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Hélène Binet: l’anima della fotografia è la sua relazione con l’istante

In mostra alla Royal Academy of Art di Londra


Alla Royal Academy di Londra, un incontro con l’architettura attraverso la lente di Hélène Binet. Linee di luce che esaltano i dettagli del costruito, ne ritagliano frammenti e creano opere d’arte. In mostra 90 fotografie firmate Binet, nota per l’interazione di luci e ombre, attenta ai particolari e agli elementi architettonici essenziali del costruito, ai materiali e alle trame. Protagonisti della rassegna venti progetti firmati da dodici architetti tra i quali si leggono i nomi di archistar come Zaha Hadid, Daniel Libeskind o Peter Zumthor, costanti nelle loro collaborazioni professionali con la celebre fotografa.

Nata a Sorengo e con nazionalità svizzero-francese, Hélène trascorse gli anni della formazione a Roma dove ha studiato fotografia all’Istituto Europeo di Design. Tempi seguiti da una significativa esperienza al teatro lirico del Grand Théâtre di Ginevra dove fu impegnata nel riprendere rappresentazioni di scena, per poi dedicarsi quasi esclusivamente a lavori architettonici, incoraggiata con successo da Daniel Libeskind, John Hejduk e Alvin Boyarsky.

Inaugurata lo scorso 23 ottobre, l’esposizione londinese segna anche il primo evento alla Royal Academy of Art curato da Vicky Richardson, nuova Head of Architecture and Heinz Curator dell’accademia. Toni nelle sfumature del grigio per la sceneggiatura dell’esposizione che rivisita 30 anni della carriera di Binet e si organizza in gallerie tematiche. Interni dove prevalgono raffigurazioni in bianco e nero, elemento di predilezione e forte riconoscimento per i suoi scatti. Il suo motto: L’anima della fotografia è la sua relazione con l’istante.

Fotografie che non propongono la totalità dell’intervento e si concentrano verso la scelta di dettagli. Costante la ricerca di semplicità estratta dalla complessità dei progetti, attraverso immagini, raramente con uso del colore, che si rapportano a luce, spazio e forma seguite da una continua attenzione verso gli elementi essenziali del costruito quali i soffitti e le pavimentazioni.


Filo conduttore del percorso l’esplorazione delle connessioni tra idee, luoghi e paesaggio.


Un evento che ci accoglie con una delle immagini più iconiche della fotografa, raffigurando la Stazione dei Pompieri Vitra di Zaha Hadid a cui fanno seguito gli scatti dell’Osservatorio Jantar Mantar di Jaipur in India e il Monastero di La Tourette in Francia di Le Corbusier, accesi da giochi di luci e ombre.

Grande spazio alla collaborazione tra Binet e Zaha Hadid, sia per lavori ultimati che ancora in cantiere, nella galleria successiva dove convivono immagini del MAXXI di Roma, del Riverside Museum of Transport di Glasgow e del Centro Rosenthal per l’Arte Contemporanea di Cincinnati. Progetti affiancati da immagini di interventi di architetti forse meno noti ma con una simile passione verso l’uso di materiali con una forte componente espressiva, crudi e privi di motivi decorativi. Un esempio è la forma scultorea del ponte in calcestruzzo di Sergio Musmeci a Potenza collegato visualmente al monumentale Phaeno Science Centre sempre di Zaha Hadid.

L’osservazione di elementi essenziali d’architettura è il motivo dell’ultima sezione della mostra. In primo piano parti costitutive dei Bagni termali di Vals in Svizzera, firmati da Peter Zumthor, dove gli oggetti del costruito vengono raffigurati nella loro semplicità, accesi solo da riflessi di ombre e linee di luce. Accanto alle immagini di interventi recenti foto del paesaggio e dei percorsi dell’Acropoli su disegno di Dimitris Pikionis negli anni ‘50.

Sguardo su contenuti del passato anche per le rappresentazioni della chiese londinesi dell’architetto Nicholas Hawksmoor del XVIII secolo accanto alle foto del Lingering Garden di Suzhou in Cina, con aree che risalgono al XVI secolo. Siti storici dove si rivela di nuovo la sensibilità e l’ interesse universale dell’autrice nel riprendere elementi essenziali dell’architettura.

Forte sostenitrice della fotografia analogica, Binet lavora quasi esclusivamente con pellicole e ha stampato a mano nella camera oscura del suo studio londinese molte delle foto presentate nella rassegna, che allestita fino al 23 gennaio 2022.

«Spero che i visitatori usciranno da questa mostra – spiega Binet – sentendosi più vicini all’arte del fare dell’architettura e forse possano anche vedere gli spazi che appartengono alla propria vita ed esperienza in un modo nuovo. «Lavorare su questa mostra à stato come incontrare vecchi parenti e amici, realizzare quanto rilevanti siano ancora per me e per le idee che continuo a sviluppare nel mio lavoro».

Foto in copertina: Hélène Binet, Zaha Hadid Architects, Riverside Museum of Transport, Glasgow, United Kingdom, 2010. Digital black-and-white silver-gelatin print, 80 x 102 cm. Courtesy ammann // projects. © Hélène Binet

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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