Dalle distillerie storiche ai bar leggendari, dai monasteri che hanno inventato gli amari fino agli hotel
A Milano, il Bar Basso ha celebrato oltre mezzo secolo dalla nascita del Negroni Sbagliato. A Roma, ogni sera, centinaia di giovani e turisti affollano il San Callisto, storico bar nel cuore di Trastevere. A Torino, nei locali di piazza Castello, e a Venezia, tra Spritz e Bellini, l’ora dell’aperitivo è ormai parte dell’identità italiana. Sempre più bar, dal Nord al Sud Italia, si trasformano in mete turistiche vere e proprie, luoghi di culto per chi cerca esperienze autentiche legate al bere miscelato e alla socialità che lo circonda.
Lo “SpiriTurismo” è una forma di turismo culturale ed esperienziale che ruota intorno a distillati, liquori e cocktail. Va oltre la semplice degustazione: è un viaggio nei luoghi iconici della loro produzione e del loro consumo. Non è solo turismo del bere, «ma dell’essere. L’alcol è il tramite di una storia, non il suo fine», scrive Federico Silvio Bellanca, autore del libro Spirits dei Luoghi.
Un tipo di viaggio già molto diffuso in Europa — basti pensare al Whisky Trail in Scozia (ma anche alle tappe romane già raccontate su Pantografo Magazine o alle destinazioni legate all’enoturismo — e oltre oceano, con eventi come Tales of the Cocktail a New Orleans. In Italia, invece, il fenomeno è ancora in fase embrionale. Eppure, le potenzialità non mancano: dalle distillerie storiche ai bar leggendari, dai monasteri che hanno inventato gli amari fino agli hotel.
Qualcosa, però, si muove. In Trentino, ad esempio, il Grappa Trail unisce distillerie, paesaggi e sapori alpini. A Firenze, l’antica Officina Profumo-Farmaceutica di Santa Maria Novella conserva e racconta la storia dell’Alkermes, un liquore dal colore rosso rubino nato dall’incontro tra spezie orientali e ricette monastiche. A Bassano del Grappa, il Ponte degli Alpini è diventato punto di partenza per esplorare la cultura della distillazione. Tutte piccole esperienze che mostrano come il fenomeno stia evolvendo anche nel nostro Paese, grazie alla volontà di trasformare la storia del bere in un racconto vivo del territorio.
La mappa dello SpiriTurismo italiano non può che partire dai bar storici. A Torino, città natale del vermouth, locali come Al Bicerin raccontano di tradizioni risorgimentali. A Milano, il Camparino e il Bar Basso restano luoghi simbolo, sospesi tra design contemporaneo, innovazione e una tradizione che non smette di affascinare. A Firenze, una rete di caffè letterari conserva la memoria di intensi dibattiti su arte e politica, mentre a Venezia, l’Harry’s Bar è il luogo dove è nato il Bellini, servito a tavolini che hanno visto passare figure leggendarie come Ernest Hemingway, Georges Braque, Peggy Guggenheim e Orson Welles.
Bar eleganti, ma anche popolari. Autentici presidi culturali spesso lontani dall’essere meta turistica
Anche gli hotel possono diventare destinazioni: dal Gritti Palace di Venezia, dove si può sorseggiare un cocktail con vista sul Canal Grande, al The Court di Roma, affacciato sul Colosseo. Come l’enoturismo — ormai realtà consolidata — anche lo SpiriTurismo potrebbe diventare la nuova frontiera del viaggiare. E se siamo già la patria della grappa, del vermouth, degli amari e di cocktail leggendari, manca solo una cosa: raccontarlo con lo spirito giusto.
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