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City branding: da Parma a Santa Monica, in mostra il valore del “marchio” per le città

La storia dell’immagine pubblica dei centri urbani e i progetti dello studio Edenspiekermann protagonisti di un percorso espositivo nell’ambito delle celebrazioni per Parma Capitale Italiana della Cultura 2021


Alzi la mano chi sia passato a Manhattan e non abbia mai indossato, acquistato, portato con sé un indumento o un oggetto con lo slogan “I Love New York”, con tanto di cuore e sigla NY. O che non sia tornato da Amsterdam con impresse nella memoria le tre croci rosse (XXX), ispirate allo stemma quattrocentesco della città olandese e presenti ovunque nel centro urbano. Oppure, ancora, senza un gadget (o almeno una foto) con il logo “Porto.”, rigorosamente con il punto, dopo aver visitato la città portoghese.

Si tratta di “brand” – ormai classici – in grado di catalizzare l’energia attrattiva delle città cui si abbinano, definendo, anche attraverso specifiche estensioni e declinazioni, la visual identity dei centri urbani di riferimento. La narrazione dei luoghi e dell’immagine pubblica cittadina attraverso un sistema di branding efficace, negli anni recenti, si è sempre più sviluppata per rispondere alla necessità di costruire un’identità territoriale condivisa, puntando sulla «partecipazione» della cittadinanza, con l’obiettivo di generare un impatto economico e sociale sul tessuto urbano: è a questo fenomeno che sono stati dedicati una mostra – appena inaugurata a Parma – ed un catalogo con immagini, esempi e casi studio relativi al city branding.

In occasione delle celebrazioni per Parma Capitale Italiana della Cultura 2021 è stato infatti lanciato il progetto espositivo “Voi Siete Qui. City Branding: lo scenario italiano e i progetti di Edenspiekermann per Amsterdam, Santa Monica e Parma”, promosso da Csac-Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma e prodotto dal Comitato per Parma 2020, con l’organizzazione di Electa. La mostra, inaugurata il 16 dicembre e aperta fino al 18 aprile, è allestita negli spazi dell’Abbazia di Valserena, presso l’ateneo parmense, ed esplora l’idea del city branding, proponendo ai visitatori, si legge nella nota di presentazione, “esempi significativi di un importante fenomeno contemporaneo che trova il suo sviluppo in diversi ambiti di ricerca, dal marketing all’urbanistica, dalle scienze sociali al design, con il proposito di indagare le strategie di comunicazione racchiuse dietro la costruzione dell’identità visiva di una città”.

Il tema dell’immagine pubblica delle città, in particolare, viene sviluppato in tre sezioni: in primis, come detto, analizzando il caso di Parma; poi, nella parte centrale della mostra, con “Destination Italy”, che raccoglie 32 studi di immagine coordinata di città italiane (da Ascoli Piceno a Bari e Cagliari, da Bologna a Courmayeur, da Roma, Firenze e Genova a Gabicce Mare, Latisana, Lignano Sabbiadoro o Sabbioneta); nella terza sezione, infine, trovano spazio due tra i progetti internazionali – quelli di Amsterdam e Santa Monica – sviluppati dallo studio di design Edenspiekermann.

L’esposizione è accompagnata dalla pubblicazione di un catalogo (edito da Electa), che ripercorre e analizza la genesi dei casi studio selezionati in mostra. «Nel city branding c’è stata una marcata evoluzione rispetto ai primi approcci, che consideravano il marchio di una città come un elemento essenzialmente economico, con un proprio valore ‘equivalente’, in un certo senso, al marchio di un prodotto – spiega Gianni Sinni, co-autore del volume (insieme a Amedeo Palazzi ed Edenspiekermann) e docente di Disegno industriale presso il Dipartimento di Culture del progetto dell’Università Iuav di Venezia –. Oggi, invece, si tende a inquadrarlo soprattutto in una prospettiva sociale, attraverso percorsi di condivisione, più o meno partecipati, dei processi di costruzione del brand». Bisogna chiarire, infatti, che un’operazione di branding, soprattutto se calata dall’alto, «può anche essere ‘bocciata’ dalla cittadinanza di riferimento: si pensi al caso di Venezia a inizio degli anni 2000, che non ha funzionato. Ma anche a Roma, che ha provato due volte a creare un proprio marchio e che, ad oggi, ha solo una comunicazione istituzionale, ma non un vero city brand».

Qual è, dunque, la chiave del successo per un brand cittadino? In una parola, afferma Sinni, «è la partecipazione, ovvero la capacità di coinvolgere i cittadini».


«Il marchio, infatti, è oggi, sempre di più, solo la parte visibile di un processo di sviluppo economico e sociale che precede la messa a punto di un modello grafico».


L’effetto visibile sulla comunità di un brand di successo «è il fatto che lo stesso venga utilizzano in modo autonomo dai cittadini, indipendentemente dall’amministrazione». Si pensi, per fare un esempio classico, al marchio “I Love New York”, con cui i cittadini della Grande Mela si identificano “a prescindere”. Ma ci sono tanti altri casi di varia caratura.

Di pari passo con la consapevolezza della necessità di dover rappresentare una complessità sempre più varia di identità, come quelle che caratterizzano le città contemporanee – conclude il docente – «il city branding sta puntando, in alcuni casi, a non individuare simboli univoci, ma sistemi» in grado di rispondere a questa esigenza di versatilità. È il caso di Bologna, dove si è scelto di costruire un linguaggio (software) gestito da un algoritmo «che consenta a chiunque, scegliendo una parola, di costruirsi il proprio brand coordinato della città, declinando elementi sempre diversi».

Tra gli esempi approfonditi dalla mostra e dal catalogo ci sono i lavori svolti dallo studio Edenspiekermann – fondato da Erik Spiekermann, uno dei più noti graphic designer e disegnatore di caratteri tipografici a livello mondiale – per le città di Parma, Amsterdam e Santa Monica. Nel riproporre il percorso progettuale che ha portato all’ideazione del brand della città di Parma, in occasione della nomina a Capitale della Cultura 2020, si racconta, tra l’altro, come sia stata utilizzata l’interpretazione di Zuzana Licko del font Bodoni filosofia. Mentre per Amsterdam e Santa Monica emergono due differenti approcci al tema: nel primo caso si trova l’utilizzo di uno shape alphabet, sistema di forme progettato per essere aggiunto alle tre croci rosse di Amsterdam ispirate allo stemma quattrocentesco della città; nel secondo, invece, viene illustrata la proposta, per la città californiana, di “un concept adatto ad un’amministrazione in cerca di un’esperienza identitaria e attenta ai servizi digitali”, con la realizzazione di un marchio ad ombrello per i vari dipartimenti cittadini.

In copertina: Santa Monica ©Edenspiekermann

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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