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Da Japo le tradizioni culinarie giapponese e italiana si sposano con l’architettura

Un angolo di estremo oriente a Treviglio, a gestirlo due giovani ristoratori


A Treviglio, in provincia di Bergamo, il ristorante Japo cambia look. Grazie all’intervento dello studio P2A Design, fondato a Milano da Alessandro Pasini e Paola Renda, l’ambiente che oggi si presenta all’avventore interpreta con garbo l’essenza dei locali giapponesi. L’operazione, minimalista nel disegno dello spazio e nella scelta dei materiali, corrobora la sensazione – già viva attraverso le pietanze proposte – di trovarsi proprio in Giappone. L’architettura, primo elemento di benvenuto, incoraggia l’immaginario di chi la vive all’idea del viaggio che, poi, si completa con i sapori dei piatti proposti nel menu.

Japo Restaurant, Treviglio (Bergamo). Progetto: P2A Design. Ph. © Federico Villa

 

In questa visione c’è comunque un dialogo fra elementi che rievocano le tradizioni nipponiche e altri che richiamano la cultura italiana.

Luce e ombra, vuoto e pieno, geometria e astrazione: questi sono i temi propri della cultura giapponese posti alla base del processo creativo

Alessandro Pasini e Paola Renda, P2A Design

«La ripresa dei temi, dell’estetica e dei materiali propri di questa cultura si fonde con la cura del dettaglio e del disegno proprio della tradizione progettuale e artigiana italiana».

Questa interazione, del resto, si ritrova anche nella filosofia di cucina di Emanuele Giacomelli e Silvia Tetoldini, soci e proprietari under 40 di Japo, lui chef, lei maître di sala: accomunati dalla passione per la cucina, dopo aver frequentato l’istituto alberghiero, hanno lavorato per ristoranti sia giapponesi sia italiani. Oggi la loro proposta pone a dialogo le due culture culinarie e offre la possibilità di sperimentare pietanze che interpretano questo incontro. «Il nostro è un sushi giapponese che però cerca di incontrare i gusti italiani» spiegano i due.


E così ai piatti e agli ingredienti della tradizione si affiancano rivisitazioni e contaminazioni della cucina italiana.


Lo dimostrano gli uramaki dello Chef Bruschetta (ricciola, tartare di pomodoro, olive taggiasche e origano) e Bufala (uramaki di gambero, mozzarella di bufala, asparagi e zeste di limone) o i fuoricarta come le Guance di ricciola marinate con mirin e sake e il Risotto con tartare di gamberi e miso bianca al profumo di limone. Allo stesso modo la carta del beverage trova affiancati vini italiani, birre, sake e gin giapponesi. Deliziosi i dolci, come il Semifreddo alla liquirizia con crema inglese allo zafferano o il Tris di mochi gelato preparati da Silvia, specializzata in pasticceria.

E arriviamo all’interior del locale. «L’esperienza gastronomica è fortemente influenzata dal contesto in cui si svolge: l’insieme di luci, sapori, odori, suoni che caratterizzano un ambiente condizionano direttamente la percezione dei piatti e il ricordo che quell’esperienza lascerà nel cliente» spiegano dallo studio P2A Design. Le infinite gradazioni del buio – tipiche degli spazi giapponesi – determinano un’atmosfera sospesa, senza tempo. «Come il toko no ma giapponese (la nicchia sacra presente in ogni casa ndr) aggiunge al buio una dimensione cava, allo stesso modo la serie di vani laterali permette di disegnare sfumature d’ombra» raccontano gli architetti.


«La luce indiretta, filtrata e mitigata dalla carta opalescente dello shōji, viene ricreata tramite telai luminosi reinterpretati grazie alla stoffa di tessitura lombarda».


Anche agli elementi in legno e tessuto viene accostato un rivestimento che richiama il Ceppo di Grè, materiale tradizionale dell’architettura lombarda. Lo scopo è quello di sollecitare il dialogo fra cultura giapponese e italiana, proprio come propone la proposta enogastronomica.

Il desk d’ingresso, elemento monolitico in continuità con il bancone di preparazione dei piatti, viene alleggerito dalla lavorazione a scanalatura del rivestimento. I temi della geometria e della sfumatura, che ritroviamo in tutto il locale, sono ripresi anche nel vetro stampato che separa la zona dell’accoglienza dei clienti, permettendo così di intravedere lo chef all’opera dall’ingresso del locale. La sala principale presenta panche imbottite e sedie con braccioli, mentre le nicchie di fronte al banco, con sedute in legno e tavoli fissi, offrono un’esperienza più simile a quella essenziale e diretta di un sushi bar. La sala d’ingresso, arredata con un unico tavolo rettangolare, serve contemporaneamente da vetrina del locale e da spazio privato per occasioni ed eventi. «Il disegno semplice e lineare delle pareti e del soffitto continuo in stoffa scura – continuano da P2A Design – è impreziosito da tre punti luce circolari a parete. Questi, insieme al grande lampadario centrale, illuminano l’unica sala visibile da strada, che diventa manifesto del ristorante stesso mostrandone materiali, colori e atmosfera».

 

Ingredienti:

Carote
Porro
Cipolla
Cavolo cappuccio
Peperone giallo
Peperone rosso
Gamberi dolci
Calamaro fresco
Salsa di soia
Olio di semi vari
Dashi
Olio di sesamo
Sale
Polvere di alga nori
Katsuobushi

 

Preparazione:

Far bollire abbondante acqua non salata. Scaldate bene una pentola wok con dell’olio di semi, quando sarà fumante buttarlo e mettere dell’olio nuovo così da mantenere alta la temperatura della pentola.
Tagliare le verdure in modo sottile e farle saltare. Versare gli udon in acqua e scolarli non appena cotti.
Mettere la pasta nel wok con le verdure, aggiungere il dashi, I gamberi e I calamari e saltare.
Condire con salsa di soia, olio di sesamo e poco sale.
Impiattare in una ciotola precedentemente riscaldata e guarnire con polvere di alga e katsuobushi.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

In copertina: Japo Restaurant, Treviglio (Bergamo). Progetto: P2A Design. Ph. © Federico Villa

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