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Come ci cureremo. E come cambieranno le città

Al domusforum 2021 la ricerca New Paradigm in Healthcare delivery


Meno disponibilità a spostarsi su lunghe tratte, meno contatto diretto tra medico e paziente, meno scetticismo verso le property digitali. Accelerate dalla recente pandemia, le cure mediche di nuova generazione avranno un impatto diretto sui comportamenti dei singoli e sull’ambiente costruito.

«La pandemia ci ha riportato alle origini della nostra specie, quando la salvezza individuale e della comunità era più importante e veniva prima della libertà e di qualunque acquisizione storica. Questo dato non poteva passare inosservato e infatti ha scatenato reazioni fortissime di una parte del mondo intellettuale ed economico. Come ci cureremo è una delle domande cruciali del futuro della vita associata e profondamente legata a una visione urbanistica della società». Walter Mariotti, direttore editoriale di Domus ha aperto l’appuntamento annuale domusforum – the future of cities accendendo i riflettori sul tema della “salute” per lasciare spazio alla ricerca intitolata “New paradigm in healthcare delivery”.

©domusforum

«Il paziente del futuro sarà curato sempre più vicino alla propria abitazione, lasciando negli ospedali i casi più complessi, ed integrando nuove modalità interazione, con i fornitori di servizi sanitari, sia di persona che digitali» ha dichiarato Lorenzo Positano, managing director e partner di Boston Consulting Group, spiegando come i sensori biometrici saranno capaci di dare il via a percorsi di cura del paziente, rivelandone i potenziali problemi di salute.

Complessità normativa, poco chiara e troppo restrittiva, inadeguatezza delle infrastrutture digitali nazionali e difficoltà di far dialogare i dati con i processi clinici e una grande frammentazione del processo, queste alcune delle criticità. Ma il percorso è tracciato.


Nell’arco dei prossimi 3, o 5 anni, il triage diventerà digitale indirizzando la persona allo specialista più adeguato, che prescriverà le terapie tradizionali (come quella farmacologica) alle quali si affiancheranno una serie di strumenti digitali utilizzati per monitorare svolgimento delle cure e relativi progressi.


Oggi, secondo la ricerca BCG, dopo la drammatica esperienza del Covid, più della metà dei pazienti considera la telemedicina molto importante. Non ci si aspetta che possa definire una diagnosi, ma ben il 90% degli intervistati la considera uno strumento utile per non perdere tempo e risparmiare denaro, mentre per il 58% rappresenta un modo complementare e sostitutivo delle visite di follow up. Eppure, solo il 3,4% dei medici italiani la utilizzano, un dato che ci pone comunque al di sopra della media europea del 3,1%, ma ancora inferiore a paesi come il Regno Unito (3,9%) o la Francia (4,1%).

 

In copertina ph. ©domusforum

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