Search for content, post, videos

Ritratto di Edmond Belamy: così l’arte sfrutta gli algoritmi

Un collettivo francese dietro l’opera creata grazie all’uso dell’intelligenza artificiale. Che vale 432mila dollari


Il ritratto di Edmond Belamy, la prima opera al mondo a firma di un algoritmo, vale 432mila dollari. Battuto all’asta da Christie’s, l’inedito “dipinto”, ideato dal collettivo francese Obvious – composto da Hugo Caselles-Dupré, Pierre Fautrel e Gauthier Vernier – è frutto della selezione e successiva elaborazione di ben 15mila ritratti realizzati fra il XIV e il XVIII secolo.

A rielaborare dettagli e stili per poi offrire un lavoro di “sintesi” ci ha pensato un’intelligenza artificiale. I tre artisti si sono affidati alla tecnologia Gan (Generative Adversarial Network) ossia alle cosiddette reti antagoniste generative già usate nel campo del design di interni e industriale e dei video per realizzare modelli 3D nonché nel campo astronomico.

Quel che ne è venuto fuori è il ritratto di un gentiluomo francese che si aggiunge ai dieci già realizzati dal collettivo come parte di un’immaginaria famiglia. Monsieur Belamy, il nome è un omaggio all’inventore della tecnologia Gan Ian Goodfellow (che in francese suona come “bel ami”), campeggia sulla tela con il suo abito nero e il colletto bianco. I contorni sono sfumati così come il volto dell’uomo di cui si intravedono, ma solo abbozzati, i lineamenti: un risultato, anch’esso inedito rispetto ai dipinti dei secoli presi in esame dall’algoritmo al punto che alcuni critici hanno commentato il risultato attribuendo all’opera caratteristiche vicine a quelle del futurismo. L’uomo dipinto su fondo bianco e nero appare persino inquietante nella sua incompiutezza. L’unico elemento che si aggiunge nel dipinto è in basso a destra la firma dell’algoritmo, rigorosamente in codice.

Inaspettato l’esito dell’asta: nei giorni che hanno preceduto la vendita – effettuata in pieno stile “digitale” attraverso rilanci via smartphone e attraverso la piattaforma online Christie’s Live – il valore dell’opera era stimato fra i 7mila e i 10mila dollari. Nessuno si era minimamente spinto oltre e la giornata del 26 ottobre è passata dunque alla storia della casa d’aste anche per la vendita record.


Il debutto dell’intelligenza artificiale per la realizzazione di un’opera d’arte non resterà un caso isolato: già si parla di arte algoritmica


A giugno 2017 Ahmed Elgammal, docente dell’Art and Artificial IntelligenceLab della Rutgers University del New Jersey, in occasione della International Conference on Computational Creativity di Atlanta, ha puntato i riflettori sulle Can, Creative Adversarial Networks, evoluzione “artistica” delle Gan. Le reti Can, basate su algoritmi intelligenti, sono in grado di creare opera d’arte rendendo praticamente impossibile distinguere la mano dell’artista da quella dell’algoritmo. A novembre dello scorso anno è stata poi inaugurata la prima mostra al mondo dedicata all’arte algoritmica presso l’Oist Institute in Giappone. Ma era il 2016 quando a San Francisco venivano venduti 29 dipinti realizzati grazie alla piattaforma di intelligenza artificiale Google AI.

In Italia è il Maxxi a inaugurare la nuova era: il 20 ottobre scorso è stato tagliato il nastro della mostra “Low Form. Imaginaries and Visions in the Age of Artificial Intelligence”, progetto a cura di Bartolomeo Pietromarchi che vede protagonisti 16 artisti internazionali. La mostra resterà aperta al pubblico fino al 24 febbraio 2019.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per offrirti una migliore esperienza di navigazione. Accedendo a questo sito, chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi