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Un viaggio nell’architettura gonfiabile: a Parigi la mostra tra arte, cinema e design

Fino al 14 febbraio l’iniziativa ideata dal Centre Pompidou-Metz in coproduzione con la Cité de l’architecture


Se la parola «gonfiabile» vi fa venire in mente claustrofobiche feste di compleanno per bimbi sotto i sei anni, molto diffuse prima del Covid19; oppure la ricerca del vicino di ombrellone in possesso di un compressore da campeggio per riempire di aria il mega ciambellone da mare appena acquistato, evitando di lasciarvi senza fiato, allora vuol dire che non conoscete la storia dell’architettura gonfiabile (o pneumatica), e che non avete preso in considerazione – almeno finora – una visita ad «Aerodream. Architecture, design et structures gonflables», la mostra in corso a Parigi, ideata dal Centre Pompidou-Metz in coproduzione con la Cité de l’architecture & du patrimoine. Per colmare questa lacuna, tuttavia, c’è tempo fino al prossimo 14 febbraio, ultimo giorno per potersi immergere in un viaggio – attraverso oltre 250 opere – alla scoperta di un peculiare fenomeno culturale che ha coinvolto artisti, architetti, ingegneri e designer.

La mostra si sviluppa, nello specifico, in un percorso tra gonfiabili, più o meno monumentali, sparsi nelle collezioni della Citè de l’architecture, insieme ad opere ed oggetti esposti presso il Palais de Chaillot, al Trocadéro. L’obiettivo è quello di esplorare le molteplici sfaccettature di queste strutture che «dagli anni Cinquanta ad oggi, e in particolare tra la metà degli anni Sessanta all’inizio dei Settanta, «costituiscono – spiega una nota di presentazione della mostra- un nuovo medium, supporto per molteplici forme di azione ed espressione, dal design degli oggetti a quello degli eventi, degli ambienti, progetti architettonici e urbani». L’iniziativa – preceduta lo scorso anno (dal 30 gennaio a 23 agosto 2021) da una omonima mostra presso la Galleria 2 del Centre Pompidou – avrà un seguito attraverso un ciclo di eventi, tra incontri, cinema e laboratori.

Dallo spazialismo alla pop art, dai movimenti artistici nati negli anni Cinquanta come Groupe Zero (Germania) o Gutai (Giappone) all’action art e all’architettura radicale: l’uso dei gonfiabili ha avuto ripercussioni sulla scena artistica internazionale, innestandosi al crocevia tra diverse correnti. Le strutture pneumatiche – si legge in una nota predisposta dagli organizzatori – «veicolano due diverse forme di racconto, due immaginari differenti: uno è legato allo sviluppo delle tecnologie, alla storia industriale e tecnica dei pneumatici, dall’automobile all’aviazione, poi alle applicazioni in campo architettonico; l’altro si occupa della mitologia del volo, dell’aria, della dimensione umana e del corpo, mentre la tabula rasa lasciata dalla guerra invitava i creatori a interrogarsi sulle idee di origine, presente e spazio».


Le forme pneumatiche sono emerse come segni di un nuovo modo di vivere, spesso legato a esigenze sociali o politiche, e hanno trovato eco nella pubblicità e nell’immaginario cinematografico.


Sui «palloni gonfiati», quindi – tra arte, tecnologia e filosofia – ha viaggiato un fermento culturale, che anche attraverso design e cinema, ha proposto l’affermazione di una nuova modalità dell’essere: «l’apogeo di questo modello è strettamente legato all’ottimismo industriale degli anni ’60, simboleggiato dagli interni e dai mobili di Quasar Khan o Aérolande, un universo scomparso con la crisi petrolifera degli anni ’70». Queste ultime creazioni, e molte altre, fanno parte del percorso allestito dalla mostra parigina, per tornare a immergersi, attraverso le opere, nell’atmosfera di quel periodo.

In copertina: Grande Oggetto pneumatico (1959-1960), Gruppo T ©Cité de l’architecture & du patrimoine – Denys Vinson, 2021

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