Al Design Museum di Londra abiti originali, schizzi di design, strumenti musicali, riviste, fotografie e filmati d’archivio del locale in esposizione fino al 29 marzo 2026
Alla fine degli anni Settanta, in una Londra segnata dall’austerità e dalla disillusione post-punk, un piccolo wine bar a Covent Garden divenne il fulcro inatteso di una rinascita culturale.
Ogni martedì sera, il Blitz club accoglieva una costellazione di giovani creativi destinati a ridefinire il linguaggio visivo e sonoro del decennio successivo. I media li battezzarono Blitz Kids, e la loro influenza si estese ben oltre le mura del locale, contribuendo a modellare le tendenze globali in moda, musica, arte, architettura e design.
Oggi, per la prima volta, la loro storia viene raccontata in modo completo. Il Design Museum di Londra inaugura Blitz: the club that shaped the 80s, un’esperienza immersiva che ripercorre la breve ma folgorante parabola del club e dei suoi personaggi.
Realizzata in stretta collaborazione con molti dei Blitz Kids, la mostra presenta abiti originali, schizzi di design, strumenti musicali, riviste, fotografie e filmati d’archivio. Oggetti iconici rimasti per oltre quarant’anni nelle case dei co-fondatori, ora riportati alla luce come testimonianza di una delle scene più influenti della cultura britannica.
Il percorso culmina in una ricostruzione sensoriale del club stesso: musica, video, luci e persino il bar originale, con bottiglie di Schiltz lager: la bevanda preferita dai frequentatori. Il DJ Rusty Egan torna in consolle grazie alla tecnologia digitale, mentre un raro filmato rimasterizzato presenta gli Spandau Ballet nella loro prima esibizione live: l’unica band ad aver suonato al Blitz.
«È straordinario quanto della cultura pop degli anni Ottanta possa essere ricondotto all’episodio del Blitz», sottolinea Danielle Thom, curatrice della esibizione. «Il fatto che quelle serate siano durate poco più di un anno, ma abbiano plasmato un intero decennio, è davvero sorprendente».
Dopo due anni di ricerca e collaborazione con i protagonisti, Thom ha raccolto testimonianze e oggetti che narrano un’epoca di radicale trasformazione. «Mi è ancora più chiaro – aggiunge – che non si trattava semplicemente di una serata in discoteca. Era la scena da cui è nato un decennio».
Il Blitz non fu solo un luogo, ma un catalizzatore: un laboratorio avvenente dove si sperimentavano nuove identità, nuovi linguaggi e nuove forme di espressione. Con abiti teatrali, identità fluide e un’estetica eclettica, i Blitz Kids incarnavano un linguaggio visivo postmoderno: stratificato, ironico, ricco di citazioni storiche e stilistiche. L’estetica radicale dei Blitz Kids ha generato un movimento culturale trasversale, riflesso nella nascita di brand d’avanguardia, nella fondazione di riviste come i-D e The Face, e nell’emergere di collettivi postmoderni come NATØ.
Forte anche il legame tra lo sfondo del club e i più ampi cambiamenti nel design e nell’architettura degli Anni ‘80. In esposizione, mobili di Ron Arad, Jasper Morrison e Tom Dixon, materializzati in oggetti “trovati” o secondo i parametri di “Creative Salvage”.
Un movimento, quest’ultimo, che rispecchiava lo spirito DIY e anti-establishment dei Blitz Kids utilizzando materiali di scarto per creare arredi provocatori e scultorei, in sintonia con una visione anticonsumista del design. Allo stesso modo, l’architettura postmoderna degli anni Ottanta si distaccava dal rigore modernista per abbracciare il gioco, il recupero e l’ibridazione.
La connessione con il Blitz risiede in una comune attitudine alla sperimentazione, alla citazione e al rifiuto delle regole canoniche. Come i Blitz Kids reinventavano sé stessi ogni martedì sera, così i designer postmoderni reinventavano il linguaggio dell’abitare—entrambi mossi da un desiderio di rottura, teatralità e libertà formale.
Tra gli esempi londinesi il Comyn Ching Triagle di Covent Garden, firmato da Terry Farrell and Partners, che esemplificava una filosofia emergente di rigenerazione, combinando il restauro di edifici esistenti con nuovi progetti audaci. Nel frattempo, Nigel Coates infondeva elementi narrativi e ludici negli spazi urbani, riflettendo l’eclettismo dell’epoca.
La mostra celebra l’influenza dei Blitz Kids sulla musica e sui media, con figure come Boy George, Sade e Visage, le cui carriere iniziarono proprio sulla pista da ballo del club. Il loro linguaggio visivo, ispirato a Bowie, al cabaret di Weimar, al cinema d’autore europeo, divenne il modello iconografico di un’intera generazione.
In un’epoca in cui le sottoculture rischiano di essere appiattite dagli algoritmi, Blitz ci ricorda il potere dello spazio fisico e dell’immaginazione collettiva. È un tributo non solo a un club, ma a una generazione che ha osato reinventarsi, e nel farlo, ha ridefinito il paesaggio culturale contemporaneo. Blitz: the club that shaped the 80s sarà al Design Museum di Londra fino al prossimo 29 marzo.
In copertina: Blitz: the club that shaped the 80s, the Design Museum © Luke Hayes



