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Freak of Nature: foreste di bambù su 800 spazi sfitti

Street art contro l’abbandono urbano per far aprire gli occhi su quelle che sono le possibili conseguenze


Foreste di bambù, cascate di fiori e distese di intricata vegetazione che spuntano all’improvviso e invadono di colori e segni, in centro storico e non solo, i vuoti urbani, i negozi sfitti, spazi abbandonati e strutture fatiscenti. Sembra il paradigma inverso del modello di sviluppo insostenibile che troppo spesso caratterizza le nostre città: uno “scherzo della natura”, alla riconquista del proprio spazio nel tessuto urbano. Non a caso, è proprio questo – Freak of Nature – il nome d’arte della street artist che ha scelto, con le sue opere, di richiamare l’attenzione su quegli angoli di città, più o meno ampi, ignorati e lasciati all’abbandono nell’indifferenza quotidiana.

«Rendere visibile ciò che troppo spesso vogliamo o finiamo per ignorare», così definisce il proprio impegno l’artista di origine milanese ma veneta d’adozione, che preferisce non rivelare il suo nome. Le città del Veneto sono divenute il suo laboratorio: «È da una quindicina d’anni che la mia attenzione si sofferma sull’idea di abbandono, urbano e umano. La street art è una corrente artistica consolidata, anche se in Italia non sempre è riconosciuta e quasi sempre si esprime fuori dai centri cittadini. Nelle città venete, talvolta, sembra essere diventata pura decorazione: magari tramette messaggi positivi, ma senza andare oltre. L’arte invece deve essere un megafono, risvegliare le coscienze anche su quello che non vogliamo vedere. E i centri storici sono il palcoscenico più efficace per veicolare messaggi e renderli visibili».

Nei centri delle città venete Freak of Nature ha dipinto quasi ottocento “vetrine” di negozi vuoti e locali abbandonati, a Padova (125), Venezia (130), Mestre (145) e Vicenza (90), ma anche Rovigo (85), Treviso (70), Belluno (60), Bassano del Grappa (50), Dueville (30). Un vero e proprio censimento degli spazi sfitti, non a caso numerati in progressione, uno per uno, «che diventa, in questa fase – spiega l’artista – anche una sorta di mappatura della crisi economica e sociale, che rende evidente quanto sia necessario un cambio di rotta. Il bambù, simbolo di vita ma infestante come lo è stato l’uomo, offre l’idea di cosa farebbe la natura se fosse lasciata libera». Il progetto mette in luce «fenomeni come lo spopolamento dei centri, la perdita di identità sociale e del senso dello spazio pubblico» e ha richiamato l’attenzione dei media, ma anche di associazioni di settore (come Confesercenti) e università.

«L’arte non può chiedere il permesso per esprimersi, né per essere accettata: nei centri cittadini è più probabile che la suggestione di un’opera riesca a far aprire gli occhi», afferma l’artista, sottolineando come nelle sue realizzazioni vengano «utilizzati solo materiali lavabili con acqua che non danneggiano in alcun modo né le strutture, né gli edifici, né tantomeno l’ambiente».

L’attività artistica di Freak of Nature, in quest’ottica, è partita – in una prima fase – da grandi strutture abbandonate come l’ecomostro sotto sequestro giudiziario a Borgo Berga (Vicenza), dove per la prima volta sono comparse le canne di bambù. Poi sono arrivate realizzazioni come quella sull’Onda Palace (Padova), edificio coperto con un tessuto dipinto a mano di 88 x 16 metri, ma anche sul Ponte di Bassano del Grappa, quando era abbandonato, con un tappeto di 2 x 66 metri.

Negli scorsi mesi l’artista è stata contattata dallo Iuav, dove ha tenuto una lezione sulla street art e sulle potenzialità di tale fenomeno, e dall’Università Ca’ Foscari di Venezia: qui, lo scorso 18 giugno, durante Art Night Venezia, ha curato l’allestimento della corte interna riutilizzando le due grandi tele dipinte per l’Onda Palace (e che erano già state impiegate come scenografia teatrale), che richiamano natura e acqua: «Una performance, racconta l’artista, dedicata alla tematica ambientale, in un momento in cui c’è una grave carenza idrica».

La battaglia contro l’indifferenza nei confronti di ciò che è trascurato o dimenticato, portata avanti da Freak of Nature attraverso le sue opere, si è progressivamente estesa anche al concetto di abbandono umano, tema espressamente al centro di uno dei prossimi progetti, che si muoverà sulle tracce dei «senzatetto che trovavano riparto sotto il loggiato di Palazzo Chiericati, a Vicenza, durante la fase critica del Covid19: le uniche persone che noi street artist incontravamo per strada in quel periodo. Mi sono chiesta: dove sono finiti?». Altro progetto in cantiere si concentrerà invece sulla comunicazione e, in particolare, sul giornalismo, «professione fondamentale nella sua espressione più nobile – afferma l’artista –, ma oggi fortemente in crisi: il messaggio che voglio trasmette prenderà forma presso le sedi dei principali quotidiani».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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