lista del patrimonio mondiale in pericolo, a causa delle minacce legate ai bombardamenti: la Cattedrale di Santa Sofia e il complesso di edifici monastici e della Lavra a Kyiv-Pechersk e l’insieme del centro storico di Lviv che vanno ad aggiungersi al Centro storico di Odesa, iscritto a gennaio di quest’anno per lo stesso motivo. L’iscrizione rafforza ulteriormente le misure di conservazione locali e apre le porte al sostegno tecnico-finanziario internazionale.

Fra i 42 nuovi siti del patrimonio Unesco molti sono quelli europei: ci sono i siti funerari e commemorativi della Prima guerra mondiale localizzati di Belgio e Francia, il Centro storico di Guimarães e Zona Couros in Portogallo (un’estensione del Centro storico di Guimarães già iscritto nel 2001), il Planetario Eisinga di Franeker nei Paesi Bassi, il Paesaggio culturale di Zagori in Grecia, i siti preistorici di Minorca Talaiotica in Spagna, la Maison Carrée di Nîmes in Francia, i vulcani e le foreste del Monte Pelée e dei Pitons della Martinica settentrionale (territorio francese), le Fortezze ad anello di epoca vichinga in Danimarca, il patrimonio ebraico-medievale di Erfurt in Germania. Con 5 nuovi siti iscritti quest’anno, l’Africa ha raggiunto il traguardo simbolico dei 100 siti. Tre i nuovi Siti della Memoria legati a conflitti: il Museo e luogo della memoria dell’Esma – ex centro clandestino di detenzione, tortura e sterminio dell’Argentina -, i siti commemorativi del genocidio del Ruanda (Nyamata, Murambi, Gisozi e Bisesero), e i già citati siti del fronte occidentale della Prima guerra mondiale di Belgio e Francia.

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In copertina: The “mammelloni” on the ceiling © Graziano Agolini

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