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Le librerie di successo non vendono solo libri ma offrono servizi

Dibattito aperto nel corso della fiera “Più libri, più liberi” organizzata a Roma nella Nuvola di Fuksas


Le librerie indipendenti, in sfida con la grande distribuzione del settore; il mondo dell’editoria e le città, in evoluzione dal punto di vista culturale e sociale. Sono stati questi gli argomenti di uno dei tanti dibattiti promossi nell’ambito della sedicesima edizione di “Più libri più liberi”, la fiera nazionale della piccola e media editoria che quest’anno ha avuto luogo al Roma Convention Center La Nuvola all’Eur, portando cittadini e curiosi a scoprire l’architettura dello Studio Fuksas: sfogliando un buon libro, sentendo parlare di giornalismo o letteratura, incontrando autori e addetti ai lavori.

 

 

“Oggi il mercato dell’editoria vale 3 milioni di euro e il 30% è coperto dai piccoli editori – afferma Diego Guida, presidente del gruppo Piccoli Editori dell’AIE (Associazione Italiana Editori) – Le librerie indipendenti vanno valorizzate e allo stesso tempo ne vanno comprese le difficoltà”.

Una volta, comprare un libro significava: entrare, sceglierlo e andar via. Adesso i lettori vogliono parlare e si legano a te come libraio, oltre che allo spazio fisico

Marco Guerra

I tempi cambiano, i gusti evolvono e con loro le aspettative dei cittadini, divenuti lettori esigenti, anche con l’alternativa del digitale, e attenti al risparmio. Oggi le librerie si trovano costrette a stare al passo, a rivedere alcune dinamiche interne al loro business e a reinventarsi con creatività e ingegno.

In un’indagine condotta da Francesca Vannucchi, docente di Sociologia della Comunicazione Culturale all’Università di Roma Tor Vergata, sono state raccolte alcune testimonianze di professionisti del settore. “Puntiamo su eventi, aperitivi letterari con le case editrici indipendenti: vogliamo generare interesse e coesione” racconta ad esempio Cristina Pavone, una libraia romana. Il collega Marco Guerra è dello stesso avviso: “Una volta, comprare un libro significava: entrare, sceglierlo e andar via. Adesso i lettori vogliono parlare e si legano a te come libraio, oltre che allo spazio fisico”.

Le librerie sono punti d’incontro e di riferimento per i quartieri. “In una realtà come quella romana, luoghi così giocano un ruolo importante di educazione per i giovani” aggiunge Vannucchi.

Le difficoltà esistono, se si pensa che in dieci anni: da 414 librerie si è arrivati a 191 (223 le chiusure). Tuttavia, i librai affrontano la crisi a testa alta. C’è ad esempio chi, come la libreria Odradek di Roma, ha attuato “un tentativo di costruzione di rete sociale sul territorio, con la produzione di un calendario che ha coinvolto tutti i commercianti di via dei Banchi Vecchi” racconta Davide Vender, responsabile della libreria Odradek.

C’è poi chi punta sulla collaborazione come Alessandro Alessandroni, della libreria Altroquando di Roma, che ha dato il via ad un “progetto che coinvolge 40 librerie indipendenti. L’idea è sommare i nostri cataloghi. Un modo per contrastare i grandi numeri e darsi una mano”.

Le librerie ci sono e continueranno ad occupare un posto nelle zone centrali e nelle periferie. “Guardando alla città come sintesi di sapere, tecnologia e cultura, bisogna lavorare per favorire l’unità senza parcellizzazioni e divisioni interne” chiude Gian Paolo Manzella, Consigliere Regionale del Lazio.

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