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Quando la botanica divenne una scienza autonoma

Gli erbari della collezione Peter Goop alla Biblioteca dell’Accademia Nazionale e Corsiniana dei Lincei a Roma


«Le piante sembrano esser state disseminate a profusione sulla terra, come le stelle in cielo, per invitare l’uomo, con l’attrattiva del piacere e della curiosità, allo studio della natura» disse Jean-Jacques Rosseau della botanica. La frase emblematica racchiude il senso della mostra «Rara Herbaria. Libri e natura dal XV al XVII secolo: dagli incunaboli della Collezione Peter Goop ai volumi botanici della prima Accademia dei Lincei», in corso fino al 3 luglio 2023 presso la Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei, a Roma.

L’intenzione è di focalizzarsi sull’affermazione di un nuovo sapere botanico che, nella prima età moderna e all’alba della “nuova scienza”, si va affrancando dalle finalità medico-farmacologiche che lo avevano caratterizzato in età medievale.

L’esposizione è composta da due parti interconnesse, nelle quali saranno presentati numerosi volumi della Collezione Peter Goop di Vaduz (Liechtenstein) insieme a manoscritti, libri a stampa e documenti conservati nella Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana dei Lincei.

I primi erbari occidentali che raccoglievano la pratica della medicina connessa al potere terapeutico delle erbe risalgono al mondo egizio e sumerico, ma grazie ad Aristotele e al suo allievo Teofrasto, la botanica divenne parte fondamentale della filosofia naturale, basata sui «Botanica Herbaria», ossia censimenti di piante, e i «Dynamidia» o «Antidotaria» che ne descrivevano le proprietà curative. Viene esplorato così il sapere botanico tra Quattrocento e Seicento, all’alba della “nuova scienza” di Galileo.


Diviso in due sezioni, il percorso espositivo inizia con i volumi della Collezione Peter Goop, tra cui spiccano particolarissimi incunaboli, cioè gli erbari a stampa pubblicati tra il 1470 e il 1500.


Importante ricordare che a partire dalla Tarda Antichità e dal primo Medioevo, le immagini miniate dei vegetali riproducevano prototipi antichi ed erano soggette ad essere profondamente modificate da autori, disegnatori e coloritori. Il primo manoscritto corredato di immagini è il Codex Vindobonensis appartenuto alla principessa Giuliana Anicia, scritto in lingua greca, conservato presso la Biblioteca Nazionale di Vienna e dichiarato patrimonio dell’umanità.

Oltre alle edizioni quattrocentesche del celebre De Re Rustica di Catone e del De Virtutibus Herbarum, trovano spazio nelle sale dell’istituzione romana anche il testo sull’agricoltura di Pietro De’ Crescenzi, le prime “enciclopedie” naturali, come il Liber de Proprietatibus Rerum di Bartolomaeus Anglicus, e i trattati cinquecenteschi illustrati dai “padri della botanica” come Brunfels, Fuchs e Mattioli.

A segnare il passaggio alla seconda parte dell’esposizione, dedicata ai manoscritti della Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei, è il volume Hortus Eystettensis di Basilius Besler pubblicato nel 1613, anno cruciale per la storia delle scienze naturali. In questa sezione della mostra spiccano le tavole di piante mesoamericane, il prezioso foglio della Melissographia inciso da Matthias Greuter che contiene le prime immagini dell’ape vista al microscopio e dedicata al pontefice Urbano VIII, e il trattato del legno fossile di Francesco Stelluti sulle problematiche geomorfologiche fino a quegli anni del tutto ignote. Un interessante itinerario per scoprire la storia della botanica e la sua evoluzione nel corso dei secoli.

La mostra è curata da Michael Jakob (docente presso l’Università Grenoble Alpes, la Head di Ginevra e l’Accademia di Architettura di Mendrisio) e Lucia Tongiorgi Tomasi (storica dell’arte ed accademica dei Lincei).

In copertina: Christian Egenolff, Herbarum, arborum, fruticum, Francofortem sul Meno 1546, Collezione Peter Goop, foto Naomi Wenger

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