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Fra i canali di Venezia il Wistèria punta su giovani e piatti di qualità

In cucina uno chef ventiquattrenne che coniuga i sapori della tradizione con il gusto contemporaneo


Wistèria, il nuovo ristorante che deve il suo nome al glicine che popola la sua incantevole terrazza, introduce a Venezia una brezza culinaria finalmente innovativa rispetto al panorama gastronomico tradizionale della Serenissima. Lo chef parte dai prodotti del territorio ed elabora pietanze originali e fresche come gli Spaghetti cotti nella birra lambic abbinati a una tartare di astice, burro affumicato alle rose, ruta cruda e sesamo tostato. «Una pietanza di cui mi sono innamorato, con la ruta cruda che taglia il piatto e introduce una nota balsamica», racconta Simone Selva, lo chef appena ventiquattrenne che ha già lavorato al Venissa, il ristorante stellato Michelin a pochi passi da Burano.

Dopo aver frequentato il liceo classico ha acquisito esperienza lavorando accanto a giovani chef già affermati come Andrea Giuseppucci, proprietario del ristorante marchigiano La Gattabuia di Tolentino (chiuso a causa del terremoto del 2016), o Lorenzo Cogo di El Coq di Vicenza, noto per quella che lui stesso definisce una “cucina istintiva”. A quel punto è arrivato al Venissa, dove ha conosciuto uno dei due attuali proprietari di Wistèria, quindi è volato a Londra fino a quando non si è prospettata la possibilità di ritornare a Venezia per poter esprimere al meglio le proprie idee. «Venezia ha una grande identità culinaria a cui non ci si può sottrarre – racconta Simone –, rappresentata da piatti come i bigoli in salsa. Noi chiaramente cerchiamo di metterci del nostro con uno stile in continua evoluzione». Nascono così piatti come il Cracker di alga nori, alice marinata e miso di limoni e Anguilla, boreto affumicato, rabarbaro pomodoro e vermut. Altra portata che rende orgoglioso lo chef del Wistèria e che allo stesso tempo gli ricorda la cucina di famiglia (friulana), è la Lingua glassata con fricassea di animelle e cubo di anguria arrostito, «un gusto opulento ma che nel risultato finale si rivela anche fresco e leggero grazie al cubo di anguria arrostito che si contrappone alla lingua ed alle animelle, donando al piatto una dimensione di freschezza».

A volere Simone ai fornelli, insieme alla sous chef Francesca Regaiolo, sono stati Andrea Martin e Massimiliano Rossetti, soci e proprietari di Wistèria, che per il loro ristorante hanno scelto il sestiere di San Polo. I due non sono certo nuovi al settore del food & beverage. Nel 1992 Andrea ha cominciato a lavorare con la madre e il padre nel bar di famiglia, un tipico locale veneziano nel quale c’era anche una sala da biliardo. Qui ha conosciuto Massimiliano, con il quale nel 1999 ha aperto una birreria con annessa una piccola cucina, esperienza che si è conclusa nel 2006 quando le loro strade si sono temporaneamente separate. Prima di tornare a lavorare insieme, Andrea ha ricoperto il ruolo di Food & Beverage Manager a Palazzo Grassi per François Pinault e poi al Venissa. Massimiliano, invece, ha proseguito la sua esperienza nei bar. I due, dopo diversi anni, hanno poi deciso di cimentarsi nuovamente in una nuova avventura e così è nato il Wistèria.

Considerando che il locale a pochi giorni dalla sua apertura ha dovuto superare la prova dell’Acqua Granda del 2019 e poi il lockdown causato dal Covid19, qual è la carta vincente del Wistèria? «Il nostro modello di business – spiega Martin – ha i piedi radicati in un’esperienza trentennale, forte della conoscenza della città in tutti i suoi aspetti e dello studio delle esigenze dell’ospite di fascia medio alta che frequenta Venezia anche più volte l’anno. Abbiamo poi deciso di puntare tutto sui giovani: oltre a noi soci che siamo cinquantenni, lo staff (sala e cucina) è composto da ragazzi e ragazze che hanno appena superato i venti anni. In questo preciso momento, poi, è fondamentale credere nel proprio progetto ancora più di prima». E a farlo è tutto lo staff, compreso Settimo Cannatella, consulente esterno per le attività social di Wistèria che, fra un’interazione e l’altra, ha confidato la sua opinione in merito al rapporto fra turismo e offerta commerciale a Venezia. «Wistèria è un progetto audace – spiega – perché è in contrasto con la tendenza generale di Venezia a costruire un’offerta mediocre e omologata per un turismo di massa.


In questa città ci vuole coraggio e voglia di rischiare, anche economicamente, per proporre una cucina raffinata e sperimentale come questa. Se per ogni attività commerciale e turistica l’offerta sarà di valore, allora Venezia potrà avere un turismo di qualità, altrimenti siamo destinati a morire lentamente».


Per gli interni i proprietari si sono rivolti all’architetto Paolo Mazzucato di Patavium Design, azienda attiva nella progettazione di soluzioni di arredo per locali del settore della ristorazione. Il restauro ha mantenuto le caratteristiche originali delle sale interne, come le travi a vista e il pavimento in graniglia. Importante il dialogo con un’atmosfera che grazie alle scelte minimaliste e alle ceramiche di OZ Creatures, acquisisce toni di freschezza. Un elemento che contraddistingue, peraltro, i piatti proposti dallo chef. Ambiente e cucina sono quindi in sintonia: l’uno introduce l’altra offrendo un’esperienza che lega il design alla buona tavola.

 

PER IL CAVOLFIORE:

Cime di cavolfiore

Acqua 

Sale 100 gr.

Zucchero 70 gr.

Burro

Sbollentare il cavolfiore in un’emulsione di acqua (500 gr.), 34 gr di preparato sale / zucchero (100 gr. + 70 gr.) e burro. Mantenerlo croccante al cuore, rosolare con burro.

PER LA PUREA DI CAVOLFIORE:

Tostare a secco in forno gli scarti del cavolfiore fino a bruciacchiarli. Proseguire brasando gli scarti con olio e burro nocciola, a cottura ultimata regolare di gusto ed emulsionare a pomata con poco olio e succo di limone.

PER IL MOU DI WHISKY (base mou):

Zucchero 150 gr.

Acqua 25 gr.

Panna 100 gr

5 foglie di alloro

Cuocere acqua e zucchero fino a caramello scuro, fermare la cottura con la panna, prima infusa di alloro.

Miscelare pari dose di mou a pari dose di melassa di verdure tostate (ottenuta come un fondo) e aggiungere il whisky dealcolizzato a gusto.

PER LE PERLE DI UMEBOSHI:

Umeboshi liquido 100 gr.

Agar agar 2 gr.

Goma kappa 2 gr.

Olio di semi

Olio di oliva

Miscelare le gelatine con il liquido, fare bollire un minuto, lasciar riposare il composto fino a raggiungere la temperatura di 80 gradi. Colare con una siringa su olio di semi freddissimo. Colare le perle e condire con olio di oliva.

FINITURA:

Cavolfiore cotto 

Purea di cavolfiore

Mou di whisky torbato

Perle di umeboshi

Polvere di prugne fermentate 

Foglie di shiso

© RIPRODUZIONE RISERVATA 

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