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Come la moda si rimette in gioco? Dialogando con la community (Gucci punta sulle mini-serie)

Strategie e punti di vista sulla competitività al summit di Pambianco e Pwc


Digitalizzazione, filiera, fiducia: queste le parole chiave che sintetizzano i temi da cui dovrebbe ripartire il lusso, un settore tra i più colpiti durante la pandemia da Covid-19. La moda italiana è chiamata oggi a rimettersi in gioco facendo leva sui propri elementi di unicità, affinando progetti e strategie per confermarsi competitiva nei nuovi scenari. Se ne è discusso nel corso del 25esimo Pambianco Fashion Summit, l’appuntamento annuale promosso da Pambianco e Pwc tenutosi l’11 novembre, dal titolo “L’industria della moda e la gestione dell’incertezza – l’impatto della crisi sui mercati e le risposte delle aziende”.

Come direbbe Coco Chanel «la moda riflette i tempi in cui vive». La crisi causata dall’emergenza sanitaria in atto ha accelerato tendenze già in atto e introdotto nuove abitudini. Erika Andreetta di Pwc, illustrando una ricerca sui comportamenti di acquisto italiani e internazionali, ha spiegato come in questo momento siano cambiate le modalità di acquisto: i principali “mantra” del consumatore risultano l’attenzione al prezzo (il 36% degli intervistati dichiara di essere più oculato nella spesa), un’esperienza di acquisto sicura (il 49% la considera irrinunciabile), la reperibilità del prodotto sul web (il 45% sostiene di aver aumentato il proprio shopping da mobile, e il 90% afferma che continuerà ad usare lo smartphone come mezzo preferito per comprare online), l’engagement digitale (il 67% dei giovani dichiara di scoprire e acquistare nuovi capi grazie a influencer o al passaparola sui social; inoltre, il 42% di loro si dice disponibile a condividere i propri dati per un’esperienza maggiormente customizzata); infine, la sensibilità ai temi della sostenibilità (il 43% dei consumatori che si aspetta che le aziende siano responsabili in merito al proprio impatto ambientale).

Sul tema #moda su Pantografo Magazine il nostro speciale dedicato all’iniziativa del Mibact, un viaggio tra maison, atelier e fabbriche del Made in Italy.


«La pandemia ha modificato la quotidianità dei consumatori e per rispondere alle nuove abitudini le aziende, anche le più piccole, hanno accelerato i propri investimenti nel mondo online, costruendo una cultura che nel nostro Paese prima mancava» ha raccontato Carlo Capasa, presidente della Camera nazionale della moda italiana.


Grazie al digitale le possibilità creative dei brand si espandono notevolmente: è il caso di Gucci, che per presentare la nuova collezione “Ouverture of Something that Never Ended” abbandona le passerelle e lancia una mini-serie in sette episodi co-diretti da un regista di calibro internazionale come Gus Van Sant e girati a Roma. Le puntate saranno fruibili online durante il GucciFest, il festival di moda e cinema digitale che si svolgerà dal 16 al 22 novembre; i nuovi capi, quindi, verranno svelati gradualmente.

Essere online, ma non solo per vendere. È di questa opinione anche Silvio Campara, ceo di Golden Goose, che dichiara: «All’inizio c’era la regola delle “4P”: place, price, promotion, product. Oggi, il mondo si è evoluto, si parla di “4C”: il luogo è diventato la community, le offerte sono diventate le conversazioni tra utenti, il prezzo si è tramutato in considerazione del brand e il prodotto sono diventate le persone, i clienti» afferma.

L’incertezza sul futuro e la riduzione del reddito hanno inevitabilmente portato a una riduzione dei consumi. Ma se da un lato si è verificato un calo di fatturato, dall’altro si sono iniziati a scorgere anche i primi segnali di ripresa. Ne sono un esempio il boom dei canali e-commerce (su Pantografo lo sbarco su Amazon dei brand di lusso), la richiesta di prodotti Made in Italy e la tenuta dei mercati asiatici – dove il calo di fatturato è inferiore rispetto all’Europa e dove si sta addirittura assistendo a un’inversione di tendenza, data dal cosiddetto “revenge spending”, l’aumento di acquisti post-lockdown. Secondo Sara Bernabè, general manager di Planet Italia, una maggiore attenzione al canale digitale non porterà al conseguente abbandono dello shopping in negozio: «L’esperienza di acquisto del lusso è anzitutto emotiva, e avviene tendenzialmente offline, perché è un momento dove il consumatore si sente gratificato. Se è innegabile che per un periodo si dovranno cambiare le proprie abitudini, è altrettanto vero che l’animo umano non cambia e credo che si ritornerà presto ad una graduale normalità» ha affermato.

La ricetta per il futuro della moda? Secondo Livio Proli, ceo di Missoni, è quella di far convivere armonicamente gli opposti: «La sfida per i brand, oggi, è quella di saper combinare novità e tradizione in modo semplice e fluido. Di ospitare nella propria azienda figure junior e senior; di integrare bellezza e funzionalità nei propri capi; di saper sfruttare le opportunità del digitale e al contempo i canali di vendita fisici. Il Covid – ha continuato – ha aperto mondo nuovo, ha costretto il mondo della moda a spazzare via i paragoni con i ricavi delle annate precedenti. Ma da questa sfida possiamo tutti trarre qualcosa e cogliere il momento per rimetterci in gioco» ha concluso.

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