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Architetture urbane, una collana per indagare le città dell’Emilia Romagna

Bologna, Modena e Ravenna protagoniste del nuovo progetto editoriale di AER con una mappatura di edifici e quartieri


I centri urbani, riletti e raccontati con il linguaggio dell’architettura, sono i protagonisti di una nuova serie di pubblicazioni nei volumi d’esordio della collana AER Architettura Emilia-Romagna curata da Lorenza Bolelli, responsabile della conservazione e conoscenza per il servizio beni architettonici e ambientali per la Regione. Si parte con Bologna, Modena e Ravenna.

La discoteca Le Cupole, 2021, foto Luca Massari

In un’ottica pluridisciplinare è stata costruita una mappa degli edifici che riflettono le vicende economiche sociali e politiche della regione tra la fine della Seconda guerra mondiale e l’epoca recente. Un piano di lavoro che segue il percorso iniziato nel 2004 dalla Direzione generale per l’architettura e l’arte (Darc) ed esposto per la prima volta alla Biennale di Venezia nello stesso anno. Per questo progetto, il settore patrimonio culturale della Regione, in collaborazione con l’Università degli Studi di Bologna – Dipartimento di Architettura, ha scelto come curatori Ines Tolic, Matteo Sintini e Francesca Castanò.

In tutti e tre i casi il racconto è rafforzato dal contributo visivo. Fotografie, disegni tecnici e illustrazioni insieme alle immagini d’archivio e alle fonti bibliografiche storiche restituiscono la molteplicità dei linguaggi architettonici a beneficio di un pubblico ampio, oltre gli specialisti. «Un significativo apparato iconografico che ha avviato proficui scambi con alcuni fotografi, che sottolineano le strette relazioni fra progetto e rappresentazione», scrivono i responsabili scientifici Marco Pretelli e Ines Tolic. Infatti, la formula editoriale dei singoli volumi monografici coniuga una prima parte saggistica storica, una seconda composta da schede progettuali e una terza dedicata alle rappresentazioni fotografiche e cinematografiche.

«Bologna – come scrive Ines Tolic – è una città padana, ma possiede una grandezza che le città padane non possiedono», con una magnificenza affidata anche all’architettura urbana. Con il Piano regolatore generale del 1955 inizia la “stagione più fertile” dell’urbanistica bolognese guidata da Giuseppe Campus Venuti e Armando Sarti. Con gli interventi interstiziali della “Terza Bologna” il racconto si sofferma sui margini e i perimetri del centro urbano. Ne sono un esempio gli approfondimenti sulla manifattura Tabacchi di Pier Luigi Nervi (dove è prevista la costruzione del nuovo Tecnopolo) o su Futura 787, progetto della stazione che puntava a essere una nuova centralità.


La peculiarità bolognese rappresenta quell’ideale di incontro fra bisogno individuale della casa e il progetto collettivo di città, di grande attualità ancora oggi, anche a scala nazionale.


Modena – che è recentemente rientrata tra i vincitori della ventesima edizione del Premio Urbanistica dell’Inu con il progetto “PUG Modena 2050: la transizione verso il futuro di una città in movimento” – ha avuto uno sviluppo contrario. Diversamente da Bologna, è rimasta lontana dai centri del dibattito e i progetti di autori di fama nazionale e internazionale non hanno trovato realizzazione. Unica eccezione è l’ampliamento del cimitero di San Cataldo costruito nel 1984 da un team di architetti, tra cui Aldo Rossi. La complessità della sua trasformazione urbana si è relazionata molto più che in altre città con fattori diversi compreso il contesto socioculturale.

Ravenna contemporanea non ha avuto tutta l’attenzione che merita. La difficile transizione da antica capitale dell’Impero romano d’occidente, a città moderna, spiega il sentimento di nostalgia che ha avvolto sempre il tentativo di una progettazione innovativa, anche se c’è stata un’integrazione tra passato e presente, riconoscibile con le nuove zone residenziali delle classi lavoratrici e popolari come il quartiere Stadio di Quaroni. Frutto di una stagione nuova dell’architettura ravennate, in totale contrasto con il passato, sono alcune vere e proprie sperimentazioni pop come la discoteca Woodpecker di Cervia, il Palazzo Mauro De Andrè e il Museo dell’arredo contemporaneo, progettate dalla fine degli Anni ’60, grazie alle contaminazioni con i gruppi di architettura radicale fiorentini.

Diverse le forme d’arte che raccontano le tre città, sempre con un focus alle periferie industriali, come il linguaggio cinematografico ma anche le fotografie di Gabriele Basilico (a cui è dedicata una mostra a Milano in questi mesi).

«Il cinema non poteva mancare in questo percorso perché con l’architettura e con la forma della città ha sempre fatto i conti. Spesso cercando nelle architetture la sua identità», scrive Mauro Felicori, assessore alla Cultura e Paesaggio della Regione Emilia Romagna nell’introduzione dei libri. Infatti, la rappresentazione della periferia industriale di Ravenna avviene ad esempio con i film “I pavoni” e “Provincia meccanica” dove è disegnata come un luogo di desolazione e perdita.  La lettura cinematografica che riguarda Modena, invece, passa attraverso il dualismo cibo e motori, come da stereotipo. Il mito ferrarista e il circuito di Maranello arrivano persino nel mondo dei cartoon hollywoodiani, con il film Cars, dove la Fiat 500 di nome Luigi è targata 445-108, a ricordare le coordinate dello stabilimento di Maranello.

In copertina: Museo Classis ©Luca Massari 

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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