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Sviluppo e lavoro, salute e ambiente. Il piano per il riscatto di Taranto

La cultura come driver, la tecnologia e l’innovazione come scommessa


Da porto strategico del Mediterraneo a sede del quarto polo siderurgico del Paese. Per oltre trent’anni l’Ilva e il suo acciaio hanno trainato lo sviluppo della città e di tutto il Sud Italia, ma negli ultimi anni Taranto ha anche iniziato un cammino di deindustrializzazione, una delicata transizione verso un modello economico e sociale più sostenibile. Si inizia anche a scommettere sulla cultura, con una maggiore rivalorizzazione del patrimonio storico e archeologico della città, tra le dieci finaliste in lizza come Capitale italiana della cultura 2022 con il progetto Taranto e Grecia Salentina. La cultura cambia il clima”.

Rigenerazione sociale e ambientale. La strada per il riscatto del territorio di Taranto è ancora lunga. Lo dimostrano anche le ultime notizie sulla trattativa in corso tra Stato e ArcelorMittal. Lo afferma anche il sindaco Rinaldo Melucci, che ha più volte lamentato la mancanza di inclusione del punto di vista dei cittadini e delle istituzioni locali all’interno di queste decisioni. Comune e Regione, infatti, vorrebbero costituire un tavolo per la sottoscrizione dell’Accordo di programma per la bonifica, il risanamento ambientale, la riconversione e lo sviluppo del polo siderurgico di Taranto, con proposte alternative a quelle del governo e della multinazionale lussemburghese. Intanto, a partire dal prossimo marzo, nel quartiere Tamburi e in prossimità dell’ex Ilva sorgerà la “Foresta urbana Nord” una cintura verde in grado di bonificare attraverso processi naturali i terreni e le falde.

“Rosso Diossina” ph. © Giorgio Nuzzo

Si è parlato di Taranto anche recentemente, nel corso dei due dibattiti (https://www.pantografomagazine.com/ripartire-dallessenziale-da-venezia-a-taranto-arrivano-esempi-di-sperimentazione-e-solidarieta/), “Ecosistema Taranto. La Cultura della transizione” – talk che si inserisce nel programma “Città Come Cultura”, l’iniziativa del MAXXI Museo Nazionale delle arti del XXI secolo promossa e sostenuta dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Mibact – e “Tempi Moderni 2030. Taranto lo sguardo al futuro”, di Fondazione Feltrinelli e Fondazione Leonardo.


Due incontri che hanno indagato il passato e le prossime sfide della città, pronta a slegarsi dall’immagine trasmessa negli ultimi anni e che si sono focalizzati sui temi della riconciliazione con il passato industriale e con il potenziamento della cultura.


«Taranto deve colmare il ritardo accumulato negli anni sotto il profilo della cultura e delle infrastrutture. Una cultura che qualcuno in passato ha ancorato solo all’industria siderurgica, al Pil e alla produzione» ha affermato il primo cittadino Rinaldo Melucci nel suo intervento a “Ecosistema Taranto”, durante il quale ha illustrato un ambizioso progetto di rigenerazione della città. Una posizione, la sua, condivisa anche da Walter Veltroni, politico e giornalista, intervenuto allo stesso incontro, dove ha sottolineato come serva «attenzione ai temi dell’ambiente, dell’istruzione, della formazione permanente per accompagnare i cambiamenti, così come c’è bisogno di nuove infrastrutture materiali e immateriali – ha proseguito –  ma bisogna avere la forza di immaginare il dopo mentre siamo ancora immersi in questa tempesta, perché è proprio in questi momenti che le persone sono più disposte al cambiamento».

E a proposito di cultura e immaginazione, la città già possiede uno dei musei più importanti del Paese: il Museo Nazionale Archeologico di Taranto, istituito nel 1887.  «Il Museo non è solo un mero contenitore di storia o un attrattore culturale, ma una piattaforma di creazione e condivisione del sapere: una palestra di cittadinanza attiva che porta con sé inclusione» ha dichiarato la direttrice Eva degl’Innocenti, intervenuta durante l’iniziativa promossa da CCC. «Il MarTa ha dimostrato in questo periodo di saper unire informazione, ricerca e formazione. Abbiamo avuto un boom di visite nel periodo estivo – racconta – segno che gli stessi tarantini si sono riappropriati del loro Museo, vi hanno trovato l’identità del proprio territorio e riscoperto la socialità».

A questi segnali positivi, si aggiunge la notizia dell’apertura di una mostra sulla Concattedrale Gran Madre di Dio, progettata da Giò Ponti, che quest’anno festeggia 50 anni. Un’esposizione promossa dal Mibact in programma prossimamente nel Museo Diocesano della città.

Visitatori al MarTa di Taranto, immagine tratta dal profilo Facebook ufficiale © MarTa

Due esempi, questi, di come la cultura possa essere un driver per lo sviluppo di Taranto. Un’occasione da cogliere, ripensando il rapporto tra patrimonio culturale, istituzioni e territorio. «Prima del 2012 (l’anno in cui è avvenuto il sequestro degli impianti nocivi) quest’area industriale muoveva un punto di Pil del sistema-Paese – ha detto ancora il sindaco Melucci, ospite questa volta di “Tempi Moderni 2030. Taranto lo sguardo al futuro” –. Da un certo momento in avanti ci si è resi conto che questo non poteva essere l’indicatore del benessere di una comunità, della soddisfazione dei cittadini, della qualità della vita».

Citando Pier Paolo Pasolini, che mentre raccoglieva il materiale per un reportage di viaggio nel Sud della Penisola, scriveva: “Taranto è una città perfetta, viverci è come vivere all’interno di una conchiglia, di un’ostrica aperta. Qui Taranto nuova, là, gremita, Taranto vecchia, intorno i due mari e i lungomari”. Secondo il sindaco «le parole dello scrittore richiamano al rapporto atavico della città con il mare, una fucina di opportunità economiche, culturali e di emancipazione».

Industria e occupazione: i prossimi passi. In questo senso, Melucci sottolinea come oggi la città ricerchi un riscatto, in grado di ripensare lo sviluppo in chiave moderna, coniugandolo con le esigenze che la comunità esprime. «Bisogna far uscire il termine “sostenibile” dall’ambito accademico, riversandolo nelle azioni amministrative prima e nella vita di tutti i giorni dei cittadini poi – ha aggiunto –. Serve una riconversione tecnologica, che consegni alla città un’alternativa produttiva. Serve una propensione a innovare, al rischio di impresa», descrivendo quanto sia fondamentale per Taranto attuare un piano strategico in grado di adattarsi a un mondo che cambia, ma anche di riuscire a costruire un futuro tangibile per le nuove generazioni, di recuperare il suo potenziale attrattivo.

“Rosso diossina” ph. © Giorgio Nuzzo

Il rilancio della città passa dunque dalla capacità di operare una transizione e trovare un accordo per un nuovo modello di sviluppo ecologico e produttivo, improntato alla sostenibilità e alla valorizzazione del patrimonio storico-culturale e in grado di conciliare sviluppo e lavoro, salute e ambiente.

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