Come essere archivio nella società contemporanea. Al via la rassegna UnArchive Found Footage Fest a Roma
C’è un cinema che non inventa, ma ricorda. Che non gira nuove scene, ma restituisce senso a quelle dimenticate. Che lavora con i frammenti – di pellicola, di memoria, d’identità – per costruire nuove narrazioni. È il cinema del found footage, ed è il cuore pulsante dell’UnArchive Found Footage Fest, che torna a Trastevere, a Roma, dal 27 maggio al primo giugno per la sua terza edizione.
Al centro del programma del festival, c’è il concorso internazionale aperto a opere di ogni genere e formato, realizzate negli ultimi tre anni. La giuria è composta dal regista franco-israeliano Eyal Sivan autore di numerosi documentari politici premiati a livello internazionale, dalla regista e direttrice della sede siciliana del Centro Sperimentale di Cinematografia Costanza Quatriglio e da Federica Foglia, uno dei volti più significativi nel panorama artistico contemporaneo nel riuso creativo delle immagini.
Le venti opere in concorso – dieci cortometraggi e dieci lungometraggi – intrecciano percorsi che usano il found footage per interrogare la storia, la memoria, il corpo e l’identità. Tra i film in gara, A Fidai Film dove il regista Kamal Aljafari riprende materiali e memorie palestinesi, rubati dall’esercito israeliano durante l’invasione di Beirut nel 1982, costruendo una contro-narrazione della memoria palestinese. Sullo stesso sfondo conflittuale, Man Number 4 di Miranda Pennell, che rielabora una fotografia “disturbante” apparsa sui social per riflettere sul ruolo dello spettatore davanti agli orrori del presente.
Dal piano collettivo a quello personale, I’m not everything i want to be parla di esplorazione del tempo e del sé attraverso la storia della fotografa Libuse Jarcovjakova, artista chiamata a selezionare le opere che più la rappresentano dopo 50 anni di carriera. Lo sguardo femminile è al centro anche della pellicola Grandmamauntistercat di Zuza Banasinska, che rianima i materiali educativi e propagandistici della Polonia comunista per raccontare, con gli occhi dei bambini, la storia di una famiglia matriarcale e i suoi silenzi. Il cortometraggio Razeh-del di Maryam Tafakory ricostruisce la storia delle due studentesse iraniane fondatrici del primo giornale femminile post-rivoluzionario.
Presentato all’Orto Botanico di Roma, il Festival è organizzato dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD) in collaborazione con l’Archivio Luce, la Cineteca Nazionale e il Comune di Roma Capitale. «L’archivio – spiegano i due direttori artistici Marco Bertozzi e Alina Marazzi – è un irrequieto luogo di conservazione, un antro che valorizza la dimensione del vivente i suoi tesori», tracciando una poetica tra natura e cinema.
Come i fiori, anche le immagini vivono molteplici vite, si perdono, si trasformano e rinascono
Tra gli eventi e le proiezioni collaterali, una delle novità più significative di questa edizione è la trasformazione della sezione Riuso di classe in una rassegna autonoma. Nata come spazio dedicato ai progetti formativi, oggi è sostenuta da SIAE, dal MIC e Regione Lazio e coinvolge otto istituzioni italiane e internazionali, tra cui il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e Palermo, la NABA, lo IUAV, l’Accademia d’Arte di Stettino e la Scuola Gian Maria Volontè.
Un laboratorio diffuso e ibrido, un “Festival anti-festival” come lo ha definito Vincenzo Vita, presidente di AAMOD, che senza divismi e red carpet, definisce il riuso d’archivio non come un accidente retorico ma come estetica. «Non si tratta soltanto di creare un contenitore capace di mostrare le più importanti produzioni di found footage al mondo – spiega Luca Ricciardi, direttore organizzativo – ma anche uno spazio di discussione critica, luogo in cui il riuso di immagini (e suoni) assume la valenza di uno specchio, una rappresentazione riflessa e caleidoscopica nella quale provare a ritrovarsi, riconoscersi, capire il senso del nostro essere Archivio nella società contemporanea».
In copertina: Il mondo aperto © Virginia Eleuteri Serpieri