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Come i cellulari diventano fonte di materie prime, anche per nuovi prodotti tecnologici

Innovazione e recupero. La fotografia dell’Enea e l’iniziativa co-finanziata dalla Regione Lazio


I cellulari sono, letteralmente, miniere d’oro. E non solo: una tonnellata di schede elettroniche contiene in media 276 grammi di oro, 345 di argento e ben 132 kg di rame. E altri componenti – dai magneti alle antenne integrate – e soprattutto le cosiddette terre rare (sostanze quali neodimio, praseodimio e disprosio) cubano 2,7 kg di materiali preziosi per tonnellata di smartphone, considerando che è possibile riciclare oltre il 96% di ciascun dispositivo. Questa la fotografia scattata dall’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, che in chiave di spinta all’economia circolare ha lanciato un progetto per recuperare materiali e metalli di valore dai telefonini a fine vita.

Portent – questo il nome dell’iniziativa che conta sul co-finanziamento da parte della Regione Lazio per un importo di 140mila euro attraverso il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale – sarà gestito attraverso il Laboratorio Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali. «La quantità di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche è in crescita, soprattutto a causa di tempi di obsolescenza tecnica sempre più ridotti – spiega Danilo Fontana, ricercatore Enea e responsabile del progetto Portent – questo fenomeno potrebbero generare seri problemi di gestione legati alla presenza di metalli e sostanze nocive che rappresentano un rischio reale per la salute dell’uomo e dell’ambiente».

Stando ai dati relativi al 2020 i cosiddetti Raee (Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, in inglese e-waste derivante dall’acronimo di Waste of electric and electronic equipment-Weee, ndr) hanno oltrepassato a livello nazionale le 78mila tonnellate (+7,68% in un anno) e nel solo Lazio la quota è stata di circa 6mila tonnellate contro le 2,4mila dell’anno precedente. I telefoni cellulari rappresentano gli apparecchi elettronici di maggiore interesse per i materiali preziosi che contengono e il fenomeno Raee è in forte crescita in Italia: secondo l’associazione Assoraee la rottamazione dei vecchi apparecchi televisivi per fare posto ai nuovi dispositivi compatibili con il Dvb-T2, lo standard del “nuovo” digitale terrestre, rischia addirittura di mettere in crisi il sistema di smaltimento dei rifiuti elettronici.

«La tendenza dell’imprenditoria italiana che si occupa di riciclo è quella di fermarsi alle fasi di trattamento e di riciclo più semplici ma meno remunerative, come la triturazione e la separazione di plastiche e di metalli, lasciando agli operatori esteri il vantaggio di recuperare la parte “nobile” del rifiuto, in particolare le schede elettroniche ricche di metalli come oro, argento, palladio e rame. Partendo dalle nostre competenze in questo settore – sottolinea Fontana – in sinergia con la Sapienza Università di Roma, vogliamo sviluppare un processo innovativo per il recupero di materiali da telefoni cellulari dismessi per il completamento della filiera, che adesso si ferma al commercio verso l’estero degli stock dei materiali separati». Peraltro, il recupero dei materiali avrebbe un impatto più che positivo sul fronte ambientale poiché si eviterebbe il depauperamento delle risorse naturali nonché l’approvvigionamento di alcune materie prime “critiche”.

In dettaglio i ricercatori utilizzeranno tecnologie idrometallurgiche (alternative alla pirometallurgia) poiché garantiscono bassi consumi energetici (si opera a temperatura ambiente), ridotte emissioni, modularità degli impianti e flessibilità di impiego. Una volta concluso il progetto, i risultati della ricerca saranno trasferiti alle imprese del comparto per favorire l’innovazione tecnologica dei processi industriali e lo sviluppo di nuove competenze professionali qualificate. «L’obiettivo – conclude Fontana – è quello di contribuire alla crescita dell’economica locale e nazionale e alla riduzione dell’impatto ambientale di questa tipologia di rifiuti che, grazie al recupero dei materiali in essi contenuti, diventeranno fonte di materie prime seconde per nuovi prodotti tecnologici».

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