Dall’osservazione satellitare ai modelli di intelligenza artificiale, cresce il ruolo dei dati geospaziali per riprogettare le città
L’osservazione della Terra sta diventando sempre più importante al punto che la cosiddetta Earth Intelligence si va imponendo come modello di azione a livello mondiale. Sfruttare le immagini satellitari consente di mettere a punto strategie di pianificazione urbanistica “resilienti”, ossia in grado di rispondere ai cambiamenti climatici in chiave “adattiva”.
La società di analisi Gartner ha inserito la Earth Intelligence fra le 12 tecnologie “disruptive” che prenderanno piede di qui al 2030. Ma i leader tecnologici dovranno agire subito se vorranno ottenere benefici in tempi rapidi. Stando alle stime di Gartner entro il 2028 l’80% delle principali risorse della superficie terrestre a livello globale sarà monitorato da satelliti. E l’ingrediente chiave dell’intelligenza terrestre sarà quella artificiale, per analizzare i dati satellitari, aerei e terrestri con l’obiettivo di monitorare risorse e attività in tempo reale e soprattutto per fornire spunti per il processo decisionale.
Il settore della Difesa è stato il primo ad affidarsi all’Earth Intelligence e i progressivi miglioramenti nella qualità dei dati e nelle tecniche di analisi hanno consentito di ampliare enormemente i casi d’uso, puntando i riflettori sulle sfide legate al cambiamento climatico e in particolare a quelle che impattano sulle aree urbane.
Il Centro di conoscenza sull’osservazione della Terra (Kceo) della Commissione europea ha appena completato e pubblicato la seconda valutazione “Deep Dive” sull’adattamento climatico urbano, che esamina come i prodotti e i servizi di osservazione della Terra possano contribuire a sostenere le politiche continentali sull’adattamento climatico urbano. «Un aspetto fondamentale per raggiungere gli obiettivi politici è l’utilizzo delle conoscenze e dell’intelligence derivanti dall’osservazione della Terra, per consentire un adattamento più intelligente, rapido e sistemico. Il Centro di conoscenza sull’osservazione della Terra lavora per migliorare l’uso dei dati satellitari del programma Copernicus (la componente di osservazione della Terra del programma spaziale Ue). Il suo ruolo è quello di collegare le esigenze politiche con gli strumenti e i servizi appropriati per l’osservazione e di incoraggiare la collaborazione tra le organizzazioni che utilizzano questi dati», si legge nella presentazione del documento.
Cinque le azioni chiave per passare dal dire al fare: sviluppare indicatori chiari e mirati, che siano in grado di simulare rischi e risultati; mettere a punto servizi avanzati per rilevare gli impatti nel tempo derivanti dal cambiamento climatico; creare strumenti che aiutino le città a esplorare diversi scenari di adattamento; condividere le conoscenze e l’esperienza nell’uso dell’osservazione della Terra per l’azione climatica; migliorare la risoluzione e il dettaglio dei dati satellitari per meglio rispondere alle esigenze delle città.
La questione “urbana” è diventata terreno di sperimentazione anche per le big tech. Google e Ibm hanno già messo a disposizione una serie di innovativi strumenti che fanno leva proprio sugli ultimi sviluppi in tema di intelligenza artificiale. Google ha annunciato una serie di “foundation models” geospaziali nell’ambito del progetto “Geospatial Reasoning” per aiutare governi e istituzioni a sbloccare il potenziale dell’intelligenza artificiale nell’ambito di progetti legati alla resilienza climatica. I dati geospaziali sono gli stessi, per intenderci, che il colosso americano utilizza da decenni per le piattaforme Maps, Street View e Google Earth. «Lo scorso novembre abbiamo introdotto due modelli pre-addestrati e multiuso per affrontare molte delle sfide della modellazione geospaziale: il Population dynamics foundation model (Pdfm), che cattura la complessa interazione tra i comportamenti delle popolazioni e il loro ambiente locale, e un nuovo modello di base per la mobilità basato sulle traiettorie. Da allora, oltre duecento organizzazioni hanno testato le incorporazioni Pdfm negli Stati Uniti e stiamo ampliando il set di dati per coprire Regno Unito, Australia, Giappone, Canada e Malawi per l’uso sperimentale», si legge nel blogpost dello scorso 8 aprile a firma di David Schottlander e Tomer Shekel, entrambi product manager di Google Research. I due annunciano anche che Google sta lavorando a soluzioni che consentano di ridurre costi, tempi e competenze per combinare le capacità geospaziali.
Il 22 aprile l’Agenzia spaziale europea (Esa) e Ibm hanno svelato la prima versione di TerraMind, un potente modello di intelligenza artificiale made in Europe che esplora grandi insiemi di dati in un processo chiamato apprendimento auto-supervisionato, creato utilizzando le infrastrutture e le competenze del Centro di supercalcolo di Jülich e interamente sviluppato da ricercatori e ingegneri europei.
«Combinando diversi tipi di dati sul nostro pianeta si possono fornire risposte precise a domande sul clima e sulla natura. Dall’individuazione delle fughe di metano al monitoraggio dei cambiamenti nelle foreste e nell’uso del suolo», spiega l’Esa. TerraMind è in grado di analizzare le immagini evitando informazioni “fuorvianti”, ad esempio la presenza di ombre che possono essere scambiate per frane o strade che possono essere confuse con fiumi. E nel processo di apprendimento incorpora dati come la topografia, l’uso e la copertura del suolo, utilizzando un set di dati che comprende più di nove milioni di campioni. «In una serie di test di benchmark – evidenzia l’Esa – TerraMind è risultato essere il modello di base AI più performante per l’osservazione della Terra. Inoltre, utilizza molta meno potenza di calcolo, fino a 10 volte in meno rispetto all’utilizzo di modelli separati per ogni tipo di dati».
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