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Venezia sotto il segno della sostenibilità: la più antica città del futuro

Verso una giusta transizione, il percorso da candidata capitale mondiale della sostenibilità


Venezia? «È il massimo delle fragilità e della bellezza, il peggiore riferimento per la natalità, ed è anche la città che racconta la difficoltà del fare pianificazione urbanistica tra acqua, terra e cielo, dove tutto è costretto rispetto “al rispetto” che devi avere nella cura dell’esistente. È la città più internazionale del mondo, con 40 milioni di turisti nel 2019 in una Regione che pur estendendosi dalla Dolomiti al Lago di Garda alla pianura padana conta meno di 5 milioni di abitanti. Venezia deve essere un laboratorio, non in vitro ma nel vivo, per dimostrare di essere “la più antica città del futuro”, come la definisce Venisia (il Venice Sustainability Innovation Accelerator)». Elena Donazzan, assessore all’istruzione, alla formazione, al lavoro e alle pari opportunità della Regione Veneto è intervenuta nella prima giornata della quinta edizione del Forum Sostenibilità, organizzato dalla testata Fortune Italia, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari, «la prima università ad aver inserito il tema della sostenibilità nel suo statuto» come ribadito dal prorettore Antonio Marcomini.

Path to a Just Transition – Innovation and International Cooperation. Questo il titolo dell’appuntamento che mira a creare un dibattito sul tema della transizione energetica (alla luce dei risultati della COP 27 tenutasi a novembre in Egitto) con un focus specifico sull’impatto che la transizione sta avendo sul sistema culturale, economico e geopolitico europeo. «Un confronto allargato anche per uscire dall’equivoco che la parola sostenibilità significhi astenersi dal fare qualcosa. Concezione iper-ambientalista che rischia di inquinare il dibattito sul tema» il commento dell’assessore comunale allo sviluppo economico Simone Venturini.


Venezia che si è candidata ad essere “Capitale mondiale della Sostenibilità” è sotto i riflettori.


Guarda al futuro, dopo che per tanti anni ha rappresentato un modello di sostenibilità, nei commerci e nell’organizzazione democratica. Un modello di gestione del territorio: uno Stato che ha manipolato la sua natura per sopravvivere. Questa proattività della Repubblica Serenissima di Venezia può stare alla base di una riflessione sulla sostenibilità. Come ricordato dal presidente della Fondazione Renato Brunetta.

La Fondazione come calamita dello sviluppo economico a favore della sostenibilità, per una città che sia attrattiva allo stesso modo per talenti, giovani, aziende. Brunetta ha raccontato alla platea del forum di Fortune come l’idea della «capitale mondiale della sostenibilità sia nata in sede regionale con partner come Eni e Snam, guardando alle grandi sfide come quella dell’idrogeno. La partita è far sì che Venezia rimanga un modello per il resto del mondo». Uno storytelling alternativo a quello della città che si stava sprofondando, distrutta dall’alta marea, o della città del “Mose come scandalo”, per l’opera portata al traguardo dopo 40 anni dalla prima idea e 20 di cantiere. “Un’inversione di paradigma”. Il presidente della fondazione ricorda l’unicità dell’isola in mezzo alla sua laguna, che nella storia ha privilegiato «produzioni ad alto valore aggiunto, dove si commercializzavano sete e spezie, dove c’erano decine di editori che pubblicavano il 90% dei libri pubblicati nel mondo».


Cultura e capitale umano come leva per la sostenibilità economica e sociale.


Venezia è stata città attenta al tema della sanità, con i suoi ospedali e il controllo delle malattie infettive con il lazzaretto. L’attenzione all’ambiente si è vista con la nomina del magistrato alle acque. Riferimenti lontani e più recenti «e con la patente della storia – dice Brunetta – Venezia si vuole ripresentare al mondo, con progetti e soluzioni, anche esportando tecniche, come quelle legate all’ingegneria idraulica».

Partendo olisticamente dall’economia. Brunetta sottolinea l’urgenza di riuscire a tenere tutto insieme, la Venezia della Legge speciale, quella delle contraddizioni del nuovo secolo con le grandi navi, «con la possibilità di riaprire i giochi», di «ridare slancio alla città cambiando chiave di lettura, non scenografica per chi passa da turista o per eventi spettacolari (con riferimento alle recenti sfilate, ndr) ma come città per tutte le generazioni». Il presidente della fondazione ricorda il dato dei 50mila abitanti, «che secondo gli urbanisti non può reggere in termini di economie di scala. La città deve essere oggetto di investimenti produttivi e sostenibili, dalla nuova portualità al turismo, fino a Porto Marghera».

«La nostra eccellenza, da esportare, si chiama sostenibilità» dice Brunetta e richiama la vita e la pulizia della laguna, la gente che vive e lavora a Venezia, e ancora il sistema che protegge il mare «frutto dell’intelligenza, dei brevetti, della prosecuzione tecnologica della cultura antica dei veneziani».

In copertina: Venezia, ph. © Lucie Brodecká via Flickr

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