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Dynamic Brand: valori, identità e diversità per un marchio a misura d’uomo

Appena pubblicato il libro che racconta la metodologia di comunicazione ideata e applicata dallo studio Cappelli Identity Design


Costruire una relazione con le persone in continua evoluzione, attraverso un racconto “autentico” dei valori, che siano propri di un’azienda o di un’istituzione. E costruendo un percorso tra identità e diversità – connesse l’una all’altra – con l’obiettivo di generare un messaggio sempre più in linea con la dimensione “umana” (e non soltanto con quella commerciale).

Sono alcune delle basi del Dynamic Brand, metodo per la comunicazione del marchio teorizzato e applicato da Cappelli Identity Design, studio fondato nel 2010 a Roma da Emanuele Cappelli, con base anche a Torino, all’interno dell’hub di innovazione Ogr Tech, presso il complesso ex industriale delle Officine grandi riparazioni.

La genesi e le applicazioni della metodologia adottata dallo studio di design e marketing strategico sono raccontate in un libro appena pubblicato, dal titolo “Dynamic Brand – The new methodology of brand communication. A journey through stories of life, design, space and time”, edito da Skira e presentato a fine marzo presso l’hub torinese.

A parlarcene è Emanuele Cappelli, ceo & creative director dello studio e “padre” del metodo che – come rimarca – «può garantire tra il 30 e il 50% in più in termini di ottimizzazione dei risultati di una campagna di brand communication», con riscontri evidenti su tempistiche e budget: fino a metà del tempo per ottenere gli stessi risultati raggiungibili con una strategia “tradizionale” o risultati “doppi” con la stessa spesa.

Il metodo, afferma Cappelli, «si declina perfettamente sui lavori in ambito culturale ma si applica con successo a ogni altro settore». Dai vaporetti turistici del Comune di Venezia a un centro didattico dedicato alle belle arti come il Rufa di Roma, fino a progetti – riportando alcune delle attività seguite più o meno recentemente dallo studio (e illustrate nel libro) – che spaziano dalla nuova presenza digitale di Fondazione Crt alla mostra Ri-tratto Rosso dedicata a Federico Fellini presso Cinecittà, dalla cura e direzione creativa dell’Italian pavilion per Festival del Cinema di Cannes e Venezia al lancio di una nuova font OT L22 per celebrare i 70 anni dell’iconica macchina per scrivere Olivetti Lettera 22.

Il volume appena pubblicato, come detto, presenta metodologia e casi studio, intrecciandosi alla storia di Cappelli Identity Design, con la prefazione di un guru del graphic design come Steven Heller, co-chair del Mfa Design Department, presso la School of Visual Arts (Sva) di New York e l’introduzione di Betti Marenko, reader in Design and Techno-Digital Futures alla Central Saint Martins di Londra.

Ma come funziona, nel concreto, questa metodologia? «Si tratta – spiega Cappelli – del cambiamento del concetto di brand identity che si sviluppa attraverso tutti i linguaggi strategici di comunicazione, sia vecchi che nuovi».

Per parlare di identità dobbiamo parlare di vita, di evoluzione e di persone, perché questo metodo non nasce solo dalle analisi del mercato odierno ma anche dal vissuto di ognuno di noi e dai valori, aspetto che più incide sul design strategico e sulla vita.

Emanuele Cappelli

In proposito il designer cita una recente ricerca che inserisce nella Top10 dei brand più influenti del 2021 anche marchi meno conosciuti, piccoli e indipendenti, «grazie alla capacità di gestire al meglio le nuove piattaforme di social media, che premiano proprio elementi come l’autenticità. I giovani preferiscono acquistare, anche spendendo di più, “nomi” che riescano a far percepire il rispetto di valori in termini di integrazione e sostenibilità sociale ed ambientale».

Il punto di partenza, dunque, è il concetto di identità, nella sua evoluzione, che da statico diventa dinamico perché questa «esiste quando esiste la diversità», sottolinea il creative director, che aggiunge: «Se non c’è l’una, manca anche l’altra. Come non ci sarebbe ombra senza Sole».

Sin dagli anni ‘90, prosegue, «si è iniziato a rendere ‘emozionale’ il marchio in linea con l’affermazione di Kevin Roberts che il consumatore non acquista più solo un prodotto ma entra dentro un ‘universo’. Il nostro metodo evolve tale concetto. Il consumatore non esiste più, con le aziende che si rivolgono direttamente alle persone: sono loro che orientano il mercato».

Una tendenza che si riflette, in particolare, nell’uso dei social network: «Si può scrivere direttamente a un brand senza passare da call center o lettere all’azienda. La quale, a sua volta, può rispondere e/o creare opinioni da condividere».

Con la diffusione di Internet e l’uso dei social media, dunque, «il branding è passato dai tabelloni pubblicitari alla Tv, fino ad atterrare dentro i nostri smartphone, consultabili 24 ore su 24». Ed il fatto di essere sempre in connessione con il mondo crea un nuovo modo di comunicare: «l’architettura organizzativa delle informazioni – afferma Cappelli – cambia, non esiste più lo schema verticale ma tutto diventa realmente integrato». Un’immagine rappresentativa di tale approccio alla comunicazione del logo, come suggerisce un grafico dello stesso studio Cappelli Identity Design, è quella che richiama una sorta di Sole, al centro – la brand identity –, con i raggi che ne rappresentano le diverse declinazioni. Una di queste è il marchio, che – precisa Cappelli – viene in parte deresponsabilizzato: «è solo il segno grafico, mentre il marchio è la percezione che si ha di un’azienda». Per fare un esempio, riportato sul sito dello studio, si può immaginare un luogo da visitare: in questo caso «il logo ‘dinamico’ è solo la fotografia di quel luogo, mentre il brand ‘dinamico’ è l’esperienza che si forma quando si vive il luogo, fatto di luci e colori, suoni, profumi, materiali e sapori».

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