Un invito a ripensare il modo in cui guardiamo, viviamo e raccontiamo l’abito
Uno sguardo al mondo della moda sotto la lente della curatela che sembra vivere una silenziosa rivoluzione. Non più confinata a sole esposizioni di lusso: oggi infatti si apre a esperienze multisensoriali che interrogano l’etica dei materiali, la memoria storica e la politica della bellezza. Non ci viene più chiesto solo di osservare, ma anche di sentire, mettere in discussione e partecipare. A Londra, tre mostre – Dirty Looks al Barbican, Material World a Kew Gardens e Marie Antoinette Style, dialogo continuo del V&A con l’eredità di Maria Antonietta – offrono prospettive distinte su come la moda possa essere esposta e percepita. Insieme, tracciano una nuova geografia culturale: tattile, critica e profondamente risonante. Si allontanano dalla passerella e dall’archivio e offrono una visione più ricca e complessa di ciò che l’abbigliamento può essere: non solo prodotto, ma processo; non solo estetica, ma anche natura e paesaggio.
Dirty Looks, Barbican (25 settembre-25 gennaio 2026)
Allestita negli spazi del Barbican e curata da Karen Van Godtsenhoven, Dirty Looks trasforma la galleria in un laboratorio interdisciplinare dove il vestire diventa linguaggio, gesto e visione del futuro. Lo studio Dennis Vanderbroeck ripensa l’architettura espositiva, creando ambienti immersivi in cui la couture dialoga con la figura, la materia e l’ambiente. L’estetica dello “sporco” inteso quale usura, macchie, e decomposizione, si materializza in uno strumento di ribellione, sperimentazione e potere. Negli ultimi cinquant’anni, lo studio del deterioramento ha generato nuove forme di bellezza e nuove pratiche artistiche: abiti romantici che celebrano la propria rovina, capi sommersi nelle torbiere, tessuti realizzati con scarti della moda veloce. Oltre 60 designer, da Alexander McQueen a Vivienne Westwood, da Hussein Chalayan a Bubu Ogisi, contribuiscono a un dialogo che abbraccia il degrado come forma di rigenerazione. Le nuove commissioni, tra cui le istallazioni di Solitude Studios e di Paolo Carzana, testimoniano un fiorente gruppo di designer emergenti che spingono i confini della pratica della moda.
Material World, Kew Gardens (20 settembre-2 novembre 2025)
A pochi chilometri di distanza, nel verde di Kew Gardens, Material World prende forma tra le palme e le felci della grande serra vittoriana di Temperate House. Il festival, sviluppato in collaborazione con il London College of Fashion, esplora il potenziale ecologico di piante e funghi per l’industria dell’abbigliamento. Qui la moda si fa paesaggio, giardino, ecosistema. L’installazione sospesa Between Earth and Sky dell’artista australiana-nigeriana Nnenna Okore fluttua sopra le collezioni botaniche, evocando ali e forme naturali per stimolare la riflessione sulla consapevolezza ecologica. Realizzata con materiali biodegradabili come cotone organico, juta e garza, l’opera invita a una connessione più profonda tra design e ambiente.
II progetto Global Threads approfondisce il ruolo delle pratiche artigianali indigene e delle fibre vegetali, mentre una sezione curata dagli studenti del London College of Fashion immagina futuri tessili più inclusivi e rigenerativi
I tessuti diventano archivi viventi: portano le tracce del colonialismo, ma anche le possibilità di una moda decoloniale, che cura invece di consumare. Abiti in alghe, micelio e pelle vegetale sono pensati non per la produzione di massa, ma per sistemi trasformativi. Un’opera sonora riflette sulla storia complessa del cotone, tra impatti ambientali e memorie storiche. “Material World invita tutti a scoprire il ruolo che possono svolgere nel promuovere un’industria della moda più sostenibile,” ha dichiarato Paul Denton, responsabile dei programmi espositivi di Kew.
Marie Antoinette Style, V&A (20 settembre-22 marzo 2026)
Infine, il Victoria & Albert Museum continua a interrogare l’eredità visiva e politica di Maria Antonietta, figura storica che oggi viene riletta in chiave diversa. Non più solo simbolo di opulenza e frivolezza, ma icona attraverso cui esplorare il potere performativo del costume, la teatralità del genere e la politica della bellezza. Il V&A, con le sue collezioni e le sue rassegne tematiche, contribuisce a una riflessione più ampia su come la moda possa essere archivio, spettacolo e strumento di critica. Marie Antoinette Style, che sarà al V&A fino al prossimo 22 marzo, celebra la persistenza dello stile della regina nella moda contemporanea, nel cinema e nella cultura pop. Un’esperienza che attraversa secoli di estetica, mito e desiderio e un’occasione per riflettere sul potere dell’immagine e sulla costruzione di una figura che, tra storia e leggenda, è stata reinterpretata da ogni generazione, mantenendo intatto il suo magnetismo.
Un viaggio sensoriale e visivo nella vita di una donna che ha trasformato la moda in potere e il lusso in linguaggio.
Insieme, queste tre mostre – accanto alla mostra sul “mitico” Blitz club di Covent Garden – offrono una visione più ricca e complessa di ciò che la moda può essere. Un invito a ripensare il modo in cui guardiamo, viviamo e raccontiamo l’abito, come pratica culturale e politica capace di immaginare futuri più sostenibili.
IMMAGINE COPERTINA: Marie Antoinette Exhibition © Victoria and Albert Museum



